Il
teatrino dell’informazione - Parte II
L’icona
taumaturga di Nostra Signora Televisione
(Domenico
Rotella) - Fra coloro che hanno avuto l’eroico coraggio di seguire fino in fondo la
nostra precedente ed un po’ eterodossa incursione nel gran circo
mediatico, forse c’è qualcuno che desidera una risposta
all’interrogativo finale da noi lasciato in sospeso. Prima, però, di
riprendere il discorso sarà forse opportuno dare qualche lume anche a
quanti si fossero posti all’ascolto solamente adesso. Avevamo richiamato
l’attenzione sul fatto che i politici si esibiscono in scene isteriche
allorché, muniti di speciali microscopi a scansione nucleare, si avvedono
che il molto rispettabile senatore Truffoni ha goduto di due nanosecondi
di attenzione in più - tra telegiornali e talk-show - di quanti ne abbia
invece ricevuti il molto onorevole deputato Furfantini dell’opposto
schieramento. Abbiamo anche detto che, mentre viene inscenato questo
teatrino da pupi siciliani, l’intento dei contendenti è quello di farci
credere che quella è la vera battaglia sull’equità e la correttezza
dell’informazione. E sicuramente sono molti coloro che in buonafede
credono a simili panzane, i quali del resto sono i cugini di quanti
credono alle cartomanti, alle pozioni magiche, agli amuleti contro il
malocchio. A tutti costoro proponiamo però una semplice riflessione: ma
pensate seriamente che persone che investono milioni (di euro) per farsi
eleggere, che sgomitano tutta la vita per restare a galla e che si
logorano ogni giorno il fisico e la mente in estenuanti esercizi di
equilibrismo politico possano davvero perdersi in sciocchezze del genere?
Mettiamo che dobbiate sottoporvi ad un vitale intervento chirurgico. A chi
vi affidereste, al grande primario e luminare prof. Tal dei Tali oppure al
parcheggiatore davanti all’ospedale? Bene, a questo punto possiamo ormai
riprendere il discorso lì dove l’avevamo interrotto lo scorso mese. Chi
ha in mano il potere televisivo sa fin troppo bene che la gente - almeno
in larga parte - ha ormai imparato a diffidare degli strumenti classici
dell’informazione: il mitico «l’ha detto la televisione» oggi è
quasi archeologia pura e molti già oppongono ad esso un sarcastico «l’ha
detto il frigorifero». È quindi evidente che il trucco dev’essere
stato spostato altrove, camuffato sotto spoglie insospettabili. La nuova
frontiera della politica - tramontata l’era dei comizi e delle tribune
elettorali - viene ormai gestita dagli stessi maghi della comunicazione
che pianificano le grandi campagne pubblicitarie ed è affidata alla
fiction ed ai reality show. Sotto questo punto di vista, si è realizzata
una sostanziale identificazione tecnica tra il cittadino-elettore ed il
cittadino-consumatore. Entrambi, per essere «addomesticati», devono
essere sottoposti alla medesima terapia fondata su due capisaldi
essenziali: neoanalfabetismo e induzione ipnotica. Le tattiche adoperate
sono di tipo prettamente subliminale e pertanto agiscono in profondità
senza seri problemi di tracciabilità. Cominciamo dalla fiction. Avete
fatto caso che gli sceneggiati tipo “La piovra” sono spariti da tempo?
Avete invece notato lo straripante successo di “Elisa di Rivombrosa”,
di “Orgoglio” e di tutto il filone religioso e storico? Pensate che
sia un caso che Rai e Mediaset abbiano realizzato quasi in contemporanea
due “Papa Giovanni” e due “Padre Pio”? Il comune denominatore
dell’operazione consiste nel dirottare l’attenzione di quello che
chiameremo con termine medico “il paziente”, indirizzandola dai temi
di attualità a quelli situati in una dimensione storica o addirittura
metatemporale. Il passato - sia esso buono o cattivo - è comunque
immutabile, di conseguenza è rassicurante e comodo come la coperta di
Linus; il presente è invece mutevole e minaccioso, cupo, inquietante. Per
praticare la lobotomia culturale al paziente occorre innanzitutto renderlo
passivo, docile, soddisfatto e per far ciò è necessario non allarmarlo,
soprattutto in quella cruciale ora serotina dedicata al desco familiare.
Vanno bene quindi le grandi storie di antiche passioni, di vecchie figure
religiose, di lontani eroi. Se per tutto il giorno hai avuto a che fare
col mondo cattivo, almeno la sera puoi ristorarti le meningi con belle e
monumentali storie positive. Qualcuno ricorda ancora il commissario
Cattani? Al posto della sanguinante “Piovra” adesso ci sono le
patinate storie di piccola quotidianità dei vari “Distretti di
Polizia”, mentre i serial sulla Benemerita spaziano dal quasi
caricaturale “Carabinieri” al buonismo di “Don Matteo”. Per non
parlare poi dei “Medici in famiglia”, dei “Venti di ponente”, dei
“Posti al sole” e dei relativi cloni sotto altre spoglie. Per evitare
il risveglio del paziente occorre evitare assolutamente le storie crude e
di dolorosa attualità; se poi bisogna per forza far ricorso a tali
tematiche (ci sono pur sempre coloro che le amano e in fondo la fantasia
non è infinita), non più maxi serie ma soluzioni frettolose: due puntate
e via, nelle serate di minor interesse. A questo punto il paziente è
quasi decerebrato, però non lo si può abbandonare a sé stesso:
diverrebbe apatico e quindi scarsamente ricettivo ai messaggi che più
premono ai comunicatori occulti. Occorre quindi dargli qualcosa che lo
mantenga in una sorta di coma vigile: ed ecco i reality-show. A questa
categoria appartiene tutto quell’ignobile pattume intessuto di umane
miserie, di voyeurismo e di perline per selvaggi che - partito e
consolidato col “Grande Fratello” - si è poi espanso a macchia
d’olio con le “Isole” di finti famosi e le “Fattorie” di ex
cantanti, le “Talpe” dei nessuno e gli “Amici” di qualcuno. Con ciò
creando, tra l’altro, una continua fabbrica di ospiti a basso costo per
altri programmi fotocopia o ad essi ispirati. Chissà che in questo
settore televisivo prima o poi non accada qualcosa di simile al morbo
della “mucca pazza”: quando alle mucche non furono più dati mangimi
vegetali ma fatte cibare a forza con alimenti tratti dalle carcasse dei
suoi stessi simili, la degenerazione biologica portò all’insorgere del
male che distrugge le terminazioni nervose e annienta la specie. Tornando
a noi, a questo punto riassumiamo: la fiction rende quasi ebeti, il
reality fornisce argomenti insignificanti ma che attirano una certa
attenzione. Già, ma perché mantenere un livello minimo di veglia
mentale? Semplice: per far fare presa alla pubblicità. Fatta tabula rasa
di tutto ciò che è razionale, il marketing interviene fornendoti dei
falsi modelli da inseguire e dei falsi bisogni da soddisfare. Quella
automobile uguale a tutte le altre ti è indispensabile come l’aria,
quel profumo pacchiano ti rende irresistibile, quello scialbo cibo
industriale è meglio delle lasagne di tua nonna. Se vuoi bene alla tua
famiglia, non puoi fare a meno di quella cucina da venticinquemila euro, e
poco importa che nella casa fiabesca dello spot pubblicitario essa occupi
uno spazio che da solo vale tutta la tua modesta casa impiegatizia da
settanta metri quadri. Che dici, non usi quello shampo? E nemmeno quel
deodorante? Ma sei destinato all’isolamento sociale! A questo punto però,
per quadrare il cerchio, manca l’anello di congiunzione con la politica,
ma esso è dato ancora una volta dai guru del marketing. Sono loro -
celati nell’ombra - che ormai elaborano le strategie elettorali e i
programmi di partito, almeno al livello di grandi formazioni. Prendete i
seguenti argomenti a caso (rilancio dell’economia, difesa del salario,
tutela dello stato sociale, ma potremmo continuare) e trovate un solo
partito tra maggioranza e opposizione che non presenti gli stessi
capisaldi. In poche parole, semplificando: l’economia che si muove
aumenta i consumi e questi accrescono la ricchezza, le aziende aumentano i
profitti e foraggiano i politici. Questi possono poi permettersi di
assoldare i migliori santoni della comunicazione e restare a galla a lungo
(oltre che ingrassarsi a nostre spese). Capito il concetto di
partito-azienda? Ovviamente, nell’alternanza delle forze al governo chi
è all’opposizione non è migliore di chi comanda e viceversa, anche
perché chiunque vada al potere ha poi la necessità vitale di mantenerlo
con ogni mezzo: è l’unica regola che sfida i millenni. Per necessità
di spazio abbiamo dovuto tagliare alcuni passaggi logici, ma speriamo di
avervi comunque reso l’idea del nostro pensiero. Capite ora perché il
gallinaio sulla par condicio ci fa sbellicare dal ridere? Per il momento
ci limitiamo a segnalarvi un altro argomento di riflessione: vi siete mai
chiesti perché l’Europa si è unita prima coi mercati, poi con la
moneta e solo alla fine con i principi giuridici e morali? Provate a fare
due più due. Attenzione, però, l’importante è che ragioniate sempre
con la vostra testa e mai con quella di un qualsivoglia Partito Unico o di
un presunto messia. Diffidate soprattutto di chi, senza motivo apparente,
sembra avere troppo a cuore il vostro personale benessere di cittadino. In
ultimo, non saremmo onesti se non vi dicessimo di diffidare anche
dell’autore di queste righe………
|