La fisicità della
coscienza
(Silvia Coletti) - Perché nel nostro tempo, che sembra
segnato da una completa assenza di etica nell’ambito della vita
quotidiana, gli intellettuali non affrontano in modo assiduo il tema della
coscienza ? Forse perché, per dare un senso funzionale alla propria
esistenza, è necessario conoscere e avere la possibilità di una
applicazione corretta delle proprie capacità, attraverso la consapevolezza
soggettiva. Questa possibilità è data in parte in modo intrinseco e in
parte in modo evidente ed esperibile sul campo della realtà. Delle
strutture e delle caratteristiche che regolano l’attività della coscienza,
ne parla Edelman, immunologo e biochimico, nel testo Il presente ricordato
(1991). Secondo Edelman “la coscienza” è un processo dipendente dalla
particolare organizzazione di certi parti del cervello. È il risultato del
confronto categoriale continuo del funzionamento di due tipi di
organizzazione nervosa fra la memoria, come bisogno fisiologico e la
percezione. È la relazione fra una parte neurale, che opera all’interno di
parametri dati nel corso dello sviluppo e una parte percettivo-sensoriale,
che opera in gran parte attraverso interazioni esterne col mondo. La
coscienza è un processo personale, connesso al sé biologico; è continua,
intenzionale e selettiva. Uno degli aspetti più interessanti della
coscienza è la sua continuità. Grazie a questa facoltà la coscienza è in
grado di porsi in relazione diretta con la realtà e di applicare i propri
criteri come lo stato di vigilanza, il senso dell’orientamento, la
consapevolezza di sé, il controllo della motivazione. Questo tipo di
coordinamento, scrive Edelman, “avviene fra il cervelletto e la corteccia
motoria. Entrambe consentono la registrazione, la connessione e la
successione regolare dei movimenti”. Descrivere in questo modo la
struttura e i procedimenti che svolge la coscienza, sottolinea Edelman, è
evidenziare un aspetto altamente evolutivo della stessa, che sembra
respingere la possibilità che la funzione della coscienza possa essere
spiegata solo sulla base di rappresentazioni mentali, senza un riferimento
alle sua struttura cerebrale. È importante evidenziare questo aspetto
poiché “un evento mentale è un evento fisico, non alla stregua dei
processi cerebrali, ma a causa delle sue proprietà che non possono essere
identiche a quelle dei componenti strutturali del cervello”. Inoltre,
secondo Edelman, la maggior parte degli stati coscienti sono intenzionali,
a differenza invece di quanto afferma Dennett riguardo agli stessi sistemi
intenzionali. Dennett, filosofo determinista, sostiene infatti che “il
concetto di sistema intenzionale logico- razionale costituito da credenze,
desideri, intenzioni, ecc. è una nozione astratta dalla coscienza”. Egli
afferma, in Consciousness Explained, che esistono delle credenze che
costituiscono un sistema intenzionale di cui non siamo coscienti, non vi è
perciò legame fra sistemi intenzionali e coscienza. A suo giudizio,
l’unica assunzione sta nel dire che l’uomo, rispetto agli altri esseri
viventi, ha la possibilità di scegliere di essere consapevole o no
rispetto a quello che dice e che fa. Secondo studi recenti svolti in
Arizona da Penrose e Hameroff, sembra che la coscienza abbia sede nel
cervello. Premesso questo la riflessione è la seguente: noi crediamo di
essere consapevoli o siamo logicamente consapevoli agendo nel mondo in cui
siamo immersi? |