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Sommario anno XII numero 2 - febbraio 2003

 I NOSTRI PAESI - pagina 7
frascati
La Diocesi tuscolana, dalle origini al XIII sec.
(Giovanna Ardesi) - Nel dicembre scorso nel salone delle Scuderie Aldobrandini è stato presentato il nuovo libro del prof. Raimondo Del Nero “La Diocesi Suburbicaria Tuscolana”, con una conferenza dello stesso autore.

Edito dall’associazione tuscolana “Amici di Frascati” il libro, in vendita nelle principali librerie ed edicole di Frascati, si rivolge soprattutto a persone di cultura medio-alta.
Alla conferenza erano presenti il vescovo Matarrese, che ha salutato con soddisfazione il lavoro del prof. Del Nero, ed altre personalità della Chiesa locale. L’argomento ha coinvolto, non solo studiosi ed ecclesiastici, ma anche molti altri cittadini, che hanno seguito con interesse un aspetto della storia del loro territorio: quello religioso della diocesi. Ne riassumiamo qui di seguito alcuni tratti.
Da Gerusalemme giunsero a Roma l’apostolo Paolo di Tarso prima, e l’apostolo Pietro dopo, percorrendo l’antica via Appia attraverso il territorio dei Colli Albani.
Se da un lato la leggenda racconta che S. Pietro nel suo viaggio a Roma incontrò Simon Mago ad Ariccia, dall’altro lato una tradizione consolidata vuole che i due apostoli, dopo essere stati a Roma, si siano recati a Tuscolo. Tale città era fiancheggiata da due importanti strade: la via Labicana (quasi coincidente con l’attuale via Casilina) e la via Latina, attuale via Anagnina.
L’origine della diocesi tuscolana è documentata dagli Atti dei Concili. Il nome diocesi deriva dal greco diokesis, cioè governo o amministrazione.
Infatti, in epoca classica, fino a Costantino, le diocesi avevano un significato amministrativo e si riferivano ad entità intermedie tra le Prefetture e le Province. Successivamente, quando sopraggiunse la crisi dell’Impero Romano, l’organizzazione della Chiesa di Roma si sostituì all’organizzazione imperiale, mettendo i vescovi a capo delle diocesi, che mantennero le attribuzioni civili.
Nel 313 fu indetto un sinodo a Roma da papa Melziade, su incarico dell’imperatore Costantino, per sconfiggere lo scisma voluto dall’arcivescovo Donato di Cartagine. Al sinodo partecipò il vescovo Zoticus ad Quintanas della diocesi tuscolana. È questa la prima sede episcopale della Campagna Romana ad essere ricordata, insieme ad altre, quali Ostia, Porto, Palestrina.
Ad Quintanas era il nome della stazione di sosta e ristoro sorta ai piedi del colle dell’attuale Colonna, all’incirca dove si trova torre Pasolina. Da questa stazione aveva avuto origine la città di Labico Quintanense, prospiciente la via Labicana, a cui diede il nome.
In origine il baricentro della Chiesa cristiana fu, dunque, Labico Quintanense, nell’attuale territorio di Montecompatri.
Ed è la via Labicana a divenire l’asse portante del Cristianesimo. Infatti Costantino donò alla Chiesa il Fondum Laurentum, ossia ad duas lauros, che si trovava lungo tale via. Il fondo era costituito da una serie di possedimenti sparsi, compreso il territorio tuscolano. Qui ad duas lauros l’imperatrice Elena, madre di Costantino, si fece seppellire nell’imponente mausoleo di sua proprietà, che porta il suo nome. Comunicante con il mausoleo di S.Elena fu edificata, nello stesso periodo, la basilica dei SS.Pietro e Marcellino sulle catacombe dei martiri omonimi. Mausoleo e Basilica si trovano nell’attuale Torpignattara. Con la villa imperiale di ad duas lauros formano il complesso di Subaugusta.
Nel V sec. Subaugusta era una diocesi che si estendeva dalla chiesa di S.Croce in Gerusalemme fino a ad duas lauros. Sede della diocesi Subaugusta fu ad duas lauros (dove si trovavano sepolti 80 martiri cristiani). Ormai il Cristianesimo aveva preso piede all’interno della corte imperiale e fra i militari, seguaci fino ad allora del mitraismo e, quindi, la sede vescovile fu messa presso la villa imperiale suburbana dei Flavi e gli acquartieramenti dei soldati, nell’attuale Centocelle. Il nome deriva da Centum cellae, cioè dai numerosi box della cavalleria dei Flavi.
Non è certo se Subaugusta avesse un suo vescovo, oppure se ospitasse il vescovo di Labico Quintanense e fosse diventata la nuova sede della diocesi tuscolana. Si sa che presso il monumento sepolcrale romano, che divenne forse nel V sec. l’oratorio detto cryptaferrata, si trova la lapide dedicata al vescovo Fortunato. Ma non si sa se Fortunato fosse vescovo di Labico o vescovo di campagna. Non era rara, infatti, nel territorio laziale la presenza di comunità cristiane rurali autoctone con il loro clero e presbyteri.
Quanto restava della villa imperiale dei Flavi è stato spianato nel 1923, per creare l’aeroporto militare di Centocelle.
Nel 455 in tale villa fu trucidato l’imperatore d’Occidente Valentiniano III.
Quest’ultimo prima di essere ucciso aveva dato alla sede vescovile di Roma l’autorità che ha mantenuto fino ad oggi, ordinando ai vescovi delle sue province di accettare come legge tutto ciò che sarebbe stato sanzionato dalla Sede Apostolica, cioè dal vescovo di Roma.
Il papa, divenendo erede dell’organizzazione imperiale, sottrasse la latinità al naufragio barbarico.
Si trova traccia dei vescovi di Subaugusta finché la guerra greco-gotica (535-553) travolse la diocesi, come il resto d’Italia. La devastazione della Campagna Romana provocò il collasso delle infrastrutture romane (acquedotti, strade, ponti), e le grandi ville fuori città dovettero essere abbandonate.
L’opera dei papi e dei vescovi salvò, così, l’eredità romana e la civiltà occidentale.
Nel VII sec. venne completata la rete diocesana in Italia. Nel Lazio, dove i vescovi suburbicari o suburbani erano sette, la rete diocesana venne impostata sulla maglia delle strade principali: la Clodia-Claudia, la Flaminia, l’Amerina, l’Appia, la Labicana e la Latina.
La tesi centrale del libro è proprio questa: papato e vescovi suburbicari hanno salvato l’eredità di Roma nei secoli più tristi della storia dell’Italia e dell’Europa.
È a partire dal Lazio che il papato aveva costruito il suo Stato, rivendicando sempre la sua piena autonomia dai poteri temporali.
Queste ed altre notizie interessanti si apprendono dalla lettura del libro del prof. Del Nero.

frascati
“Doppio Verso 8”
(Massimiliano Bianconcini) - Agata Chiusano e Claudio Maccari sono i protagonisti dell’ottava edizione di Doppio Verso, formula ideata dall’Assessorato alle Politiche Culturali del Comune di Frascati, che permette un approccio congiunto alle opere di due artisti, differenti per esperienza e formazione culturale. La mostra, a cura di Omar Calabrese, si è svolta recentemente nella Sala a Volte delle Scuderie Aldobrandini del Comune di Frascati. La serata inaugurale è stata conclusa da “Doppio Verso 8”, la cui organizzazione generale è stata curata da Fabrizio Tosti - Cooperativa Tuscolana “Arte e Cultura”, e dallo spettacolo multimediale di danza, videoarte, musica Prometeo,  coreografie a cura di Fabrizio Federici, musiche di Massimo Coen, regia multimediale di Agata Chiusano, voce recitante di Daria De Florian.

Omar Calabrese, curatore della mostra, nel presentare la nuova edizione di Doppio Verso ha scritto: «Non è certamente la prima volta che due artisti si associano per la produzione di un evento artistico. La tradizione dell’arte contemporanea contiene molti esempi di questo tipo: dal famoso sodalizio fra Braque e Picasso ai “cadavres esquis” dei surrealisti, dagli allestimenti dei maestri del Bauhaus alle serate futuriste e dadaiste, per arrivare fino a oggi con  tanti casi di “matrimonio” estetico.
Ma la mostra “Doppio Verso” è interessante per due ragioni convergenti. La prima – generale – consiste nel fatto che i due autori hanno pensato insieme un progetto che includesse, come riferimento se non addirittura come contenuto, l’ambiente medesimo dell’esposizione. Questa, infatti, si è svolta in una sala del museo archeologico allestito da Massimiliano Fuksas e inaugurato non più di tre anni or sono, sala che continua ad ospitare le vetrine museali con gli oggetti per lo più provenienti dalla villa di Cicerone al Tuscolo. Ecco però il punto: il “thesaurum” antico entra in qualche modo a far parte dell’opera di Chiusano e Maccari, in parte perdendo la sua identità antica e diventando “moderno”, in parte conferendo identità al moderno, e facendolo diventare “antico” (nel senso, almeno, di una pretesa o sognata continuità con la tradizione). Persino il lavoro dell’architetto si trasforma in attore dell’opera nuova, prestando alcuni dei suoi tratti salienti alla nascente configurazione dei nostri artisti. Infatti, da una parte si sono potuti osservare dei video che presentano la traccia della storia di Prometeo (tema classico, spesso rappresentato negli oggetti archeologici, richiamato da disegni e forme scultoree) in quattro distinti episodi della sua mitologia; ma, dall’altra, nella sala si sono collocate sedie metalliche, sulle quali lo spettatore ha sostato, sormontate da luci analoghe a quelle delle vetrine, che, per proprietà transitiva hanno fatto diventare lo spettatore medesimo un “reperto archeologico”.
«In questo ottavo appuntamento Agata Chiusano, che vive a Frascati, e il senese Claudio Maccari testimoniano con i propri lavori lo scontro estetico e linguistico di due artisti che si trasforma nella fase progettuale in un fraseggio unitario – dichiara Stefano Di Tommaso, Assessore alle Politiche Culturali del Comune di Frascati. Inoltre, l’originalità di questo Doppio Verso, proposto dalla Cooperativa Tuscolana Arte e Cultura, che da anni opera meritoriamente nel nostro territorio, è anche nell’abbinamento con lo spettacolo multimediale, ispirato dalla video-installazione Prometeo».
«La scelta di ospitare tale serie di installazioni all’interno del Museo Tuscolano risulta una felice contaminazione, in quanto si trovano a confronto percorsi artistici anche diversi, ma scaturiti da una stessa esigenza di espressione estetica – spiega Giovanna Cappelli, Direttrice del Museo. Tale incontro risulta ancor più evidente di fronte all’utilizzo di materiale e tecniche diverse».

lettera al direttore


Caro Direttore, desidero segnalarLe un caso di “sano Servizio Sanitario”, del quale sono stato testimone insieme con i miei fratelli. Abbiamo avuto bisogno di ricoverare d’urgenza nostra madre, di 92 anni, bisognosa di pronto soccorso.
Le invio il testo della lettera che ho fatto recapitare al Direttore Sanitario dell’Ospedale San Giuseppe di Albano Laziale (RM). La prego di darne corretta diffusione.
RingraziandoLa sin d’ora, Le invio cordiali saluti. Sergio Faini

Caro Sergio Faini, è con vero piacere che pubblichiamo la sua lettera che, una volta tanto, va a rendere merito agli operatori di una struttura pubblica per l’ottimo lavoro che hanno svolto sia sul piano professionale che su quello umano.  Troppo spesso il pubblico è indotto a leggere la “notizia sensazionale”, la “denuncia di un malfunzionamento”, di una “corruzione”, ecc. e perde di vista l’enorme umanità che ci circonda.

Dott.ssa Valeria Dandini, Direttore Sanitario Ospedale San Giuseppe Albano Laziale
Gentile Dottoressa, come cittadino, sento il dovere di esternare, formalmente, positivi apprezzamenti – unitamente con i miei fratelli – per le azioni di soccorso, di cura e di assistenza che mia madre ha ricevuto nel recente ricovero presso l’Ospedale San Giuseppe di Albano Laziale.
Sin dall’incontro con l’infermiere dell’autoambulanza, chiamata con il 118, seguito dal pronto soccorso e ricovero prima nella Divisione di Chirurgia e successivamente in quella di Medicina, mia madre è stata accolta e trattata – dal personale tutto – con rispetto, sollecitudine e competenza professionale.
Nel nostro tempo, caratterizzato dal cosiddetto pluralismo di opinione e da uno pseudo clima democratico; dominato dall’informazione spesso irresponsabile; la nostra quotidianità è continuamente disturbata, sconvolta e deformata da giudizi avventati, da critiche facili e da comportamenti di reazione e d’avversione inusitati e folli. Fa piacere, ogni tanto, sfatare le dicerie e sperimentare che il mondo non va sempre come predicano i media. Per questi motivi, vorrei che Lei comunicasse ai Responsabili dei Reparti e delle Divisioni la nostra riconoscenza, i nostri ringraziamenti e la mia personale stima, per l’opera di servizio che svolgono nei confronti della Comunità dei cittadini. Molti cordiali saluti.  Sergio Faini
 I NOSTRI PAESI - pagina 7

Sommario anno XII numero 2 - febbraio 2003