La poesia e le donne: Saffo
(Antonietta Chiariello) - Certamente è difficile nella
nostra cultura occidentale trovare molte poetesse, soprattutto nella
storia
passata.
La prima di cui abbiamo notizia è “Saffo divina, dal dolce sorriso, dal
crine di viola” (Alceo), “Saffo la bella”, (Platone), che
nacque nell’isola di Lesbo, a Mitilene, da nobile famiglia tra la fine del
600 e l’inizio del 500 a.C.; fu una donna colta, impegnata attivamente
anche in politica, tanto che lottò per il suo partito aristocratico,
contro i capi del partito democratico, divenuti “tiranni” della città: per
le sue idee subì l’esilio e visse vari anni in Sicilia finché poté
rientrare in patria dove trascorse il resto della sua vita. Si sposò ed
ebbe anche una figlia, a cui diede il nome della madre, Cleide “bella
come fiori d’oro”.
Saffo visse circondata da un “tiaso” di fanciulle, una specie di collegio
femminile d’alta classe, la cui ragione di esistere era “l’amore”.
Per questo forse Saffo oggi è nota più per l”amore lesbico” (dovuto
forse ad una errata interpretazione) che per i suoi meriti letterari. Nel
tiaso si praticava la poesia, la musica e la danza; le fanciulle si
trastullavano cogliendo fiori, adornandosi di ghirlande, ungendosi di
profumi, danzando e cantando, soprattutto l’amore. Era una vita raffinata,
anche lussuosa e sofisticata; ma lasciamo che questa poetessa di 2.500
anni fa parli con i suoi versi, ancora oggi così ardenti e leggeri. “Io
amo la raffinatezza. Quale contadina ti ammalia la mente, che non sa
portar la veste sopra le caviglie?” Nelle sue poesie spesso ci parla
di vesti, di gioielli, di ornamenti; per lei è un’imperdonabile colpa
vestire una tunica con poca eleganza, ma non si pensi che il suo era un
mondo frivolo: al contrario, la raffinatezza di Saffo è soprattutto
spirituale: “Altri dice che sulla terra nera la cosa migliore sia un
esercito di cavalieri, altri di fanti, altri una flotta di navi; io dico
che la cosa migliore è ciò che si ama”. L’amore nelle sue poesie è
cantato con dolcezza e spregiudicatezza, come passione ardente, come
gelosia, come dolore.
Una scena di separazione: “Vorrei proprio esser morta! Ma va, sii
felice e ricordati di me; tu sai quanto t’ho amato. Ma se non lo sai,
voglio ricordarti io di quante cose belle abbiamo gioito insieme”.
L’amore a volte è amaro e tempestoso: “Eros che scioglie le membra di
nuovo mi agita, fiera invincibile dolce-amara”.
Il contrasto dolcezza - amarezza torna nell’ode più famosa di Saffo,
l’ode alla gelosia: “Quell’uomo mi pare simile agli dei, che ti siede
di fronte e da presso t’ascolta dolcemente parlare e ridere amorosamente.
Questo mi fa tremare il cuore nel petto. Come ti vedo, non mi viene più la
voce, ma la lingua mi si spezza, subito un fuoco sottile mi corre sotto la
pelle, e non vedo più con gli occhi, e mi rombano gli orecchi, e il sudore
gocciola, e un tremore mi prende tutta, e io divento più verde dell’erba,
e appaio poco lontana da morte…”
L’ode fu tradotta da Catullo, da Foscolo e da molti altri poeti, ma
nessuno è riuscito a raggiungere l’intensità di sentimenti di Saffo, che
pure è capace anche di espressioni dolcissime: “Espero, tutte le cose
tu riporti, quante ne ha disperse l’Aurora: riporti la pecora, riporti la
capra, riporti il figlio alla madre”…riporta anche il mio amore,
vorrebbe dire la poetessa. Sentimenti di una donna che seppe distinguersi
ed affermarsi in una società, quella greca classica, di 2.500 anni fa. |