Le
ipotesi non euclidee - 10a puntata (di
Luca Nicotra)
2. Saccheri, “vindex” di Euclide.
Giovanni Gerolamo Saccheri, fervido seguace di Euclide, nell’anno stesso
in cui morì, il 1733, diede alle stampe la sua opera Euclides ab omni
naevo vindicatus, concepita con l’intenzione di dimostrare il quinto
postulato e in tal modo “liberare” (in latino vindicare) da ogni
difetto gli Elementi del grande matematico alessandrino. Nello stesso
tempo, derivando quel postulato dai precedenti, per tutti evidenti e
quindi “veri”, credette di consacrare finalmente la verità eterna e
assoluta della geometria euclidea, dissipando qualsiasi dubbio sulla sua
validità che potesse nascere da quel famigerato postulato. Infatti, se
non si fosse riusciti a dimostrarlo, o ancor peggio se si fosse riusciti a
dimostrarne la indimostrabilità, ci si sarebbe dovuti rassegnare, come
genialmente in realtà aveva fatto Euclide stesso1, ad
accettarlo come postulato, ma sarebbe rimasta impregiudicata la sua
mancanza di evidenza e quindi il suo difetto di verità, essendo nel
pensiero filosofico-scientifico di quei tempi vero soltanto ciò che ha
una realtà oggettiva, fisica, e pertanto risulta evidente e manifesto a
tutti. Per tali motivi, ci si sarebbe trovati di fronte ad una situazione
paradossale: da una parte la costrizione ad accettarlo come postulato,
dall’altra la riluttanza a farlo, in ossequio al concetto di vero fino
ad allora imperante. Inoltre,
il dubbio della verità del quinto postulato avrebbe inficiato altre parti
degli Elementi di Euclide, che di esso si servono per la dimostrazione di
vari teoremi, con lo sconsolante effetto di veder crollare la millenaria
fede nell’unica geometria fino ad allora conosciuta, che non sarebbe
stata più “affidabile”.
Saccheri cercò di conseguire il suo scopo applicando il tipo di
ragionamento proprio delle dimostrazioni per assurdo, di cui già si è
detto in queste pagine, e ch’egli illustrò magistralmente in una sua
precedente operetta intitolata Logica, ponendone in rilievo tutta la
generalità e le feconde applicazioni2.
Indichiamo con:
·
a l’insieme delle proposizioni
primitive euclidee;
·
con S(a)
l’insieme delle proposizioni derivabili da a,
vale a dire la geometria costruita sopra a
(geometria euclidea);
·
con E il quinto postulato, che fa parte di a;
·
con a’ l’insieme delle proposizioni
primitive euclidee nel quale E è sostituito dalla sua negazione non-E,
vale a dire a’= a
- E + “non-E”;
·
con S(a’)
l’insieme delle proposizioni derivabili da a’,
vale a dire la geometria costruita sopra a’
(geometria non-euclidea3).
Nel caso in questione, Saccheri seguì questo tipo di ragionamento: se E
fosse un teorema, e quindi fosse derivabile dalle rimanenti proposizioni
primitive a – E, farebbe parte oltre che di S(a),
anche di S(a’).
Infatti, poiché S(a’)
contiene tutte le proposizioni derivate da a’=
a - E + “non-E”,
conterrebbe anche E, come teorema derivabile dalle proposizioni a
– E. Dunque, la geometria S(a’)
sarebbe contraddittoria, poiché conterrebbe due proposizioni che sono la
negazione l’una dell’altra: E, non-E. In altre parole la geometria S(a’)
costituita dalle prime 28 proposizioni di Euclide + la negazione del
quinto postulato + tutte le proposizioni derivate risulterebbe
contraddittoria perché conterrebbe la negazione del quinto postulato e il
quinto postulato stesso, che, come teorema, sarebbe conseguenza delle
prime 28 proposizioni degli Elementi. Dunque, per dimostrare che il quinto
postulato E è un teorema, è sufficiente mostrare che la geometria
non-euclidea S(a’)
è contradditoria. In base a queste osservazioni Saccheri, non soltanto
avrebbe emendato gli Elementi da ogni “difetto”, ma avrebbe parimenti
celebrato il trionfo della geometria euclidea, che sarebbe risultata
inequivocabilmente l’unica geometria coerente e possibile, risultando
false le altre due geometrie concepibili4, fondate sulle due possibili negazioni del quinto postulato e sui
rimanenti della geometria euclidea. Ma Saccheri commise l’errore di
iniziare le sue considerazioni da una forma equivalente del quinto
postulato che si proponeva di dimostrare:
la cosiddetta ipotesi dell’angolo retto.
Con
riferimento alla figura 9, per le estremità di un segmento OU si
conducano due segmenti OG, UH uguali e perpendicolari ad OU, e infine si
tracci la congiungente GH. Al lettore, ora, si chiede uno sforzo
d’immaginazione: la figura ottenuta non deve essere considerata come un
rettangolo (cosa che verrebbe spontanea a tutti di fare!), poiché dal
punto di vista logico ciò implicherebbe l’ammissione che gli angoli OGH
e UHG siano retti. La nostra mente non deve essere condizionata dai
“suggerimenti” che provengono dall’osservazione della figura
disegnata sul piano euclideo a noi divenuto familiare e che ci porterebbe
senza esitazione ad affermare essere retti i due angoli suddetti. In realtà,
l’unica cosa che sappiamo è che i due angoli GOU e HUO sono retti per
costruzione, ma nulla sappiamo sugli angoli OGH e UHG, per i quali,
quindi, possiamo legittimamente prendere in considerazione le tre
possibilità seguenti: retti, acuti, ottusi. Ebbene, è possibile
dimostrare, senza far uso del postulato delle parallele, ma soltanto dei
precedenti quattro postulati, che quegli angoli sono uguali ma non che
sono retti o acuti od ottusi. Invece, servendosi del postulato delle
parallele, si dimostra che gli angoli OGH e UHG sono retti e, viceversa,
se si ammette come postulato che sono retti allora si deduce la
proposizione nota come postulato delle parallele. Dunque il postulato
delle parallele (vale a dire il quinto postulato euclideo) e il postulato
dell’angolo retto (cioè il postulato che gli angoli OGH e UHG siano
retti) sono equivalenti, perché interdeducibili.
Le tre ipotesi dell’angolo retto, acuto ed ottuso si escludono a vicenda
ed esauriscono tutti i casi possibili relativi alla natura dei due angoli
OGH e UHG. Pertanto, le ultime due ipotesi, dell’angolo acuto e
dell’angolo ottuso, costituiscono i due soli modi di negare il quinto
postulato. Saccheri, sostituendo separatamente quest’ultimo con quelle
ipotesi, costruì due nuove geometrie, dette “geometria dell’angolo
acuto” e “geometria dell’angolo ottuso”, mirando a mostrare la
loro contraddittorietà e quindi la falsità di ciascuna di esse. Egli,
però, da quel grande logico che era, fin quando seguì la via del più
rigoroso ragionamento, non riuscì a trovare alcuna contraddizione. A un
certo punto, però, il tono delle sue argomentazioni inspiegabilmente muta
e da irreprensibili diventano oscure e inconcludenti a proposito della
geometria dell’angolo acuto, che Saccheri condanna come falsa. La
geometria dell’angolo ottuso, a sua volta, viene da lui liquidata come
falsa, grazie ad un uso improprio degli infinitesimali.
Il grande matematico italiano Eugenio Beltrami, riscopritore dell’Euclides
ab omni naevo vindicatus, rimase perplesso davanti ad una così clamorosa
inversione di marcia, proprio quando le circostanze avrebbero dovuto far
emettere a Saccheri un giudizio di coerenza su ciascuna delle due nuove
geometrie. L’impressione che
se ne ricava è una deliberata capitolazione dinanzi alla sconcertante
verità di quei due nuovi mondi geometrici tanto diversi da quello
euclideo, ritenuto fino ad allora l’unico possibile. “O Saccheri era
ben risoluto a sacrificare la propria ragione sull’altare della fede in
Euclide, oppure non osava confessare la sua fede in una geometria eretica.
Questo repentino ripudio di ogni elementare principio di logica colpì il
laico Beltrami come un’offesa all’ordine naturale delle cose. Un
logico dell’acutezza di Saccheri, egli si disse, non poteva
assolutamente essere giunto a quella conclusione, non avrebbe mai potuto,
fin tanto che la sua mente fosse in grado di funzionare. Perché dunque
fingeva di averla accettata?La risposta è immediata: paura. Saccheri non
osava insinuare che la nuova geometria era vera. Euclide, il geometra
senza menda, era sacro quasi quanto Aristotile, il logico infallibile.
Negare Euclide sarebbe stato lo stesso che mettere in dubbio la logica
classica, grazie alla quale erano stati fissati per tutta l’eternità i
dogmi fondamentali della teologia ufficiale. Sostenere che un sistema non
euclideo potesse essere vero al pari di quello d’Euclide, sarebbe stato
un invito temerario alle repressioni e ai provvedimenti disciplinari. Per
questo il Copernico5 della geometria ricorse al sotterfugio:
denunciò egli stesso la falsità della sua scoperta, sperando che questo
pio tradimento gli valesse l’indulgenza della censura e quindi il
permesso di stampare il libro.”6
La dimostrazione7 di verità geometriche diverse avrebbe fatto
perdere alla geometria d’Euclide il suo monopolio millenario ed ogni
carattere di assolutismo. Si trattava dunque di una presa di posizione che
avrebbe avuto gravi ripercussioni, attaccando ancora una volta, e ancor più
che nel caso della rivoluzione copernicana, il gretto conservatorismo
intellettuale che viveva di assoluti.
“L’Euclide poteva si essere falso, e falso l’aveva definito Saccheri,
forse nella disperata speranza che la sua storica scoperta non perisse con
lui, ma restava pur sempre un libro troppo carico di significati e di
suggestioni perché si potesse lasciarlo circolare liberamente. Così
chiaro e convincente era il ragionamento del Saccheri nell’esposizione
delle nuove geometrie, che ogni mente razionale, nel seguire quelle
dimostrazioni seducenti, poteva soggiacere a pensieri illeciti. Pur
lasciando impregiudicata la questione se il libro sia stato
deliberatamente soppresso, è certo che una politica conservativa, per
essere coerente con se stessa, avrebbe dovuto procedere alla sua
soppressione per ragioni di sicurezza. I suoi insegnamenti erano
antitetici a quelli di coloro che ne avevano autorizzato la stampa ed è
noto che quando un organismo si divide in due parti contrastanti, le sue
probabilità di sopravvivenza sono minime.8"
(Fine
della 10a puntata)
Note:
1 Proprio per tale riconoscimento, la critica moderna assegna ad Euclide
un posto d’onore nella storia della matematica, e non tanto per il
presunto valore logico della sua opera, in realtà, come accennato
precedentemente, lacunoso.
2 Già Gerolamo Cardano e il Clavio avevano illustrato, ma con minor
efficacia, tale tipo di ragionamento nelle loro opere.
3 A rigore per geometria non-euclidea si dovrebbe intendere una qualunque
geometria fondata su postulati differenti da quelli euclidei. Nell’uso
corrente, invece, tale denominazione si riserva alle due geometrie fondate
sulla sostituzione del quinto postulato con le sue due possibili negazioni
e sui rimanenti postulati euclidei.
4 All’epoca, l’unico dubbio sulla geometria euclidea riguardava la
verità del quinto postulato, mentre nulla si aveva da obiettare sui
rimanenti postulati; per questi, quindi, non c’era alcuna ragione di
sostituirli con altri.
5 Il titolo di “Copernico della geometria” fu dato dall’inglese W.
K. Clifford al matematico russo N. Lobachewsky quando non era ancora nota
l’opera di Saccheri. Per molte analogie, oltre che per diritto di
priorità, il titolo spetta più a Saccheri che a
Lobachewsky. Infatti, per sfuggire alla persecuzione ecclesiastica,
Copernico , ecclesiastico come Saccheri, presentò la sua teoria come
semplice congettura e vide la prima copia della sua opera quand’era già
sul letto di morte. Analoghe circostanze si ripeterono per Saccheri, che
fece “stampare” e non “pubblicare” la sua opera l’anno stesso
che morì. La semplice stampa non seguita da una vera pubblicazione fu il
motivo dell’oblio in cui cadde l’Euclides ab omni naevo vindicatus.
6 Eric Temple Bell, La magia dei numeri, capitolo XXV.
7 La dimostrazione della validità logica delle geometrie non-euclidee fu
data, molto più tardi, da Eugenio Beltrami e da Felix Klein.
8 Eric Temple Bell, La magia dei numeri , cap. XXV
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