Sesso, cibo e soldi
nella galassia cinese
(Federico Gentili) - Circa un mese fa una delegazione di illustri
connazionali, capeggiati dal capo dello Stato, si è recata in Cina. Con il
solito ritardo, anche gli italiani si sono accorti che la Cina sta
tornando ad essere quello che era fino alla metà dell’Ottocento, una
potenza economica di prima grandezza. In un libro sulla Cina, pubblicato
circa una decina di anni fa, un noto economista intitolò così l’ultimo
capitolo “Ce la faranno?”. Una frase che ricorda un altro titolo passato
alla storia, “La fine della storia” di Fukuyama, uscito qualche anno prima
dell’attacco al cuore di Manhattan e nei fatti clamorosamente smentito.
Chi fosse stato fino a qualche tempo fa in apprensione per le sorti della
popolazione da 1,3 miliardi di persone, adesso può dormire sonni
tranquilli, il mondo pare fabbricarsi in Cina. Volendo fare un esempio
molto spicciolo, si producono in Cina perfino le statuine di finto
artigianato locale che si vendono ai turisti nelle riserve indiane in
America. Ma questi costi di produzione non sono semplicemente il frutto di
salari bassissimi imposti a operai supersfruttati. Secondo un recente
studio della banca d’affari americana Merrill Lynch una serie di fattori
rende nel complesso la Cina un paese molto concorrenziale, il miglior
posto dove investire e produrre sia per il mercato esterno che per quello
interno. Infatti, a dispetto di quanto si possa pensare, nelle province
costiere ci sono ormai infrastrutture moderne non inferiori a quelle di
altri paesi più industrializzati, senza contare il potenziale mercato di
consumi interni in forte espansione. Ciò che rimane ancora da capire è se
la Cina riuscirà a colmare il divario che si è creato fra il suo sistema
economico superliberistico e il suo sistema politico, piuttosto
totalitario. Su Foreign Affairs, forse la più importante rivista di
geopolitica, si leggeva al riguardo: “Nessuno è in grado di dire dove la
Cina andrà. Ma sta diventando difficile immaginare che essa possa
continuare a trasformarsi in un Paese più stabile, cosmopolita e globale,
senza una chiara visione del suo futuro politico”. In poche parole la
grande intuizione di Deng Xiaoping è stata quella di mettere il sistema
comunista al servizio dello sviluppo capitalistico. E probabilmente la
classe dirigente cinese ha anche ben chiara la rotta da seguire, ma a noi
non è dato conoscerla in quanto le informazioni non appariranno mai sui
media, come avviene in altri paesi democratici. Per coloro che non
volessero seguire le orme dei nostri imprenditori e politici che
snobbavano quella nazione pensando che i simpatici cinesi avrebbero optato
a vita per le biciclette, si consiglia un agile e intelligente libro
scritto da un italiano sbarcato a Pechino negli anni Ottanta per studiare
i classici del pensiero cinese e che in quella terra si è sposato e fatto
dei figli e che da poco è diventato direttore dell’Istituto Italiano di
Cultura a Pechino. “Made in China” (Carocci, pagg. 152, 16,70) di
Francesco Sisci è un piacevolissimo manuale di vita quotidiana cinese, in
cui i capitoli più coinvolgenti riguardano soprattutto il cibo, il sesso e
i soldi. Come dire? Tutto il mondo è paese. |