Quanti corpi in fondo al mare?
(Federico Gentili) - È di profughi che si parla, e non generalmente di
immigrati, quando si parla di asilo politico. Le nazionalità dei migranti
che attraversano sempre più spesso tratte interminabili di mare
riconducono lo sguardo verso paesi in conflitto. Eppure in Italia, unico
paese in Europa, manca ancora una legge organica sul diritto d’asilo. Come
è possibile? Qualche anno fa venne allestita al teatro Valle di Roma una
rilettura degli “Eraclidi” di Euripide, una tragedia che testimonia come
già 2500 anni fa fosse ritenuto un dovere aiutare quanti volessero
mettersi alle spalle difficili percorsi di vita. La vicenda della stirpe
di Eracle, che trova rifugio sotto la protezione di Demofonte, era
ambientata nella civilissima Atene. Il teatro greco, che non è la tv,
parla di esseri umani che continuano a vivere anche dopo che si è cambiato
canale. Perché questa gente scappa? Perché le madri decidono di
imbarcarsi, mettendo a repentaglio la vita dei propri figli? Ci sono i
somali che scappano da una situazione di anarchia totale. Ci sono i
sudanesi. E della Liberia e della Sierra Leone? Situazioni in cancrena, in
cui gli interessi in ballo sono tanti, dove i negoziati di pace non
riescono a vedere la luce perché ha sempre la meglio chi rema contro.
Queste sono situazioni che generano fuga. Come si fa a diminuire il numero
di persone che cade in mano dei trafficanti e che poi muore? Per Laura
Boldrini, portavoce in Italia dell’Alto Commissariato per i rifugiati
dell’Onu, occorrono strategie ben precise: «Prima di tutto investendo
maggiori risorse nei primi paesi di asilo, i paesi confinanti nella
regione di crisi. Facciamo un esempio: i rifugiati della Sierra Leone che
scappano in Guinea, dove la sopravvivenza è minima, dove si vive nella
paura che i gruppi ribelli arrivino nei campi per terrorizzare la
popolazione. Se si riuscisse a fornire un livello maggiore di assistenza,
se si aiutasse la Guinea ad accogliere in modo migliore queste persone,
investendo risorse che aiutino la comunità locale e vadano a vantaggio
dell’intera popolazione; allora, forse, si riuscirebbe a fermare il
viaggio dei profughi». Per ora i rifugiati “italiani” quando parlano con i
loro parenti e amici sparsi nel resto d’Europa si accorgono che negli
altri stati avrebbero avuto addirittura diritto a un sussidio. Nella
sfortuna, non possono proprio dire di essere stati fortunati ad arrivare
da noi. |