monte
compatri
Attenta
alla Città!
(Pietro
Ciaravolo) - La Città straripa ed ingoia. Monte Compatri resterà
una memoria storica con qualche peculiarità svilita e sciupata dal tempo?
Il verde della boscaglia arruffata e grezza lascerà qua e là qualche
traccia accuratamente disegnata dall’arte geometrica? La cura dei
vigneti e degli oliveti sarà ormai un lavoro troppo oneroso? La naturalità
di un bicchiere di vino e la genuinità di un cucchiaio d’olio non
prenderanno più? Si crederà nell’etichetta dell’importato? Gli
‘alimentari’ dei centri commerciali (i negozi saranno ormai
fagocitati!) sopperiscono con dovizia a quelli “propri”? Ai tempi
della mia infanzia si consumava la pasta fatta in casa. Oggi che ancora
resiste nel compromesso e nel cedimento il senso della naturalità è
diventato un evento d’occasione. Le cantine e i percorsi serpentini
delle grotte perderanno la sonorità dell’allegria pur nelle concitate
baruffe quasi sempre innocue. “Stare insieme” diventerà un artificio
di comportamento, una convenienza, un galateo da salotto o solo un evento
gregario, un’amalgama? La spontaneità del legame, la naturalezza
dell’incontro diventeranno episodi isolati quasi estranei al civile
vivere? Si profila l’immagine capovolta di Monte Compatri! Il progresso
della civiltà, l’immagine di un serial killer della natura e della
naturalità dell’uomo. Il magma del cemento brucia le radici del verde,
s’estrania l’ambiente. Subentra l’arte architettonica alla
meraviglia della Natura. Le misure dell’habitat ricalcano quelle di
un’astrazione umana la cui analogia più concreta è nel “manichino”
che rappresenta ed uniforma tutti gli uomini privandoli della diversità
che naturalmente li distingue. L’uniforme con-fonde ed ammassa
soffocando ciò che è proprio di ogni uomo. L’uniformismo geometrico
della ingegneria urbanistica costringe l’uomo ad alienarsi, ad un
adattamento che lo trasforma e lo deforma assicurando comodità ed agio
che tali non sono. L’agio è un’apparenza di comodità. Non lo si
sente come portatore di equilibrio. L’uomo che è natura, che è figlio
della natura soffre dover smettere l’abito della sua naturalezza per
recitare la parte dell’evoluto.
A che queste punture di riflessioni cosi lontane dal quotidiano pensare?
Quale la motivazione? Destare un moto di curiosità è già un avvio di
intendimento anche se lo stato d’animo che l’accompagna è una
perplessità. Iniziai con il dire che “la Città straripa ed ingoia”.
Nel senso che Roma tende ad allargarsi, ad estendersi. Invade! Sconfina
ormai nei vecchi e storici “Castelli Romani”. Già ne sorpassa
l’antica demarcazione ed avanza con il suo geometrismo architettonico.
Il verde sparisce e le colline e promontori tendono ad appianarsi per
rispondere alle esigenze del megalopolismo che sembra trasmettersi, a
mo’ di potente virus, in tutti i capoluoghi del mondo civile. I Castelli
Romani rischiano di essere fagocitati, assorbiti dalla Città, perdendo la
loro unicità “nativa”, la loro storica originalità fatta di
tradizione e della peculiarità geografica. Monte Compatri corre questo
rischio. La malia della città è potente. Specialmente se rafforzata dal
magnete dell’interesse! Non mancano le prove! E sono tutte in luce! Che
resterebbe di questo paese se ne venisse spianata la parte storica? Se
scomparissero la piazzetta, la “via longa”, “lu stradò”, il “bervedere”,
i vicoletti che a saliscendi si inerpicano dentro, cadrebbe un pezzo di
cielo! Come si farebbe a distruggere questa rarità che a ragione potrebbe
definirsi un “cratere vivente”? Una fantascienza divenuta realtà!
Un’eccezionalità esposta al pericolo di scomparire se indisturbata la
grande metropoli avanzi. Anche le tradizioni verrebbero bruciate dalla
critica o dall’indifferenza. La mentalità monticiana (che già subisce
i colpi demolitori della soggezione cittadina), una riuscita combinazione
di una genetica eredità e di un’alimentazione tutta natura del
territorio, sempre più si svuoterebbe della sua originalità e della sua
autenticità lasciando qua e là - come in questo caso avviene - qualche
‘crosta’ di superficie. Monticiani salvate la vostra identità!
Respingete la diffusa tentazione della “schiava” che crede superare il
suo stato copiando il modo di vestire della padrona. Non siete
“schiavi” né inferiori, anzi “liberi” e superiori. Nulla avete da
invidiare ai limitrofi cittadini. Potete sempre contrapporre in vincente
competizione una ricchezza di fattori ecologici, la mentale naturalità
degli usi e dei costumi, l’eccezionale design del territorio, ecc.
Opponete con la palizzata del radicale rifiuto le innovazioni propinate
come voci di progresso ma che in realtà turbano il vostro equilibrio,
quello che nasce dall’accordo uomo-natura. Solo se quest’equilibrio
viene a mancare cadono le palizzate, i muri di cinta, le cancellate. La
Città straripa e Monte Compatri viene assorbita. Non sono figure
retoriche o peggio, insignificanti frasi ad effetto ma rilievi realistici.
Se l’identità del “monticiano” è nel connubio tra la sua cultura
genetica e la sua attuale interazione ambientale (che è poi l’acclarato
meccanismo che opera in ogni processo di individuazione con il binomio ‘innatismo-ambientalismo’),
il senso d’equilibrio che ne deriva fa da supporto di difesa, da tutela
e da salvaguardia dell’autonomia. Se sto bene con me stesso non sento il
bisogno di cambiare! Scompare il pungolo della dipendenza. Non ho bisogno
d’altro! Ma c’è una condizione tutta monticiana perché si possa
evitare (con le altre) la felpata irruenza della Città e che ancora
richiama il principio dell’equilibrio. Evitare il troppo facile
autolesionismo che pare sia il difetto predominate del paese. Una sorta di
sindrome masochista. Si superqualifica tutto ciò che è “altro” e si
squalifica tutto ciò che è “proprio”. Nel confronto tra una canzone
in lingua inglese ed una in lingua nostra, a parità melodica, la prima
parte sempre con un punto in più perché straniera. Se si confeziona un
nostro blue jeans utilizzando lo stesso tessuto e lo stesso tipo di
cucitura di quello straniero, la scelta di mercato cade in prevalenza su
quest’ultimo. Forse i monticiani così mal-trattano il loro territorio!
Forse troppo ciechi e forse anche troppo servili! Non vedono “lu
monte”, una cascata di storia, un cratere ‘vivente’. La meraviglia
di un incantesimo che è stampata sui volti dei turisti. Non vedono la
valanga di verde che in cornice scende intorno al paese dal “Salemò”
e da “San Sivestru”. Meraviglia a meraviglia! E ignorarle o esserne
indifferente sono ‘stati d’animo’ che portano al facile distruggere.
L’assorbimento cittadino non troverebbe ostacolo. Anzi lo si troverebbe
qualificante. Le caratteristiche di Monte Compatri non contano! La Città
alletta e conquista. Monte Compatri si prepara a perdere la sua identità!
Un’altra mina vagante attenta all’originalità del paese, un vizio
quasi congenito: una competitività sempre distruttiva che oscilla tra il
lamento, il pregiudizio e la critica del sospetto. Anche questo
‘vizio’ potrebbe risultare deleterio perché in ogni popolo la
mancanza della coesione presta il fianco all’autodistruzione. I
civilissimi etruschi ‘persero’ la loro identità perché proclivi alla
‘divisione’! È un monito che nel caso avrebbe il suo peso!
monte
compatri
Una
vivacità musicale particolare
(Paolo Bragatto) - La musica non esiste senza chi la voglia
e la sappia ascoltare. Il musicista ha bisogno che dall’altra parte ci
sia un
pubblico,
pronto a farsi emozionare, ancora una volta, dalla melodia, a farsi
trascinare dal ritmo, a farsi avvolgere dall’armonia, a lasciare che la
musica risuoni dentro facendo vibrare la corda segreta dell’anima. E
allora l’esecuzione meraviglia il pubblico e forse gli stessi musicisti
che non sanno quali traguardi possono raggiungere! A Monte Compatri tutto
questo succede. Vi siete mai chiesti perché un centro senz’altro più
piccolo e meno blasonato rispetto ad altri centri vicini abbia una vivacità
musicale particolare? Non è certo un caso. È invece merito
dell’attenzione continua, spesso anche critica ed esigente, che tutta la
cittadinanza riserva da sempre alla musica in generale ed alla “banda”
in particolare. I monticiani certo non si
accontentano di poco, inni e marcette non bastano, ma attendono
ogni anno anche musica di livello, la pretendono. Le generazioni
monticiane a centinaia si sono succedute nei ranghi della banda e se anche
hanno riposto lo strumento in qualche armadio, continuano ad avere una
sensibilità musicale ed un attaccamento viscerale alla Banda Compatrum,
la banda cittadina. E mandano con entusiasmo i figlioli a frotte alle due
scuole per musicanti e majorettes gestite senza oneri dalla banda.
L’occasione più attesa, fra tutte quelle dell’anno musicale, è
naturalmente quella di Santa Cecilia, quando la banda offre un concerto
alla cittadinanza. Quest’anno l’appuntamento è stato rispettato in
pieno. Sabato 22 novembre il Corpo Fokloristico Musicale Compatrum ha
offerto a tutti una elegante serata al Palazzo Annibaldeschi.
Un programma tutto concentrato sulla grande musica “leggera”, pezzi
famosi, grandi successi internazionali degli ultimi trenta anni, colonne
sonore stampate nella memoria di tutti, arrangiati per un bella orchestra
di fiati, con quasi quaranta elementi diretti dal Maestro Gianluca
Cantarini. Fra le file dei
musicisti anche alcuni amici della banda Corbium, con la quale vige ormai
uno stretto rapporto di scambio e collaborazione. Il pubblico è quello
delle grandi occasioni, con il Sindaco, gli Assessori ed il Parroco. In
prima fila la delegazione della banda di Busnago, con la quale la
Compatrum è gemellata da vent’anni.
Anna D’Acuti, una delle majorettes della Compatrum, indossa per
l’occasione i panni della presentatrice, con un sicurezza ed una
simpatia che fanno immaginare un prosieguo a questo primissimo esordio.
L’orchestra entra subito nel vivo con una intensa esecuzione “Song for
Lovers”, una musica che ha sciolto il sangue nelle vene a più d’uno.
Una fantasia di Morricone eseguito con brio riporta ai temi degli western
all’Italiana porta il pubblico verso immaginarie cavalcate. Brava Mina
fa ricordar ai più grandi bellissime canzoni mai dimenticate. My way di
Frank Sinatra è l’ultimo pezzo prima dell’intervallo. Il pubblico è
ormai stregato ma alla ripresa arrivano i piatti forti: Jesus Christ
Superstar, un pezzo tutt’altro che facile, viene reso con un esecuzione
coinvolgente. E poi la Pantera Rosa reso con l’eleganza sofisticata che
merita. Per chiuder la serata, dopo una serie di pezzi prettamente
bandistici, Mambo n°5, un pezzo travolgente. L’orchestra in piedi si
muove al tempo di musica, le majorettes, che i limiti di spazio avevano
confinato in uno spazio ristrettissimo accompagnano con entusiasmo
l’esibizione. Il pubblico è al delirio e chiede a gran voce il bis. Il
sindaco si fa portavoce dell’entusiasmo del pubblico e chiede
perentoriamente un altro mambo. Il maestro non può dire di no e replica,
con il pubblico in visibilio che, alzatosi in piedi, segue i movimenti
della musica.
La serata ha avuto puoi un ideale proseguimento nella mattinata successiva
con una ricca esibizione delle majorettes in Piazzale Busnago. La
passeggiata si è così trasformata in un palcoscenico ed i monticiani,
grazie anche ad una splendida giornata di sole hanno potuto apprezzare le
eleganti e raffinate coreografie delle ragazze, con la perfetta direzione
dell’istruttrice Monica Rizzi.
La banda Compatrum è composta in larga misura da giovani che continuano a
coltivare la passione musicale, nonostante gli impegni incombenti dello
studio e degli inizi della carriera. E non ci sono
solo bravi appassionati, ma anche di veri professionisti della
musica, che non hanno mai negato il loro qualificato contributo alla banda
che li ha iniziati alla musica. Il nucleo giovanile è ovviamente
sostenuto da alcune colonne storiche della banda, sempre presenti in tutte
le occasioni. Una nuova generazione di musicanti, tutti sotto i sedici
anni, sta preparandosi ad emulare i colleghi più grandi. Nella serata di
Santa Cecilia hanno debuttato dodici di questi ragazzi. Altrettanti
ragazzi stanno studiando assiduamente presso la scuola per essere pronti
il prossimo anno ad affrontare questa prova impegnativa.
L’Amministrazione Comunale sostiene, è doveroso ricordarlo, la banda
con un contributo che consente di affrontare con serenità e regolarità
l’ordinaria amministrazione del corpo musicale. E non è merito da poco
visto che altrove la disattenzione delle amministrazioni locali ha
lasciato morire d’inedia bande di lunga tradizione. Anche molti singoli
cittadini monticiani comprendono l’importanza di mantenere vivo il clima
culturale e sono generosi nei contributi e nelle donazioni alla banda, a
seconda delle possibilità. Quest’anno si è potuto assistere a
moltissime nuove iscrizioni alla Compatrum
in qualità di soci sostenitori, proprio in occasione della serata
di Santa Cecilia. C’è infine da ricordare che dal mese di giugno è in
carica un consiglio direttivo completamente rinnovato
che con entusiasmo e giovanile baldanza cerca di superare i limiti
della poca esperienza, e porta idee nuove per rispondere, anche sul piano
gestionale, alle aspettative dei cittadini, che vogliono sentire della
musica sempre migliore, che vogliono vedere i propri ragazzi e ragazze
crescere nell’ambiente sano e stimolante della banda, che vogliono che
il nome di Monte Compatri vada di nuovo in giro per il mondo dietro le
note della Compatrum.
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