Dai
Poli al Deserto: letture ‘gelide’ ed ‘aride’
(Mario Giannitrapani) - J. Goldwin, Il Mito Polare.
L’Archetipo dei Poli nella Scienza, nel Simbolismo e nell’Occultismo.
Edizioni Mediterranee, Roma 2001, è il primo libro dedicato
all’Archetipo dei Poli appunto, celesti e terrestri, Nord e Sud, un
viaggio profondo, suggestivo, dettagliato nelle fonti consultate e nella
ricerca, che ripercorre tutte le teorie più e meno note in merito alle
terre circondate dai poli e dai ghiacci perenni. Un filone narrativo che
non ha mai smesso di ispirare nei popoli tradizioni, saghe e leggende in
merito ad un mitico regno segreto che riemerge ciclicamente nei secoli:
Iperborea, Agartha, Shambala... La trattazione vasta, dotta e poliedrica
dell’autore, studioso di esoterismo ed alchimia, docente alla Colgate
University di New York, sbalordisce per la competenza nell’indagine
storiografica e simbolica svolta su temi quali l’Età dell’Oro, la
Dimora Artica, le Tradizioni Polari e Solari, nonché su autori da sempre
legati a determinati studi, quali Warren, Tilak, Guènon, Evola,
Saint-Yves d’Alveydre, Rorich, Blavatsky, e molti altri ancora che,
nell’antichità come nei tempi recenti, diedero un impulso spirituale,
filosofico, mitologico, geologico, astronomico e letterario
all’esistenza in una lontana e remota età preistorica, di una dimora
originaria del genere umano, poi nascosta e resasi ‘occulta’ appunto,
in seguito all’involuzione cosmica, spirituale dei tempi ultimi,
divenendo per ciò appunto, tema di dottrina ed insegnamento esoterico.
Una lettura sicuramente consigliata, non solo agli appassionati, ma a
tutti coloro che si occupano di letteratura d’evasione, d’avventura,
di viaggi, poiché l’indagine sull’Antartide chiama in causa perfino
autori come Poe, Verne, Lovercraft; di carne al fuoco, quindi, ce n’è
parecchia...
In tutt’altro sentiero invece, seguendo il petrolio, scopriamo un altro
testo interessante: Libia. Natura e Uomo. Geologia, Preistoria e Storia
della Libia, di Sergio Marchegiano, AgipName, Milano 1995, che è appunto
una ricerca dedicata allo straordinario valore delle risorse naturali
della Libia corredata da foto di particolare qualità e straordinaria
bellezza; dalla storia degli eventi geologici profondi con i loro riflessi
superficiali attraverso circa due miliardi di anni dei bacini di Al Kufrah
e di Murzuq, sino alla suggestiva paleostoria di Homo Erectus che, dalle
prime presenze dei caccia-raccoglitori paleolitici giunge all’avvincente
capitolo dell’arte rupestre di Homo Sapiens Sapiens, cui segue
l’epilogo più recente in cui ritroviamo la Libia abitata da popoli
antichissimi come i Garamanti (II mill. a.C.), i Tuareg, loro discendenti,
ed i più antichi Fenici, Greci, Romani nonchè gli Arabi, per finire
appunto con la scoperta del petrolio negli anni ’50 che segnò
l’inizio di un’era del tutto diversa rispetto al passato. Una Libia,
quindi, come intenso crocevia di civiltà, paese decisivo e strategico del
Mediterraneo, ingresso dell’Africa, ove furono ambientati peraltro
diversi miti greci quali i giardini delle Esperidi e le fonti del Lete (il
fiume dell’Oblìo), vicino Bengasi appunto, nonché patria di quella
celebre pianta estinta del mondo antico, ritenuta miracolosa, che nasceva
solo in questa terra, il “Silfio,” (la cui pesatura venne raffigurata
nella famosa “Coppa d’Archesilao”, pittura a figure nere del VI sec.
a.C., Museo del Louvre). Ma ciò che da noi solamente tramite
l’ingegneria e l’architettura eccelsa degli antichi romani seppe
germogliare, nel deserto libico è stato anche ‘natura’: è possibile
ammirare difatti un maestoso “Arco di Trionfo” naturale scolpito nelle
formazioni arenarie della formazione Acacus (Libia sud-occidentale), alto
più di 50m, ed anche le curiose forme d’erosione “a fungo” sempre
della medesima formazione geologica. L’oasi di Ghadamis è poi una delle
più antiche e più caratteristiche del Sahara libico, celebre per il
contrasto tra il suo verdeggiante palmeto e l’arido deserto che la
circonda. Ghat, nel Fezzan, è l’unica oasi abitata in modo permanente
dai nomadi Tuareg, ed è posta ai confini con l’Algeria. Come poi non
menzionare le meraviglie dell’architettura sacra greca quali i Templi di
Zeus e d’Apollo a Cirene, nonché le architetture romane di età
severiana di Leptis Magna, i Templi di Liber Pater, di Roma ed Augusto,
sublimi presenze dell’irradiazione monumentale che si staglia su di un
mare incantato che fa da sfondo magico appunto anche al ricostruito tempio
di Iside a Sabratha. Libia,
quindi, fucina e transito di vetuste e straordinarie civiltà che nella
pietra lasciarono un indelebile ed arcano ricordo che stride con i
mostruosi ponti di cemento della civilizzazione moderna da poco tempo
costruiti, seguendo, appunto, il miraggio... del petrolio...
Librando:
Le novità editoriali di Stampa Alternativa
(Mario Giannitrapani)
R.Giacobbo, R.Luna, Chi ha veramente costruito le piramidi e la sfinge (E
6,71).
L’unica delle sette meraviglie del mondo antico ancora in piedi su cui
permane il mistero della costruzione (come, quando e perché?).
L’attenta analisi dei due autori prende spunto dalle riflessioni di
Hancock sul significato soprattutto archeoastronomico dell’impresa e del
rilievo di Orione. Una lettura gradevole e accessibile per avvicinarsi
all’antico Egitto con un’attenzione diversa.
Antichità: G.Feo, Prima degli etruschi (e 12,91); Sesso antico: Arte
erotica etrusca e romana, prefazione
di J.Marcadè (E 12,91).
Nel primo testo l’autore, indagando i misteri dell’Italia preromana,
scopre gli indizi dell’esistenza di una presunta civiltà italica ove il
culto di una grande «Dea» era stato perpetuato da una razza di «Giganti»,
insieme a Ninfe, Sibille, Maghi e Sacerdotesse della Madre Terra. A questa
grande cultura, sembrano infatti riferirsi molte delle testimonianze
archeologiche che sono presentate nel libro con interessanti fotografie e
disegni. Nella seconda opera invece, dopo una breve disamina delle
principali fonti letterarie classiche sul tema dell’Eros, la narrazione
prosegue appunto attraverso «eloquenti» immagini; difatti la civiltà
etrusco-romana produsse una ricca e raffinata iconografia pittorica,
scultorea, glittica, in cui le nudità, gli amplessi ci trasmettono il
lato profondo della pulsione erotica. Lì anche gli Dèi, gli Immortali,
parteciparono assieme agli umani all’eterno ed universale gioco di
creazione e procreazione.
Alessandro Giuli, Dadafleur, Ed. Asefi Terziaria, 2001, Eur 7,23.
Un piccolo e grazioso “fiore dada” è questa elegante raccolta di
poesie dell’autore, (che recentemente ha dato alle stampe il romanzo
alchemico Nigredo) corredate peraltro da interessanti immagini alchemiche
ed ermetiche tratte da testi del ‘600 e del ‘700. Come scrive nella
premessa Giuseppe Conte, “Alessandro Giuli crede in un’energia
alchemica della poesia che trasforma anche la distruttività linguisitica
dell’avanguardia in una potente manifestazione del sapere e
dell’ordine della tradizione”. Come rilevato, i testi presentati, non
tanto per lo stile quanto per i contenuti, ricordano molto Arturo Onofri,
specie per quella sapienza occulta, alchemica e magica della vita.
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