Notizie in... Controluce Notizie in... Controluce
 Versione digitale del mensile di cultura e attualità dei Castelli Romani e Prenestini

sei il visitatore n.

 

home | indice giornali | estratti | info | agenda | cont@tti | cerca nel sito | pubblicità

 

Sommario anno XIII numero 10 - ottobre 2004

 I NOSTRI PAESI - pagina 9

frascati
Il secondo novecento ed il “Premio Frascati” (1962-1992) - (1 di 2)
1. L’inganno del mondo (Claudio Comandini) - È curioso osservare come, nell’opposto feticismo dei “classici” e delle “novità”, spesso lettori e pubblico restino lontano da ciò che è davvero contemporaneo, lasciando irrisolte le tensioni culturali implicite della nostra epoca. La poesia italiana del secondo novecento rappresenta uno di questi campi tanto “prossimi” quanto quasi inesplorati: dove nelle scuole prevale ancora un’impostazione di marca storicistica, l’organizzazione della cultura cede sempre di più alla logica dell’intrattenimento. Ora, queste due opposte condizioni sono ambedue distanti sia dalla compresenza di apertura e rigore che caratterizzano il lavoro intellettuale, sia dall’attenzione e dalla duttilità che la poesia richiede. Tuttavia, se non si sfugge al proprio tempo, ogni tempo conosce i suoi poeti: circostanze come i premi di poesia, per quanto sempre parziali nella descrizione dei fenomeni letterari, offrono comunque un prezioso archivio dei momenti significativi di una letteratura, testimoniandone tendenze e sviluppi. Andiamo quindi ad incontrare all’interno del “Premio Frascati” (di cui fu fondatore anche Giorgio Caproni) alcune delle differenti voci poetiche del ricco trentennio che va dal 1962 al 1992, e confrontiamoci con un pensiero costante quanto mutevole come quello che la poesia coglie all’interno della condizione umana.
Nei versi del poeta e giramondo Alfonso Gatto un canto evocativo decanta la realtà quotidiana in immagini fantastiche, e si snoda, come ricorda Contini, attraverso “arcobaleni gettati sugli iati della logica”. Fondatore con Vasco Pratolini della rivista “Campo di Marte”, fece parte anche della giuria del premio, dopo averlo ricevuto nel ’62 per L’anima della sera:

C’è un urlo raggiante d’occidui boschi /
infitti nell’improvviso veloce tacere /
di tutte le vite in ascolto. /
Il cielo che sembra finire n’è tolto /
più alto, sempre più alto, dell’ostro. /
È l’alba di tutto ciò che si perde

Un altro esponente del terzo ermetismo, che ha fatto parte della giuria pur non avendo vinto il premio è Libero de Libero, la cui immaginazione epigrafica scandisce un lirico naturalismo, dove il paesaggio tenta di risolversi in un sentimento di assoluto, come in Postscrittum nella bottiglia (da Banchetto, 1949):

Qui forse è il confine del mondo /
se gli alberi crollano nascendo. /
E ne resta un discorso di foglie /
nel vento che chiede qualcosa.


Invece la “voce” di un paesaggio è assimilata a quella della sua gente, con attenzione verso gli aspetti popolari, nella poesia di Elio Filippo Accrocca, anche lui a lungo parte della giura non ricevendo menzioni. Con cadenze precise muove un discorso di rinnovamento civile, che si fa pieno interprete delle speranze della Resistenza, come in Ghirlande per il primo di maggio:

La speranza è una luce tramandata per generazioni: /
noi conosciamo l’arte di coltivare spighe e speranze /
e non lasceremo crescere la gramigna nei campi.


Presto questi toni ottimistici non saranno più tanto rappresentativi del sentire comune. Nel ‘67 Guglielmo Petroni, riceve il premio per la poesia Narrativa, dove un sentimento di incomunicabilità è riscattato da un consapevole e accanito criticismo, sullo scenario di un paese devastato:

O libertà /
assurdo luogo di perdizione /
unica salvezza, lume, /
fonte di mormorazione / onesta meta; /
strumento di falsari /
oggetto, ornamento. /
Più inganni catene /
contiene, ambigua voci, /
di quante passioni numerino /
le notti piene d’amore.


Anche i “confini del mondo” reale iniziano a cambiare. Raphael Alberti, amico di Garcia Lorca, cantore di un sentimento di cosmopolitismo ed estraniazione, è premiato nel ’70 per Certo il mio canto:

Certo, il mio canto /
può essere di qualsiasi luogo. /
Ma queste radici spezzate, /
a volte non me lo lasciano /
essere del mondo


E ridefinendone i confini, se ne mettono in discussione anche i principi: nel ’73 Vittorio Fiore esprime con i toni di una profonda e nobile “ingenuità” il senso di abiezione per la nostra storia:

Non abbellimmo di virtù /
il passato, ma affondammo /
il bisturi nella nostra terra dolente…


Nel ’76 è il turno della raccolta Poesie di Giorgio Vigolo, la cui alchimia verbale fissa in immagini musicali intuizioni dell’essere che oscillano fra mistero ed apparenza. Portico dei dormienti:

Una donna ama in sogno /
abbracciata all’invisibile


Nel ’77 il premio spetta alla tensione religiosa di Margherita Guidacci con Il vuoto e le forme, che in Primo autunno di Elisa “scopre” il nesso fra tempo e vita:

Le parole hanno un senso /
soltanto se le nutre la memoria.


Nell’84 va a Versi d’occasione di Giacinto Spagnoletti, fra tradizione stilistica ed esigenza comunicativa. In Partenze, lo sguardo è sempre rivolto all’indietro:

i marinai raccontano /
che nel partire sempre /
guardano la terra ansiosi.


Nell’85 lo riceve Mario Socrate, premiato anche a Viareggio per il Punto di vista, le cui immagini scandiscono la frantumazione cognitiva dell’uomo contemporaneo:

non va né avanti né indietro /
persa fra gli uni e gli zeri /
i falsi sono così veri /
che un metro è misura di un metro


Nell ’88 l’assegnatario è Attilio Bertolucci per la Camera da letto n. 2. In una sommessa riflessione, attenta ai movimenti della realtà, si incontrano tradizione ed innovazione. In Il capanno l’attenzione si concentra sugli anni del fascismo, vivi ancora nei suoi effetti:

Un altro tempo comincia per me per te usciti d’improvviso /
al chiaro di luna, all’ultimo affaticarsi amaramente gioioso /
di una generazione destinata a immolarsi per una causa ingiusta.


Nel ’91 Enzo Fabiani, riceve il premio per La sposa vivente, poema in tre cantiche dedicato alla moglie, portatrice nel ricordo in cui continua a vivere di un sublimato sentimento di unione e mistico enigma:

era un ricercarsi ricordi, /
nel torbido mistero del tuo corpo, /
per un ordine arcano.


Nel ’92 è il turno di Giorgio Barberi Squarotti con la raccolta di Un altro regno. Nella sua poesia lampeggiano visioni ontologiche e l’alterità della parola scritta, rivelazione della vita e della sua esperienza, libera l’io poetico dall’inganno del mondo che dicono reale:

non c’è peggiore inganno /
del mondo qual’è.


Ora, se in questa fase il premio sembra restare all’interno della già inflazionata tradizione “lirica”, estraneo all’esperienza delle avanguardie (Edoardo Sanguineti), lontano da una sensibilità politica (Pierpaolo Pasolini) o anche da suggestioni “patafisiche” (Vito Riviello, fra l’altro per lungo periodo residente in Frascati), la sua attività e il tenore di alcune opere premiate lasciano comunque trasparire una consapevolezza dei “compiti” della poesia che va oltre l’espressione “istituzionale” di una determinata linea stilistica: e questo anche durante il periodo fino al ’73, in cui la botte di vino che costituisce il modesto premio non permette certo “impennate” di prestigio. Si è cercato di mettere in evidenza nella breve rassegna indicata i diversi passaggi dove, al di là del generico “manierismo”, si esprime un rapporto diretto e decisivo con le “ragioni” della poesia, e dove emergono temi riguardanti la messa in discussione della razionalità occidentale (che ancora impone le sue guerre al mondo), a cui si oppone un atteggiamento nostalgico o di rinuncia, che ripiega verso una natura lontana ma assimilata nel vissuto, ed assume, a volte, anche le forme di un immaginario erotico-mistico (“spogliato” dai sia dai maschilismi che dalla sessuofobia cristiana). Questi temi, che derivano da una memoria letteraria di ascendenza tardo romantica, nella poesia italiana vengono precisati nella loro portata esistenziale e speculativa, attraverso modi originali e con le rispettive differenze, scavalcando il discorso sullo stile e sulle correnti letterarie, da figure come Eugenio Montale e Giorgio Caproni. Il cui silenzioso lavoro è decisivo per definire con il “savio disincanto” e la “disperazione calma” alcuni aspetti della sensibilità del secondo novecento: fino a che con l’89 e la caduta dei governi dell’est comunista si profilino, a livello globale, diverse condizioni sociali e culturali, e termini il “secolo breve”.

 I NOSTRI PAESI - pagina 9

Sommario anno XIII numero 10 - ottobre 2004