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Sommario anno XIII numero 4 - aprile 2004

 COSTUME

Romeo e Giulietta
(Silvia Cutuli) - Ci sentiamo ospiti d’onore stasera, nella dimora privilegiata della poesia shakespeariana. Poco importa che il “Silvano Toti” Theatre Globe sia una fedele ricostruzione dell’originale londinese, e che sorga nel cuore verde di Roma a Villa Borghese.

L’aria profuma di legno non ancora vissuto, dall’alto del soffitto il cielo fa capolino. Si abbassano le luci, è illuminato un volto. È il Narratore romano d’eccezione, Gigi Proietti: ha aperto un vecchio manoscritto, soffiato via il filo di polvere che lo avvolgeva, si è ritrovato a passeggiare nella storia di due giovani, Romeo Montecchi e Giulietta Capuleti.
Le assi del palcoscenico cigolano, vibrano, si piegano a ritmo di rap: uomini stretti in corpetti corazza che accarezzano i muscoli, armati di ginocchiere e scarpe da ginnastica, si sfidano in una danza a colpi di spada, ora in una lotta a colpi di scivolate. Immediati, i loro movimenti arrivano forti: siamo catapultati nelle lotte tra le due Casate rivali di Verona. Questi atletici Montecchi e Capuleti non fanno sfoggio di accessori cortesi, bensì di un odio così nero, profondo, lacerante che ucciderà. Non infliggerà la morte all’Amore, però. Sconfitta sarà la parola amore, quando è invocata senza rendere giustizia al sentimento che porta questo nome: andrà a monte l’unione che il padre di Giulietta vuol stringere tra sua figlia ed il Conte Paride, esponente di una famiglia patrizia. Si rivelerà vano il desiderio, “fuoco che divampa sotto le lenzuola e rasserena i sensi”, vagheggiato dalla balia. L’Amore, quello puro, spontaneo e sincero che non conosce ostacoli, ma rapido e fulmineo permea di sé: “Sei il caro amore del cuor mio… (Romeo)” “Questo bocciuol d’amore, come s’aprirà all’alito fecondo dell’estate, al nostro prossimo incontro potrà dimostrarsi invero un bel fiore”(Giulietta), si staglierà dal nero circostante, di bianco vestito. Resterà ferito dal desiderio di vendetta, macchiato con il sangue di Mercuzio, grande amico di Romeo e Tebaldo, cugino di Giulietta. Sarà angoscia: “E quindi, o finestra, lascia entrare la luce, e lascia uscire la vita” (Giulietta) e tragedia: “Ah, benedetto pugnale! Questa è la tua guaina. Qui arrugginisci e lasciami morire!”(Giulietta), ma sospiroso e appassionato, vivrà dell’entusiasmo e dell’intensità dell’adolescenza. Conoscerà la frenesia dei battiti del cuore, la trepidazione, seppur nulla potrà di fronte all’imprevedibilità della vita.
Odio e amore sono evocati dal movimento scenico e dalla parola. L’odio che scuote Verona si percepisce appieno nelle espressioni ora comiche, ora sboccate di un energico e beffardo Mercuzio. L’amore irrompe con i monologhi, le confessioni e le promesse che i due innamorati si scambiano, come fossero liriche. Nessun riferimento è esplicitato, né si impone, non le scenografie, non i costumi. Non è stata ricostruita la Verona di un tempo, le donne dissacrano sottogonne e parrucche, gli uomini gale e stole. La parola sola evoca luoghi, dà il senso “come è tipico dell’opera shakespeariana”, ben commenta il saggio Proietti.
È tradizione che al Theatre Globe, il pubblico sia protagonista: anche noi interveniamo, seppur silenziosamente con una, tante emozioni.

 COSTUME

Sommario anno XIII numero 4 - aprile 2004