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Sommario anno XI numero 4 - aprile 2002

 GASTRONOMIA - pag. 14

La conservazione del colore


Giancarlo Tomassi

Prosegue la pubblicazione della rubrica di gastronomia curata dal professor Giancarlo Tomassi dell’I.P.S.S.A.R. “P. Artusi” di Roma. Questa parte è tratta dal suo testo “L’alimentazione ideale - Cuocere e mangiare senza ammalarsi”.

 


Adesso vediamo come bisogna regolarsi per il mantenimento del colore di un or­taggio, elemento importante non per la conservazione del suo valore nutritivo, ma per la sua appetibilità perché gli conferisce un aspetto allegro, decorativo, attraente.
Vegetali gialli
(carote, zucche, ecc.)
.
La colorazione giallo-arancione di questi vegetali è dovuta ai carotenoidi, pigmenti insolubili in acqua, resistenti al calore, agli acidi e agli alcali.
In conclusione, questi ortaggi, praticamente, conservano inalte­rato il loro caratteristico colore giallo.
L’imbrunimento che si verifica sulla superficie dei vegetali gialli cotti al calore sec­co è dovuto alla caramellizzazione più o meno parziale degli zuccheri in esso presenti.
Vegetali rossi
(ravanelli, barbabietole, cavoli rossi, ecc.).
In questi ortaggi la colorazione è dovu­ta alle antociane, pigmenti solubili in acqua, resistenti al calore, non resistenti, invece agli alcali, tanto che in ambiente alcalino, a seconda del grado dell’alcalinità, passano dal rosso al porpora, al turchino, al verde. Agli acidi sono resistenti, infatti debbono essere cotti in acqua acidificata da succo di limone o di aceto per meglio conservare il loro caratteristico colore.
Fanno eccezione le barbabietole, perché l’acidità del loro succo è già sufficiente a mantenere il colore, soprattutto se cotte in re­cipiente coperto.
È bene non cuocere i vegetali rossi in recipienti di ferro o di
stagno perché dannosi alle antociane.
Vegetali bianchi
(cavoli bianchi, finocchi, ecc.).
Il bianco è dovuto ai flavoni (abbondanti in tutti i vegetali), pigmenti solubili in acqua, virano al giallo in ambiente alcalino mentre rafforzano il bianco in ambiente aci­do, per cui anche questi vegetali richiedono l’acidificazione dell’acqua di cottura e un tempo di cottura sufficiente ma non prolungato, soprattutto se cotti in recipien­ti di metallo, perché le sostanze coloranti passate in soluzione entrano in combinazione con il metallo e fanno acquistare al vegetale antiestetiche sfumature nerastre, le quali però, possano anche manifestarsi, non per i flavoni, ma per reazioni tra altri minerali contenuti nel vegetale stesso, come il ferro e lo zolfo.
Per conservare bianco il finocchio, il cardo o il carciofo, come sostanza acidificante deve essere usato il succo di limone. Per i cardi e i carciofi è, forse, preferibile usare il “bianchetto”, cioè acqua con farina (si prepara aggiungendo qualche cucchiaiata di acqua a 25 gr. di farina bianca, poi si amalgama bene in mo­do da evitare la formazione di grumi, quindi si aggiunge   un litro di acqua fredda, si mescola bene e si passa al passino molto fi­ne. In questa acqua si cuociono i finocchi, ecc.).
Vegetali verdi
(bietola, spinaci, lattuga, cicoria, indivia, ecc.).
Il pigmento che dà la colorazione verde a questi alimenti è la clorofilla, sostanza neutra insolubile in acqua e sensibile all’azione degli alcali, degli acidi e del calore pro­lungato, infatti i primi ravvivano il verde, mentre gli altri lo “scoloriscono”, ossia:
a) alcalinizzare, per es. col comune sale da cucina (NaCl), l’acqua di cottura, si­gnifica  far trasformare la clorofilla in clorofillina, che ha un colore verde più inten­so. Non è però consigliabile l’alcalinizzazione del mezzo di cottura perché si provoca un depauperamento del contenuto vitaminico dell’alimento;
b) acidificare, per es. con il succo di limone, l’acqua di cottura significa far tra­sformare la clorofilla in feoftina, che fa assumere al vegetale un colore verde oliva, per cui diventa poco appetibile;
c) la cottura prolungata si comporta nella stessa maniera degli acidi, perché appun­to favorisce la fissazione degli acidi contenuti nel vegetale stesso.
Quindi in conclusione per meglio conservare il colore degli ortaggi verdi, bisogna:
1) allontanare gli acidi naturalmente in essi contenuti, quali durante la cottura si li­berano e, se non allontanati, entrano in contatto con la clorofilla e ne alterano il colore.
L’allontanamento si ottiene ricorrendo ad una cottura di breve durata e in recipien­te scoperto, perché così si facilita la fuoriuscita degli acidi della compagine cellulare;
2) l’immersione deve avvenire in acqua in piena ebollizione e sufficiente a som­mergere completamente la verdura, per facilitare la neutralizzazione degli acidi non vo­latili, eccezione fatta per le verdure di facile cottura, come per es. gli spinaci.
L’ebollizione deve essere tumultuosa, per tutta la durata della cottura.


Sommario anno XI numero 4 - aprile 2002