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La
Diocesi tuscolana, dalle origini al XIII sec.
(Giovanna Ardesi) - Nel dicembre scorso nel salone delle
Scuderie Aldobrandini è stato presentato il nuovo libro del prof.
Raimondo Del Nero “La Diocesi Suburbicaria Tuscolana”, con una
conferenza dello stesso autore.
Edito dall’associazione tuscolana “Amici di Frascati” il libro, in
vendita nelle principali librerie ed edicole di Frascati, si rivolge
soprattutto a persone di cultura medio-alta.
Alla conferenza erano presenti il vescovo Matarrese, che ha salutato con
soddisfazione il lavoro del prof. Del Nero, ed altre personalità della
Chiesa locale. L’argomento ha coinvolto, non solo studiosi ed
ecclesiastici, ma anche molti altri cittadini, che hanno seguito con
interesse un aspetto della storia del loro territorio: quello religioso
della diocesi. Ne riassumiamo qui di seguito alcuni tratti.
Da Gerusalemme giunsero a Roma l’apostolo Paolo di Tarso prima, e
l’apostolo Pietro dopo, percorrendo l’antica via Appia attraverso il
territorio dei Colli Albani.
Se da un lato la leggenda racconta che S. Pietro nel suo viaggio a Roma
incontrò Simon Mago ad Ariccia, dall’altro lato una tradizione
consolidata vuole che i due apostoli, dopo essere stati a Roma, si siano
recati a Tuscolo. Tale città era fiancheggiata da due importanti strade:
la via Labicana (quasi coincidente con l’attuale via Casilina) e la via
Latina, attuale via Anagnina.
L’origine della diocesi tuscolana è documentata dagli Atti dei
Concili. Il nome diocesi deriva dal greco diokesis, cioè governo o
amministrazione.
Infatti, in epoca classica, fino a Costantino, le diocesi avevano un
significato amministrativo e si riferivano ad entità intermedie tra le
Prefetture e le Province. Successivamente, quando sopraggiunse la crisi
dell’Impero Romano, l’organizzazione della Chiesa di Roma si sostituì
all’organizzazione imperiale, mettendo i vescovi a capo delle diocesi,
che mantennero le attribuzioni civili.
Nel 313 fu indetto un sinodo a Roma da papa Melziade, su incarico
dell’imperatore Costantino, per sconfiggere lo scisma voluto
dall’arcivescovo Donato di Cartagine. Al sinodo partecipò il vescovo
Zoticus ad Quintanas della diocesi tuscolana. È questa la prima
sede episcopale della Campagna Romana ad essere ricordata, insieme ad
altre, quali Ostia, Porto, Palestrina.
Ad Quintanas era il nome della stazione di sosta e ristoro sorta
ai piedi del colle dell’attuale Colonna, all’incirca dove si trova
torre Pasolina. Da questa stazione aveva avuto origine la città di Labico
Quintanense, prospiciente la via Labicana, a cui diede il nome.
In origine il baricentro della Chiesa cristiana fu, dunque, Labico
Quintanense, nell’attuale territorio di Montecompatri.
Ed è la via Labicana a divenire l’asse portante del Cristianesimo.
Infatti Costantino donò alla Chiesa il Fondum Laurentum,
ossia ad duas lauros, che si trovava lungo tale via. Il fondo era
costituito da una serie di possedimenti sparsi, compreso il territorio
tuscolano. Qui ad duas lauros l’imperatrice Elena, madre di
Costantino, si fece seppellire nell’imponente mausoleo di sua proprietà,
che porta il suo nome. Comunicante con il mausoleo di S.Elena fu
edificata, nello stesso periodo, la basilica dei SS.Pietro e Marcellino
sulle catacombe dei martiri omonimi. Mausoleo e Basilica si trovano
nell’attuale Torpignattara. Con la villa imperiale di ad duas lauros
formano il complesso di Subaugusta.
Nel V sec. Subaugusta era una diocesi che si estendeva dalla chiesa di
S.Croce in Gerusalemme fino a ad duas lauros. Sede della diocesi
Subaugusta fu ad duas lauros (dove si trovavano sepolti 80 martiri
cristiani). Ormai il Cristianesimo aveva preso piede all’interno della
corte imperiale e fra i militari, seguaci fino ad allora del mitraismo e,
quindi, la sede vescovile fu messa presso la villa imperiale suburbana dei
Flavi e gli acquartieramenti dei soldati, nell’attuale Centocelle. Il
nome deriva da Centum cellae, cioè dai numerosi box della
cavalleria dei Flavi.
Non è certo se Subaugusta avesse un suo vescovo, oppure se ospitasse il
vescovo di Labico Quintanense e fosse diventata la nuova sede della
diocesi tuscolana. Si sa che presso il monumento sepolcrale romano, che
divenne forse nel V sec. l’oratorio detto cryptaferrata, si trova la
lapide dedicata al vescovo Fortunato. Ma non si sa se Fortunato fosse
vescovo di Labico o vescovo di campagna. Non era rara, infatti, nel
territorio laziale la presenza di comunità cristiane rurali autoctone con
il loro clero e presbyteri.
Quanto restava della villa imperiale dei Flavi è stato spianato nel
1923, per creare l’aeroporto militare di Centocelle.
Nel 455 in tale villa fu trucidato l’imperatore d’Occidente
Valentiniano III.
Quest’ultimo prima di essere ucciso aveva dato alla sede vescovile di
Roma l’autorità che ha mantenuto fino ad oggi, ordinando ai vescovi
delle sue province di accettare come legge tutto ciò che sarebbe stato
sanzionato dalla Sede Apostolica, cioè dal vescovo di Roma.
Il papa, divenendo erede dell’organizzazione imperiale, sottrasse la
latinità al naufragio barbarico.
Si trova traccia dei vescovi di Subaugusta finché la guerra greco-gotica
(535-553) travolse la diocesi, come il resto d’Italia. La devastazione
della Campagna Romana provocò il collasso delle infrastrutture romane
(acquedotti, strade, ponti), e le grandi ville fuori città dovettero
essere abbandonate.
L’opera dei papi e dei vescovi salvò, così, l’eredità romana e la
civiltà occidentale.
Nel VII sec. venne completata la rete diocesana in Italia. Nel Lazio,
dove i vescovi suburbicari o suburbani erano sette, la rete diocesana
venne impostata sulla maglia delle strade principali: la Clodia-Claudia,
la Flaminia, l’Amerina, l’Appia, la Labicana e la Latina.
La tesi centrale del libro è proprio questa: papato e vescovi
suburbicari hanno salvato l’eredità di Roma nei secoli più tristi
della storia dell’Italia e dell’Europa.
È a partire dal Lazio che il papato aveva costruito il suo Stato,
rivendicando sempre la sua piena autonomia dai poteri temporali.
Queste ed altre notizie interessanti si apprendono dalla lettura del
libro del prof. Del Nero.
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“Doppio
Verso 8”
(Massimiliano Bianconcini) - Agata Chiusano e Claudio
Maccari sono i protagonisti dell’ottava edizione di Doppio Verso,
formula ideata dall’Assessorato alle Politiche Culturali del Comune di
Frascati, che permette un approccio congiunto alle opere di due artisti,
differenti per esperienza e formazione culturale. La mostra, a cura di
Omar Calabrese, si è svolta recentemente nella Sala a Volte delle
Scuderie Aldobrandini del Comune di Frascati. La serata inaugurale è
stata conclusa da “Doppio Verso 8”, la cui organizzazione generale è
stata curata da Fabrizio Tosti - Cooperativa Tuscolana “Arte e
Cultura”, e dallo spettacolo multimediale di danza, videoarte, musica
Prometeo, coreografie a cura
di Fabrizio Federici, musiche di Massimo Coen, regia multimediale di Agata
Chiusano, voce recitante di Daria De Florian.
Omar Calabrese, curatore della mostra, nel presentare la nuova edizione
di Doppio Verso ha scritto: «Non è certamente la prima volta che due
artisti si associano per la produzione di un evento artistico. La
tradizione dell’arte contemporanea contiene molti esempi di questo tipo:
dal famoso sodalizio fra Braque e Picasso ai “cadavres esquis” dei
surrealisti, dagli allestimenti dei maestri del Bauhaus alle serate
futuriste e dadaiste, per arrivare fino a oggi con
tanti casi di “matrimonio” estetico.
Ma la mostra “Doppio Verso” è interessante per due ragioni
convergenti. La prima – generale – consiste nel fatto che i due autori
hanno pensato insieme un progetto che includesse, come riferimento se non
addirittura come contenuto, l’ambiente medesimo dell’esposizione.
Questa, infatti, si è svolta in una sala del museo archeologico allestito
da Massimiliano Fuksas e inaugurato non più di tre anni or sono, sala che
continua ad ospitare le vetrine museali con gli oggetti per lo più
provenienti dalla villa di Cicerone al Tuscolo. Ecco però il punto: il
“thesaurum” antico entra in qualche modo a far parte dell’opera di
Chiusano e Maccari, in parte perdendo la sua identità antica e diventando
“moderno”, in parte conferendo identità al moderno, e facendolo
diventare “antico” (nel senso, almeno, di una pretesa o sognata
continuità con la tradizione). Persino il lavoro dell’architetto si
trasforma in attore dell’opera nuova, prestando alcuni dei suoi tratti
salienti alla nascente configurazione dei nostri artisti. Infatti, da una
parte si sono potuti osservare dei video che presentano la traccia della
storia di Prometeo (tema classico, spesso rappresentato negli oggetti
archeologici, richiamato da disegni e forme scultoree) in quattro distinti
episodi della sua mitologia; ma, dall’altra, nella sala si sono
collocate sedie metalliche, sulle quali lo spettatore ha sostato,
sormontate da luci analoghe a quelle delle vetrine, che, per proprietà
transitiva hanno fatto diventare lo spettatore medesimo un “reperto
archeologico”.
«In questo ottavo appuntamento Agata Chiusano, che vive a Frascati, e il
senese Claudio Maccari testimoniano con i propri lavori lo scontro
estetico e linguistico di due artisti che si trasforma nella fase
progettuale in un fraseggio unitario – dichiara Stefano Di Tommaso, Assessore alle
Politiche Culturali del Comune di Frascati. Inoltre, l’originalità
di questo Doppio Verso, proposto dalla Cooperativa Tuscolana Arte e
Cultura, che da anni opera meritoriamente nel nostro territorio, è anche
nell’abbinamento con lo spettacolo multimediale, ispirato dalla
video-installazione Prometeo».
«La scelta di ospitare tale serie di installazioni all’interno del
Museo Tuscolano risulta una felice contaminazione, in quanto si trovano a
confronto percorsi artistici anche diversi, ma scaturiti da una stessa
esigenza di espressione estetica – spiega Giovanna Cappelli, Direttrice del Museo. Tale
incontro risulta ancor più evidente di fronte all’utilizzo di materiale
e tecniche diverse».
lettera
al direttore
Caro
Direttore, desidero segnalarLe un caso di “sano Servizio Sanitario”,
del quale sono stato testimone insieme con i miei fratelli. Abbiamo avuto
bisogno di ricoverare d’urgenza nostra madre, di 92 anni, bisognosa di
pronto soccorso.
Le invio il testo della lettera che ho fatto recapitare al Direttore
Sanitario dell’Ospedale San Giuseppe di Albano Laziale (RM). La prego di
darne corretta diffusione.
RingraziandoLa sin d’ora, Le invio cordiali saluti. Sergio Faini
Caro Sergio Faini, è con vero piacere che pubblichiamo la sua lettera
che, una volta tanto, va a rendere merito agli operatori di una struttura
pubblica per l’ottimo lavoro che hanno svolto sia sul piano
professionale che su quello umano. Troppo
spesso il pubblico è indotto a leggere la “notizia sensazionale”, la
“denuncia di un malfunzionamento”, di una “corruzione”, ecc. e
perde di vista l’enorme umanità che ci circonda.
Dott.ssa Valeria Dandini, Direttore Sanitario Ospedale San Giuseppe
Albano Laziale
Gentile Dottoressa, come cittadino, sento il dovere di esternare,
formalmente, positivi apprezzamenti – unitamente con i miei fratelli –
per le azioni di soccorso, di cura e di assistenza che mia madre ha
ricevuto nel recente ricovero presso l’Ospedale San Giuseppe di Albano
Laziale.
Sin dall’incontro con l’infermiere dell’autoambulanza, chiamata con
il 118, seguito dal pronto soccorso e ricovero prima nella Divisione di
Chirurgia e successivamente in quella di Medicina, mia madre è stata
accolta e trattata – dal personale tutto – con rispetto, sollecitudine
e competenza professionale.
Nel nostro tempo, caratterizzato dal cosiddetto pluralismo di opinione e
da uno pseudo clima democratico; dominato dall’informazione spesso
irresponsabile; la nostra quotidianità è continuamente disturbata,
sconvolta e deformata da giudizi avventati, da critiche facili e da
comportamenti di reazione e d’avversione inusitati e folli. Fa piacere,
ogni tanto, sfatare le dicerie e sperimentare che il mondo non va sempre
come predicano i media. Per questi motivi, vorrei che Lei comunicasse ai
Responsabili dei Reparti e delle Divisioni la nostra riconoscenza, i
nostri ringraziamenti e la mia personale stima, per l’opera di servizio
che svolgono nei confronti della Comunità dei cittadini. Molti cordiali
saluti. Sergio Faini |