Bandane al vento
(Vincenzo Andraous - Carcere di Pavia e tutor Comunità Casa del
Giovane Pavia)
Caro
Marco ti volevo bene ieri arrampicato alle montagne, te ne voglio oggi
disteso sulle tue miserie che sono quelle che non si dicono.
Ti
voglio bene a dispetto dei soliti processi, delle molteplici accuse
mascherate da assoluzioni a buon mercato, delle giustificazioni intriganti
tutte spese in fretta per non inciampare in una bicicletta svenduta per
una sorta di malcelato disinteresse.
Caro
Marco, il popolo è con te, la solita Gggggente sta al tuo fianco, muori
tranquillo, perché non sei più solo, come lo sei stato fino a un momento
prima dell’ultimo respiro.
Penso
a te come al campione che non sono mai stato, penso a te come agli eroi
che incontro sulla mia strada, sì, grandi uomini, tutti da scoprire, in
cui credere, per non dovere accettare eredità e fardelli insopportabili.
Penso a te senza la televisione a farmi da conduttore, con poche parole
giuridiche alle spalle, con il dolore che hai attraversato per intero;
nonostante i ruggiti ed i sorrisi regalati a piene mani. Penso a te e alle
tue salite, alla fatica che non ti ha mai fatto indietreggiare, così
riesco persino a pensare alla mia storia, preferendo i vicoli ciechi che
non hanno portato niente di buono.
Caro
amico, penso a te come a un amore che finisce e non c’è giustizia per
un’eccellenza andata al macero, perché sei davvero amore che, nella sua
assenza, ti piega da un lato, lasciando l’altro scoperto al colpo che
verrà, e ora non ci saranno inutili commiserazioni a sollevarne il capo
chino. Penso a te, come a un amore che resta in disparte, che va a morire
e si confessa da sé, dipanando nebbie e maschere assunte, dove la mente
ostinata ritorna ai solchi incontrati e qualche volta malamente aggiunti,
eppure valicati con la fronte in alto. L’amore non finisce qui amico mio,
nonostante i pensieri divengano pesanti come fusti di quercia corrosi dai
rimpianti per le tante cose dette in fretta e mai del tutto soppesate.
Nonostante i momenti trascorsi diventano pagine di un libro letto dieci,
cento, mille volte, ma volgendo l’ultima pagina, poco prima della sua
fine, ti accorgi sbigottito delle righe scritte in una lingua
incomprensibile. Tu sei stato amore assalito e amore assalitore, amore che
non concede tregua, amore che c’è, anche quando sei inchiodato alla sua
assenza, con elmo e lancia piegato dal vento dei ricordi. Sei un amore a
cui le parole restano incapaci di addomesticarne il senso per quell’ala
spezzata che non potrà più tracciare alcuna scia luminosa.
Caro
Marco sei davvero amore che è sparo di diritto, mai taglio alle spalle,
amore che non è una fotografia impolverata dove i deserti scoperti insieme
si ripresentano inaspettatamente con la pena bieca dell’ultimo miserabile.
Sei amore forte e profondo perfino quando sfinisci e non ci sono altri
tempi, altri momenti, altri spazi da definire meglio, e neppure assonanze
da trasformare in vicinanze.
Sei
così amore che l’unica prossimità è l’inferno, adesso. Ma forse ieri con i
suoi amori non è migliore di oggi.
Amico mio, la speranza
è che era meglio domani. |