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Sommario anno XIV numero 1 - gennaio 2005

 ATTUALITÀ E CULTURA

Il sito del mese: SETI@home
(Roberto Esposti laleggedimclurg@yahoo.it) - Qualche mese fa su molti giornali comparve la notizia che si era trovata la prova di intelligenza extraterrestre analizzando onde radio provenienti dallo spazio. La cosa fece scalpore, ma il clamore si sgonfiò quando analizzando più approfonditamente il segnale si capì che esso era il frutto di un’interferenza terrestre. L’ente che aveva compiuto la scoperta era il SETI, acronimo che sta per Search of ExtraTerrestrial Intelligence (Ricerca di Intelligenza ExtraTerrestre), una costola dell’Università americana di Berkley, attivo da molti anni ma realmente famoso solo da quando ha lanciato il progetto SETI@home. Il progetto SETI@home (http://setiathome2.ssl.berkeley.edu/index.html) nasce nel 1998 quando presso l’enorme Radiotelescopio di Arecibo a Puerto Rico viene installata un’antenna specifica per “ascoltare” i segnali radio provenienti dalla spazio che abbiano caratteristiche riconducibili ad una trasmissione di informazione, seguendo l’idea che fino a quando non avremo i mezzi per coprire le distanze siderali viaggiando, potremo solo spiare il cielo per capire se c’è vita intelligente nello spazio (che è poi anche la logica del telescopio spaziale Hubble). L’impresa però si presenta titanica perché il segnale che potrebbe essere inviato da altri mondi (consapevolmente o meno, pensiamo ai segnali radio e tv che spariamo involontariamente nello spazio e che tanto dicono di noi) può variare tantissimo quanto a parametri come la frequenza portante usata, il tipo di modulazione, l’intervallo di ripetizione ecc… In parole povere non conoscendo la tecnologia aliena i ricercatori del SETI devono analizzare i dati secondo tantissimi parametri ed i loro pur potentissimi computer non bastano. E qui nasce l’idea di estendere la collaborazione alla ricerca a tutti i personal computer del mondo (quello che viene chiamato “calcolo distribuito”), sfruttando il fatto che tutti noi utilizziamo solo in piccola parte la potenza di elaborazione dei nostri pc: la maggior parte del tempo in cui sono accesi essi vengono utilizzati per scrivere, compiere lunghi download o peggio sonnecchiano coperti da screensaver. L’enorme mole di dati registrati ad Arecibo viene infatti inviata a Berkley, ivi spezzettata in tanti piccoli file che contengono sequenze delle registrazioni (in gergo “work units”) di dimensioni tali da poter essere analizzati in tempi “umani” da un comune pc ed inviati tramite Internet ad una ormai estesissima rete (milioni ormai) di computer che li elaborano durante i tempi morti, eseguendoli come un comune screensaver o in background (consentendo il normale lavoro). Il nostro personal computer domestico o dell’ufficio analizza durante un tempo che dipende solo dalla sua potenza di calcolo, la work unit compiendo calcoli matematici come la trasformata di Fourier ed al termine si ricollega al server di Berkley inviando la sequenza analizzata. Lì i mainframe dell’università scovano i segnali più interessanti depurandoli da interferenze terrestri alla ricerca di un segnale che si possa inequivocabilmente definire intelligente senza inquinamenti antropici o di radiazioni emessi da corpi celesti.
Ogni utente per partecipare al progetto compie una brevissima registrazione che gli consente di monitorare la propria attività, cosa stuzzicante perché lo porta a cercare di realizzare il maggior numero possibile di risultati. Al conseguimento di alcuni traguardi (il primo è 100 unità elaborate) si ricevono infatti dei diplomini personalizzati che attestano l’impegno dell’utente e se si ha la fortuna di processare un segnale interessante esso resta per sempre legato al nostro nome; è poi possibile costituire gruppi di utenti e sono disponibili statistiche per nazione e purtroppo in questo caso l’Italia non brilla essendo undicesima, subito prima della Repubblica Ceca e con la metà dei risultati della modesta Polonia.
Insomma contribuire al progresso scientifico è possibile e più facile di quanto si creda: in questo caso basta semplicemente cambiare salvaschermo al computer.

 ATTUALITÀ E CULTURA

Sommario anno XIV numero 1 - gennaio 2005