Bruno
de Finetti: così è, se vi pare – 3 (di
Luca Nicotra)
“.....ma davvero esiste la probabilità? e cosa mai sarebbe?
Io risponderei di no, che non esiste.”
Le definizioni di probabilità classica, frequentista e assiomatica
(continuazione)
La
definizione frequentista, essendo fondata su un’operatività
sperimentale, non richiede che gli esiti dell’esperimento siano
equiprobabili e quindi ha il pregio di superare il limite fondamentale di
quella classica, che invece tale requisito richiede. È opportuno, però,
rilevare che la legge dei grandi numeri giustifica, sperimentalmente, di
assumere la frequenza relativa come probabilità, nei casi per i quali la
simmetria (vale a dire l’equiprobabilità) degli esiti possibili
renderebbe applicabile la definizione classica. Pertanto, l’estensione
della definizione frequentista ai casi in cui quella di Laplace non è
applicabile è un’estrapolazione che ha una certa arbitrarietà.
Inoltre, stando sempre alle sue giustificazioni “sperimentali”, la
definizione frequentista dovrebbe essere applicata soltanto ad eventi
ripetibili, ovvero generati da esperimenti ripetuti nelle stesse
condizioni quante volte si voglia. Tuttavia, in pratica, specialmente in
statistica, la frequenza relativa è assunta come probabilità di eventi
che non hanno tali caratteristiche, bensì hanno la connotazione di
“accadimenti” avvenuti nel passato e non riproducibili quante volte si
voglia “in laboratorio”, nel presente o nel futuro. Un esempio servirà
a chiarire quanto detto. Volendo dare oggi una stima della probabilità
alla mortalità scolastica nel primo biennio della facoltà
d’ingegneria, lo statistico otterrà tale valore come frequenza relativa
dell’evento “abbandono degli studi da parte di studenti d’ingegneria
entro il secondo anno”, riferendosi ad un determinato periodo del
passato, per esempio dal 1990 al 2003. A tale scopo, prenderà in
considerazione il numero di iscritti ad ingegneria in quel periodo e
dividerà per esso il numero di studenti che nello stesso periodo hanno
abbandonato gli studi d’ingegneria entro il secondo anno. È vero che
potrebbe prendere in considerazione altri periodi di tempo, il che
equivarrebbe a scegliere in qualche modo il numero di “esperimenti”
(che in realtà sono invece accadimenti), ma la sua è sempre una scelta
condizionata, poiché non può scegliere a piacere il numero di anni cui
riferire la sua indagine, anzi può capitargli di avere a disposizione un
solo campione di dati numericamente non rappresentativo. In tutte queste
situazioni, si fa una forzatura, utilizzando come probabilità la
frequenza relativa di eventi per loro natura legati esclusivamente al
passato, e non ripetibili a piacere.
Alcuni matematici1 , sotto la spinta dell’assiomatismo, hanno
proposto una definizione assiomatica della probabilità fondata su tre
definizioni e tre assiomi. Le definizioni sono:
1)
una prova è l’esecuzione di un esperimento “ripetibile”, nel
senso che deve essere possibile ripeterlo nelle stesse condizioni, e con
esito “aleatorio”, vale a dire non prevedibile con certezza, qualunque
possono essere i nostri sforzi d’indagine2 ;
2)
l’insieme dei possibili risultati generati da una prova si dice
universo o spazio campione U;
3)
un evento E è un qualsiasi sottoinsieme dell’universo U.
Lo spazio degli eventi S è l’insieme degli eventi d’interesse,
e quindi è un insieme d’insiemi. Per esempio, con riferimento al lancio
dei dadi, i cui esiti possibili sono testa (T) e croce (C), e quindi è U
= {T,C}, si può assumere come spazio degli eventi S l’insieme
delle parti {T}, {C}, {Ø}, {T,C} dell’universo U che comprende
anche l’insieme vuoto {Ø} e U stesso.
In particolare se E é costituito da un solo esito si dice evento
elementare, mentre se é costituito da più esiti, si dice evento
composto. L’universo U è anche l’evento certo, poiché è
costituito da tutti gli esiti possibili. Ad ogni esito si può associare
un punto di uno spazio euclideo a n dimensioni; U è pertanto lo
spazio i cui punti rappresentano tutti e soli gli esiti possibili di una
prova, mentre un evento E è un sottoinsieme di tale spazio, cioè
è costituito da una parte dei punti di U, potendo ridursi ad un
solo punto nel caso di evento elementare. Per fissare le idee, si pensi al
lancio di un dado, di due dadi, di tre dadi, ...di n dadi: l’esito della
prova è rispettivamente il numero, la coppia di numeri, la terna di
numeri ...l’ennupla di numeri delle facce dei dadi rivolte verso
l’alto. Dunque, ad ogni esito si può associare un numero, una coppia di
numeri, una terna di numeri, ...n numeri, che possono essere intesi come
coordinate di uno spazio euclideo a 1, 2, 3, ...n dimensioni. Inoltre se
l’evento è l’uscita per esempio del numero 2 si ha l’evento
elementare E = {2}, mentre se l’evento considerato è l’uscita di un
numero pari si ha l’evento composto E = {2, 4, 6}, vale a dire
l’evento occorre se l’esito della prova è uno dei numeri 2, 4, 6.
La probabilità assiomatica è una funzione d’insieme3 P
definita sullo spazio degli eventi S, ovvero è una legge in grado
di assegnare ad ogni evento E appartenente ad S un numero
che soddisfa i tre assiomi di Kolmogorov:
1)
la probabilità P(E) di un evento E è un
numero reale non negativo;
2)
la probabilità P(U) dell’evento certo è 1;
3)
la probabilità di un evento complesso costituito dal verificarsi
dell’evento elementare A o dell’evento elementare B,
mutuamente incompatibili, è la somma delle probabilità di A e di B:
P(A o B) = P(A) + P(B).
Due eventi incompatibili sono, per esempio, gli eventi testa e croce nel
lancio di un dado, l’uno escludendo l’altro; due eventi compatibili,
invece, sono l’uscita di una figura e di una carta di cuori
nell’estrazione di una carta da un mazzo, potendo una carta di cuori
essere anche una figura.
Così introdotta, la probabilità è formalmente definita come i
matematici definiscono la misura di un insieme, e rientra pertanto come
caso particolare nella più generale Teoria della misura, potendo essere
interpretata come misura normalizzata P(E) (il suo valore è
un numero compreso tra 0 ed 1, estremi inclusi) dell’insieme-evento E.
La teoria assiomatica della probabilità è accattivante per il suo rigore
formale, con cui è possibile dedurre tutta la teoria delle probabilità
dalle premesse (definizioni, assiomi), soddisfacendo pienamente lo spirito
deduttivo del matematico, ma ha un grosso difetto: non definisce cos’é
in realtà la probabilità. Infatti, come in qualunque teoria assiomatica,
la probabilità non è definita nella sua natura, ma è definita soltanto
implicitamente come “un” (e non “quel”) numero reale non negativo
che soddisfa i tre assiomi di Kolmogorov. Tale numero dipende dalla
funzione d’insieme scelta, in altri termini il valore della probabilità
assiomatica dipende dal criterio scelto per la misura
dell’insieme-evento. Insomma, si ha una situazione analoga alla
geometria euclidea, in cui il punto, la retta e il piano non sono definiti
esplicitamente, ma implicitamente attraverso le loro mutue relazioni
(assiomi), per cui, come paradossalmente diceva Hilbert, i punti, le rette
e i piani potrebbero in realtà essere anche bicchieri, posate o
quant’altro, purché soddisfacenti gli assiomi euclidei.
La teoria assiomatica della probabilità, oltre il rigore logico, ha un
altro pregio. Riportando le considerazioni sugli eventi a calcoli sugli
insiemi corrispondenti, attraverso il concetto di probabilità come misura
normalizzata dell’insieme-evento, consente la determinazione della
probabilità in casi in cui non é possibile applicare la definizione
classica, come per esempio quando è infinito non numerabile4
sia il numero degli esiti possibili sia il numero di quelli favorevoli. In
altre parole, la probabilità assiomatica può fornire una risposta a
quesiti del tipo: quale è la probabilità che un ago, imperniato ad una
sua estremità nel centro di un cerchio, cada entro un determinato settore
di questo, per esempio di 30°? È chiaro, infatti, che assumendo come
eventi elementari le posizioni assunte dall’ago quando si ferma, sia
quelle entro l’intero cerchio (eventi possibili), sia quelle entro il
settore considerato di 30° (eventi favorevoli) sono infinite non
numerabili, perché costituiscono un infinitum continuum: la
probabilità sarebbe data quindi dal rapporto
infinito/infinito
che è una forma indeterminata. Invece, con
la teoria assiomatica, la probabilità può essere assunta come la misura
normalizzata dell’insieme degli esiti favorevoli, vale a dire il
rapporto fra la misura del settore entro cui ci si aspetta che l’ago
cada (30°) e la misura dell’angolo giro corrispondente all’intero
cerchio (360°), che costituisce l’universo U, e quindi P
= 30°/360° = 8,3%
Le critiche della scuola soggettivista
Le definizioni di probabilità fin qui date, pur risultando proficue in
numerosi casi, offrono il fianco a varie critiche:
1)
sono ottenute sulla base unicamente di eventi del passato e
ripetibili e quindi non sono applicabili a quella stragrande maggioranza
di casi in cui gli eventi di cui vogliamo stimare la probabilità non sono
mai accaduti oppure sono per loro stessa natura irripetibili. Per esempio,
è palese a tutti che né con la definizione classica, né con quella
frequentista, né con l’assiomatica è possibile stabilire la probabilità
di eventi come questi: domani pioverà, il prossimo presidente della
repubblica italiana sarà una donna, nel 2010 nasceranno gli Stati Uniti
d’Europa, il prossimo papa sarà africano. Di fatto, è relativamente a
casi di tal genere che nella vita di tutti i giorni siamo maggiormente
stimolati a esprimere una nostra “ragionevole” previsione e quindi a
stabilirne la probabilità.
2)
La ripetibilità degli esperimenti è un’utopia, perché in realtà
non è possibile mantenere rigorosamente identiche le condizioni sotto cui
sono effettuati.
3)
Le definizioni per partizione (classica) e in base alla frequenza
relativa non sono vere definizioni, ma metodi per ottenere il valore della
probabilità, sono quindi tutt’al più definizioni operative e non
dicono nulla sulla vera natura della probabilità; la definizione
assiomatica, infine, non è nemmeno operativa ma soltanto implicita per
assiomi.
4)
Ad onta della loro pretesa oggettività, sono in esse presenti
elementi soggettivi, cioè dipendenti dal soggetto che valuta la
probabilità: la valutazione della equiprobabilità degli eventi possibili
nella definizione classica, la scelta del numero di esperimenti da
effettuare e la valutazione della identità delle condizioni sperimentali
in quella frequentista, la scelta della funzione d’insieme che fornisce
la misura dell’insieme-evento nella definizione assiomatica;
5)
Si allontanano dal senso comune originario di probabilità, che è
ben evidenziato invece nelle definizioni “non matematiche” dello
Zingarelli, che sottintendono un punto di vista squisitamente soggettivo
che senz’altro riscuote il consenso dell’uomo comune.
Parlare
di soggettivismo, in genere, non è stato ben accetto da matematici e
scienziati (e ancora non lo è da parte di tutti), abituati da sempre a
pensare in termini oggettivi, fin quando un grande matematico italiano,
Bruno de Finetti, nel secolo scorso, molto scettico nei confronti degli
atteggiamenti decisamente deterministici e assolutisti della maggior parte
degli uomini di scienza, si è imposto al mondo scientifico internazionale
come strenuo ed originale propugnatore del soggettivismo nel campo della
probabilità5 , criticando il “presunto” rigorismo e
oggettivismo delle vecchie definizioni di probabilità: “Esse non
definiscono nulla; peggio ancora nascondono, con sproloqui e arcane
definizioni, colme di fumo e di vuoto, il vero senso in cui il termine è
usato dall’ultimo uomo della strada... La cosiddetta definizione basata
su partizioni in casi ugualmente probabili richiede sia già acquisito, in
senso soggettivo, il concetto di uguale probabilità. E quella basata
sulle frequenze richiede il medesimo circolo vizioso ed in più
un’intuizione (necessariamente grossolana) di un nesso tra osservazione
di frequenze e valutazioni di probabilità, nesso di cui soltanto
un’adeguata elaborazione della teoria delle probabilità (soggettive)
permette di stabilire il significato in base ad effettiva analisi delle
circostanze in gioco.”6 In tale spirito Bruno de Finetti
diede la quarta e fondamentale definizione di probabilità, che ormai
possiamo trovare nei testi di Calcolo della Probabilità di tutto il
mondo: “...la probabilità che qualcuno attribuisce alla verità - o al
verificarsi - di un certo evento (fatto singolo univocamente descritto e
precisato) altro non è che la misura del grado di fiducia nel suo
verificarsi”. Questa è una vera definizione della probabilità, perché
non è operativa, cioè legata al modo di determinarne il valore, ma
unicamente contiene il significato di probabilità, riportandolo alla
comune accezione. La definizione soggettiva assegna alla probabilità un
valore numerico che è tanto più vicino ad uno quanto maggiore è la
nostra convinzione che l’evento si verifichi, mentre è tanto più
vicino a zero quanto maggiore è la nostra convinzione che l’evento non
si verifichi. (continua)
Note:
1 Il primo a esporre una
teoria assiomatica coerente e sistematica della probabilità è stato il
matematico russo Andrei Nicolaieviè Kolmogorov nel 1933, con la sua
monografia “Grundebegriffe der Wahrscheinlichkeitrechnung” (Fondamenti
del calcolo delle probabilità), soddisfacendo in parte le richieste di
David Hilbert di dare una fondazione assiomatica alla teoria della
probabilità.
2 La natura del presente
scritto non consente di approfondire la discussione sul significato di
aleatorio o casuale; il significato qui dato è il più comune ma anche il
più “debole” rispetto ad altre possibili accezioni del termine.
3 Cioè una funzione definita
non su un insieme numerico bensì su un insieme di insiemi
4 “Non numerabile”
significa che non può essere posto in corrispondenza biunivoca con
l’insieme dei numeri naturali 1,2,3,... Un’infinità numerabile si
dice discreta mentre una infinità non numerabile si dice continua perché
è costituita da una distribuzione continua di infiniti elementi (per
esempio i punti di un segmento).
5 Anche il logico inglese
Frank Ramsey (The foundations of mathematics and other logical essays,
1931) giunse, indipendentemente da de Finetti, ad una concezione
soggettivista della probabilità.
6 B. de Finetti, Interventi
al Convegno della C.I.I.M., Viareggio, 24-26 ottobre 1974. |