rubrica
piccolo spazio curiosità
Nel
blu, dipinto di blu
(Paolo Di Lazzaro) - I nostri occhi riescono a vedere solo
una piccola parte della luce che ci circonda, e non a caso questa parte è
chiamata
“luce visibile”. La luce può essere descritta come onde di energia
che si propagano nello spazio, e si differenziano tra loro tramite la
“lunghezza d’onda”, cioè la distanza tra due picchi vicini
dell’onda. Ad esempio? il termosifone emana calore sotto forma di luce
infrarossa che ha una lunghezza d’onda maggiore della luce visibile,
sicché i nostri occhi non possono vederla, ma la nostra pelle può
“sentire” la sensazione di calore. Analogamente, la luce ultravioletta
ha una lunghezza d’onda troppo corta per poterla vedere, ma la melanina
della nostra pelle si accorge delle sua presenza e si abbronza.
La luce visibile è composta da diversi colori, ciascuno con una propria
lunghezza d’onda: il rosso ha una lunghezza d’onda maggiore del
giallo, che a sua volta ha una lunghezza d’onda maggiore del verde, che
ha una lunghezza d’onda maggiore del blu. Quando guardiamo un oggetto
luminoso, come una stella o una lampadina, i nostri occhi sono raggiunti
da luce diretta. Invece, quando guardiamo un oggetto i nostri occhi sono
raggiunti da luce diffusa, creata dall’interazione delle onde luminose
con le particelle dell’oggetto. Le particelle, infatti, possono
intercettare le onde luminose e diffonderle in direzioni diverse, fino a
raggiungere i nostri occhi. I numerosi fenomeni di diffusione della luce
cui assistiamo giornalmente differiscono tra loro al variare delle
dimensioni delle particelle rispetto alla lunghezza d’onda della luce.
Per esempio, il colore blu del cielo è dovuto alla diffusione della luce
visibile da parte di particelle molto piccole, che riescono a
“deviare” e diffondere solo le lunghezze d’onda minori della luce
visibile (corrispondenti al colore blu). Al contrario, i cristalli di
ghiaccio che formano le nubi sono abbastanza grandi da diffondere tutte le
lunghezze d’onda della luce visibile, e le nubi ci appaiono bianche (la
somma di tutti i colori della luce visibile è percepita come bianca).
Gli esempi sono numerosi e il lettore può divertirsi a trovare una
spiegazione del colore di svariati oggetti, sempre applicando questa
semplice regola sulla diffusione della luce da parte di particelle aventi
differenti dimensioni. E’ possibile spiegare perché la schiuma delle
onde (ma anche della birra!) è bianca, perché il fumo della sigaretta è
azzurro, perché il tramonto è rosso, eccetera. Magari con qualche
piccola variazione sul tema per tenere conto dell’assorbimento della
luce, come il colore grigio delle nubi dense...
E nel caso di assenza di particelle? Questa situazione accade agli
astronauti in orbita: le immagini che provengono dai satelliti mostrano un
cielo nero. Nello spazio stellare c’è il vuoto, cioè mancano
particelle che interagiscano con la luce e la diffondano verso i nostri
occhi: l’assenza di luce diffusa produce un cielo nero.
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