Macbeth,
tre atti senza nome
(Cristina
Stillitano) - Il Macbeth del terzo millennio è un macabro eroe
con gli occhi bistrati di nero. La sua dimensione è un luogo senza terra,
capovolto e immondo. Sospeso nell’aria lugubre del suo castello
rovesciato, appare e scompare come per mano di un infernale burattinaio.
Sembra un automa, un po’ Matrix e un po’ Zombie, certo non Macbeth,
non l’uomo travolto dalla tragedia funesta delle sue immani ambizioni.
No, questo Macbeth non ha neppure la possibilità di redimersi con il suo
dramma, di morire da malvagio, ma di una rovina così ricca di sfumature,
così umana e lacerante, da risultare commovente e persino comprensibile.
Nulla di tutto questo per l’opera in tre atti di Salvatore Sciarrino,
rappresentata in questi giorni al Teatro Nazionale di Roma. Il suo Macbeth
non ha voce e non ha vita, non ha ardore né travaglio. Artificiale,
spento, dire che lascia immoti sarebbe falso: si fa fatica a resistere
fermi sulla sedia, a non alzarsi e correre via. Sarà forse l’effetto
mutilante della cosiddetta “musica contemporanea”, col suo monotono
armamentario di suoni ed effetti che - malgrado ogni buona volontà - non
si riesce proprio a capire come possa essere chiamata tale. Ma non è solo
questo. La recitazione e il canto sono stilizzati, ridotti ai minimi
termini, per scene intere provocatoriamente assenti. La tragedia diventa
statica sofferenza, anche per lo spettatore, e lavora oscuramente,
insidiosamente, a insinuare il suo carico di angoscia. Lo spettacolo è
tutto pietrificato nella imponente e complicata scenografia di Achim
Freyer, bellissima, originale, ma insufficiente come ogni esperimento
troppo fiducioso dei suoi effetti e poco attento ai suoi contenuti. Tra
tanta difficile (e forse inutile) ricerca del diverso, qualcosa di
inaspettato rimane nella mente: quella luce, alla fine di tutto, che
penetra nel castello illuminandolo placida di colore. E restituisce -
all’uomo che ha oltrepassato i suoi limiti - la sua semplice speranza.
Macbeth - “Tre atti senza nome”
(da Shakespeare)
Libretto e musica Salvatore Sciarrino
Regia e scene Achim Freyer
Direttore d’orchestra Johannes Debus
Orchestra Klangforum Wien
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