I
Fioretti e il Social Forum di Firenze
(Luca
Ceccarelli) - Il
diciannovesimo capitolo dei Fioretti di San Francesco fa
riferimento ad un episodio relativo alla fase più tarda della vita del
santo, che, funestato da una malattia agli occhi, venne consigliato dal
cardinale Ugolino di Rieti, suo amico e protettore, di recarsi a Rieti
“dov’erano ottimi medici d’occhi”.
A Rieti,
la folla ad attenderlo era immensa, e il santo, ormai malandato di salute,
non si sentì di andarle incontro. Preferì pertanto rifugiarsi in una
chiesa di campagna nelle vicinanze della cittadina. Ma la popolazione
scoprì il rifugio di Francesco, e andò a cercarlo lì. Questa cura di
campagna aveva annesso un vigneto, e con la folla immensa che accorreva a
visitare il santo e a cercare da lui parole di conforto, accadde «che la
vigna della chiesa tutta si guastava e l’uve erano tutte colte. Di che
il prete forte si dolea nel core suo, e pentessi ch’egli avea ricevuto
santo Francesco nella sua chiesa». Francesco comprese il pensiero del
prete, anche se quest’ultimo evidentemente non si era permesso di
rivelarglielo apertamente, lo mandò a chiamare e gli domandò molto
amorevolmente quanto vino rendeva la vigna, e quando il prete gli rispose
che rendeva “dodici some” (che naturalmente, con l’invasione della
folla erano andate tutte perdute) Francesco gli disse: «Io ti priego,
padre, che tu sostenga pazientemente il mio dimorare qui alquanti dì, però
ch’io ci truovo molto riposo, e lascia torre a ogni persona dell’uva
di questa tua vigna per lo amore di Dio e di me poverello; e io ti
prometto dalla parte del mio Signore Gesù Cristo, ch’ella te ne renderà
uguanno venti some». Il prete accettò, San Francesco continuò a stare
nella chiesa e a ricevere le persone, molte delle quali se ne ripartivano
illuminate dalle sue parole, e a volte sceglievano addirittura di
dedicarsi alla vita consacrata. Nel frattempo, la vigna veniva privata di
quasi tutta la sua uva, di cui non rimasero che alcuni grappoli. Ma quando
questi pochi grappoli superstiti vennero raccolti e vendemmiati, ne
uscirono fuori le venti some promesse. «Maravigliosa cosa! La vigna fu al
tutto guasta, sicché appena vi rimasono alcuni racimoli d’uve. Viene il
tempo della vendemmia, e ‘l prete raccoglie cotali racimoli e metteli
nel vino e pigia, e secondo la promessa di santo Francesco, ricoglie venti
some d’ottimo vino».
La
grande folla che accorse da San Francesco nella cura di campagna vicino
Rieti era una massa di ladri che ha devastato la vigna, oppure una folle
di persone bisognose di conforto, che nel santo di Assisi trovavano la
pace interiore? Forse un po’ dell’uno e un po’ dell’altro: ci
furono conversioni ma anche qualche furto di uva. Ma alla fine, davanti
alla meraviglie operate dal santo, anche le ferite alla vigna si
rimarginano più facilmente. Anche dal punto di vista del curato.
Come si
evince da questo racconto, l’importante è il punto di vista da cui le
cose si guardano. Il Social Forum che si è recentemente concluso a
Firenze veniva presentato da molti come una calamità, che avrebbe portato
una serie di devastazioni ai monumenti plurisecolari e agli esercizi
commerciali. Qualcuno, perfino, se lo augurava per poterci speculare
politicamente. E i timori non erano del tutto infondati, dal momento che
le dichiarazioni di alcuni portavoce di dubbia rappresentatività
apparivano alquanto bellicose, speculari del resto a quelle di alcune
frange delle forze di polizia, interessate più alla repressione che al
mantenimento dell’ordine.
E
invece, anche se qualche piccolo disagio per gli abitanti c’è stato, si
è parlato di pace, giustizia sociale, ecologia, e, non a caso, anche di
nuovi orizzonti della spiritualità e di rinnovamento della Chiesa. E
quando si ascoltavano gli esponenti della Rete di Lilliput parlare di
commercio equo e solidale si sentivano echeggiare nei loro discorsi
contenuti molto affini a quelli dei documenti di dottrina sociale della
Chiesa cattolica, dai Padri della Chiesa fino alle encicliche dei papi
dell’epoca contemporanea. Verrebbe da stupirsi, a tal riguardo, del
fatto che quando determinati principi restano in astratto, sui documenti
del magistero vaticano, vanno bene a tutti, compresi i più accesi
fanatici del liberismo in economia. Quando invece vengono sperimentati nel
concreto, arriva qualcuno che accusa i loro promotori di astrattezza. È
evidente che i conti non tornano, ma ora, se non altro, cominceranno a
venir meno le accuse generalizzate
di rozzo teppismo. |