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Sommario anno XIV numero 2 - febbraio 2005

 DIRITTI UMANI

Le attività e i poteri del Consiglio di Sicurezza
(Isidoro Palumbo) - Nell’ambito del sistema collettivo di sicurezza istituito dalla Carta solo il Consiglio di Sicurezza, secondo il disposto del Cap. VII, può adottare decisioni (cd risoluzioni) che stabiliscano ed autorizzino adeguate misure coercitive implicanti l’uso della forza al fine del mantenimento e del ristabilimento della pace e della sicurezza internazionale, dopo che lo stesso Consiglio abbia ritenuto che si sia in presenza di una minaccia o dell’uso della forza ovvero che un atto di aggressione abbia violato la pace e la sicurezza internazionale. Secondo il dettato della Carta, il Consiglio di Sicurezza può decidere di intraprendere azioni coercitive, implicanti l’uso della forza armata, contro lo Stato responsabile di una delle violazioni di cui sopra, attraverso uno strumento militare preventivamente messo a disposizione da parte degli Stati membri e coordinato da un Comitato degli Stati Maggiori. Tale sistema non ha mai visto la luce in queste modalità operative a causa del veto dei Membri permanenti del Consiglio di sicurezza a mettere a disposizioni una organizzazione stabile di contingenti militari al comando diretto delle Nazioni Unite.
La creazione del Comitato di Stato Maggiore del Consiglio di Sicurezza e la messa a disposizione del Consiglio di truppe da parte degli Stati Membri (sulla base di accordi speciali da concludersi ex art. 43), nonostante la fine della guerra fredda e della contrapposizione di blocchi occidentali e orientali, deve ancora trovare opposizione e non è allo stato neanche preventivabile nel prossimo futuro.
Le Forze di Pace delle Nazioni Unite non sono altro che la soluzione pratica al vuoto giuridico della mancata realizzazione di un “esercito” delle Nazioni Unite da impiegare nelle operazioni di mantenimento della pace (peace-keeping) ovvero di imposizione della pace (peace-enforcement).
Oltre a tutti i gravi problemi relativi alla creazione ex post di tali contingenti di Forze di Pace, con l’assegnazione di reparti militari da parte di Stati fornitori, una volta che la situazione si sia creata e sia stata accertata da parte del Consiglio di Sicurezza ex Capitolo VII, rimane l’importante punto che tali contingenti non possono neanche essere impiegati a prescindere o al di là della volontà degli Stati fornitori degli stessi contingenti. Inoltre, tali contingenti militari assegnati alle Forze di Pace non possono nemmeno essere assimilati ad una specie di forza di intervento rapido del Consiglio di Sicurezza. A riprova di quanto affermato ricordiamo che lo stesso Segretario Generale  delle Nazioni Unite, nel Supplement to an Agenda for Peace, ha ricordato che, in attesa che si creasse una Forza di Pace delle Nazioni Unite per intervenire in Ruanda a fronteggiare la situazione di emergenza umanitaria, il Consiglio di Sicurezza ha dovuto autorizzare gli Stati Membri che avevano dichiarato la disponibilità ad intervenire nello Stato africano.
Le autorizzazioni all’uso della forza decise da parte del Consiglio di Sicurezza a favore di Stati Membri sollevano problemi di compatibilità con il sistema di sicurezza collettiva disegnato dalla Carta, in particolar modo sulla questione della legittimità delle delega all’uso della forza.
In primo luogo, la delega all’uso della forza è difficilmente inquadrabile nell’alveo dell’art. 51 della Carta in tema di raccomandazioni del Consiglio di Sicurezza circa l’impiego della forza, in quanto applicabili a situazioni di guerra civile ovvero a situazioni in cui è assente l’attacco armato quale presupposto della legittima difesa collettiva.
In secondo luogo, la delega dell’uso della forza non pare inquadrabile nemmeno con l’art. 53 della Carta allorquando si prevede la possibilità di autorizzare organizzazioni regionali (dalla NATO all’Organizzazione degli Stati Africani, all’Organizzazione degli Stati Americani, et cetera) a svolgere compiti coercitivi sotto la direzione del Consiglio di Sicurezza. Infatti, nella maggior parte delle risoluzioni adottate dal Consiglio di Sicurezza non si fa alcun riferimento all’impiego di organizzazioni regionali.
Inoltre, il Consiglio di Sicurezza non ha mai voluto creare un modello organizzativo formale alternativo a quello disegnato dalla Carta. Questo modello affida gestione, comando e controllo delle azioni militari direttamente al Consiglio di Sicurezza, con l’ausilio del Comitato di Stato Maggiore, sulla base degli artt. 42 e seguenti. 
Nella delega dell’uso della forza, i contingenti militari degli Stati Membri operano sotto il comando degli Stati di appartenenza e non del Consiglio di Sicurezza.
Ne consegue, secondo una eminente dottrina, che le operazioni militari in delega autorizzata dal Consiglio di Sicurezza verrebbero qualificate come operazioni condotte, a livello di direzionale ma non operativamente, dalle Nazioni Unite e di cui le Nazioni Unite ne risponderebbero in quanto Organizzazione.

 DIRITTI UMANI

Sommario anno XIV numero 2 - febbraio 2005