Che cos’è la
conoscenza?
(Silvia Coletti) - Pascal Engel è professore di Filosofia
alla Sorbona e membro dell’Institute Universitarie de France. Egli ha
esposto la sua posizione sui livelli intermedi di conoscenza e sulle
capacità mentali non- rappresentazionali in un suo libro intitolato
Filosofia e psicologia (2000), sviluppando l’idea che la psicologia, come
scienza autonoma e legittimata, è utile per la ricerca filosofica, senza
presumere di sostituirla.
Engel ha definito i processi intermedi di conoscenza e il loro risultato,
come relazione fra la causazione mentale e l’oggetto, una “conoscenza
tacita”.
Per causazione mentale s’intende la relazione che lega cervello e mente (Brain-mind).
Ponendo in rapporto i due sistemi e le loro proprietà essa produce,
causandolo, un effetto: il fenomeno mentale. Questa realizzazione che
avviene “causata da” e “realizzata in” micro-strutture (neuroni) si può
definire “conoscenza tacita”.
La “conoscenza tacita”. Già il fatto che Engel argomenti un intero
capitolo del suo libro su una conoscenza definita “tacita” è alquanto
paradossale ed insolito, rispetto ad una prassi che vuole che una
conoscenza sia un insieme di informazioni prima capite e poi comprese dal
soggetto, che le riceve e di cui sa servirsene al momento opportuno. In
questo caso il termine “conoscenza tacita”, coniato da P.Engel, avverte il
lettore della presenza di alcune anomalie all’interno del modo in cui una
persona o un soggetto lavorano durante i processi che portano alla
conoscenza, in generale, e del modo in cui ne elaborano la funzione.
Questo è il primo e più importante aspetto della posizione di Engel.
Ovviamente questa proposta di studio sulla conoscenza ne sottintende altre
di posizioni interessanti al riguardo, come per esempio il modo in cui
alcuni filosofi riduzionisti o olisti studiosi dell’argomento affrontano o
cercano di spiegare i processi cognitivi della conoscenza umana. Il fatto
però che Engel utilizzi questo termine, un po’ mitologico, di “conoscenza
tacita”, porta a sottolineare come i tentativi finora conseguiti dai
filosofi e dagli psicologi siano stati utili a livello di ricerca, ma non
costruttivi a livello di conoscenza, in quanto il livello intermedio in
cui ha sede la “conoscenza tacita” non è stato finora né individuato, né
spiegato, pur se sicuramente, continua Engel, “esiste, ha un suo status,
solo che noi non siamo stati in grado di decodificarlo dalla nostra
esperienza immediata e più diretta”. Ritorniamo di nuovo ad arrovellarci
intorno ad una problematica vecchia per quanto si è trattata ma nuova
nella ricerca della sua soluzione: il rapporto mente-corpo (body-mind).
Per esempio D.Davidson e Putnam, in modo molto più estremista rispetto a
Engel ed a Searle, affermano che “un predicato fisico non può determinare
un predicato psicologico”, cioè non c’è correlazione tra descrizioni
fisiche e psicologiche e riportano l’esempio dell’abilità linguistica di
un parlante, che se descritta psicologicamente è una disposizione
complessa; se invece è descritta linguisticamente, è uno stato reale, un
meccanismo. Quindi per loro in conclusione la psicologia non può essere
ridotta al fisico.
A questo proposito ho ritenuto utile ed interessante analizzare la
suddivisione che Engel fa tra tre tipi di credenze, come aspetti della
“conoscenza tacita” e che, a mio giudizio, è possibile estendere anche
alla percezione ed all’azione e di cui lo stesso Searle ne è stato il
precursore a livello di impostazione metodologica originale sul problema
della conoscenza umana.
Secondo Engel esistono tre tipi di credenze tacite: una disposizionale o
psicologica, una cosciente e l’ultima inconscia. La prima non è
conoscibile attraverso l’introspezione, ma solo attraverso la sua
manifestazione empirica; la seconda è la nostra conoscenza globale ed
evidente su ciò che è altrettanto evidente, per esempio la credenza che
Napoli è a sud di Roma; la terza riguarda le nostre conoscenze
inaccessibili o profonde.
Questa suddivisione della credenza tacita è una vera e propria
presentazione di impostazione del modo in cui si può affrontare il
problema della “conoscenza tacita” ed è a suo modo il metodo teorico che
anche Searle ha individuato nell’ipotesi lavorativa sul concetto di Sfondo
intorno all’analisi della conoscenza umana.
La posizione di J. Searle.Quello che vogliamo dimostrare, in realtà, è che
Searle cerca di affrontare il problema atteggiandosi ad una apertura
mentale che considera la interazione e concatenazione delle parti,
cercando di non scendere a compromessi con nessun tipo di riduzione del
mentale al sociale: lascia il problema aperto.
L’allarme che lancia Engel sta proprio in questo, cioè nel constatare
l’esistenza per lo meno astratta di un livello intermedio di conoscenza
che, come è evidente anche in Searle, funge da filtro fra le cause
razionali e quelle fisiologiche, ma che non va estremizzato con il ricorso
ad “omuncoli” di nessun genere.
Da qui parte la critica di Engel un po’ forte e direi in alcuni casi
scorretta, rivolta ad alcune posizioni filosofiche sull’argomento. Fra le
varie critiche mi interessa quella che Engel rivolge a Searle, per
esempio, per non aver inserito un livello intermedio fra la mente e gli
oggetti se non su base neurofisiologica, che si riduce in ultima analisi
al sociale, senza risolvere il problema, e gettandosi su un semplice
realismo esternista; inoltre, in un secondo tempo, ne critica
l’affermazione secondo cui “uno stato mentale inconscio implica
necessariamente l’accessibilità alla conoscenza”. Innanzitutto va detto
che quest’ultima critica di Engel non è corretta, in quanto Searle non ha
mai affermato questo, ma ha solo precisato il fatto che uno stato mentale
inconscio ha la possibilità e non la necessità di accedere alla coscienza.
È ovvio che in questi termini il pensiero filosofico di Searle acquista
tutto un altro spessore e significato anche e proprio in riferimento a
questo argomento, ossia, il livello intermedio relativo alla funzione
della mente nella relazione fra cervello e coscienza nello Sfondo umano,
sottolinea la necessità di comprendere che cos’è la “conoscenza tacita”,
cioè quelle capacità mentali non- rappresentazionali di cui parla Searle e
a cui lo stesso, a mio giudizio, ha trovato una soluzione non solo
interessante e legittima, ma anche realistica e poco presuntuosa,
contrariamente a quanto vorrebbe far credere invece Engel, parlando di
“omuncoli”.
Secondo Wittgenstein infatti: “Il risultato è che soltanto dell’uomo
vivente, e di ciò che gli somiglia, si può dire che abbia sensazioni; che
veda, che sia cieco, che oda, che sia sordo; che sia in sé o che non sia
cosciente….”
L’implicito e l’esplicito. All’interno della questione della “conosceza
tacita” è di grande interesse questo gioco dell’implicito e
dell’esplicito, che Engel sottolinea e di cui anche Searle, a suo modo,
tratta, presente in maniera costante in ciò che pensiamo, percepiamo e
facciamo.
Questo aspetto è, a mio giudizio, un binomio variante del quotidiano
umano, ossia è ciò che sfugge e ciò a cui l’uomo tende nel momento in cui,
uscendo fuori dall’abitudinario, si rende conto che esiste una “conoscenza
tacita”, ossia un insieme di prospettive e sfaccettature che delineano il
modello uomo. Per questo motivo credo sia utile ed interessante
considerare che il ricorso all’olismo di Searle nel risolvere il problema
dei livelli di conoscenza, mettendo in relazione il cervello con la mente
, la coscienza e l’Intenzionalità in interazione a loro volta con la
realtà, è motivo di creatività e soprattutto apertura ai diversi punti di
vista, alle diverse capacità di Sfondo ed esperienze. In questo modo
Searle ha dimostrato che, dietro la spiegazione di un mostrarsi tipico
dell’atteggiamento umano, ci sono sempre più livelli di comprensione, che
confluiscono insieme per un’informazione completa.
Conclusioni. Esiste un problema della “conoscenza tacita”?
A quanto pare esiste, ha un suo spazio amplio di discussione, che se da
una parte può non essere risolvibile, dall’altra in qualche modo o in
parte si dissolve o avvia una ricerca più seria su base interdisciplinare,
come è presente nel pensiero di Searle sulla questione dello Sfondo.
Naturalizzando strutturalmente ciò che lo costituisce: il cervello, la
mente, la coscienza e l’intenzionalità, Searle ha in parte risolto e in
parte lasciato aperto, con il suo abbraccio al realismo, sia la questione
dello status della mente e della coscienza, sia il problema del rapporto
mente-corpo. |