Sommario anno XI numero 4 - aprile 2002
I
NOSTRI PAESI -
pag. 04
Divagazioni
da un pomeriggio a Colonna
(Luca
Ceccarelli) -
È un primo pomeriggio di inverno avanzato. A Colonna la temperatura è
mite e il cielo sereno. La visuale del paesaggio circostante, con le
modeste alture dei Colli Albani e dei Monti Prenestini e le case e i radi
alberi nella vallata sottostante, è appena velata dalla foschia. Sono
nella piazzetta della chiesa barocca di San Nicola. Più in alto, il
Palazzo Colonna, con la sua mole scura e severa, sormontato dalla torre
con l’orologio. I passanti sono rarissimi, intorno a me il silenzio è
pressoché assoluto, tranne le campane in cima alla torre che scandiscono
le ore: prima tre quarti, la campana più piccola, dallo squillo
argentino, poi le due, quella più grande, dallo squillo tonante.
Questo paese nel Medio Evo fu il punto di partenza dell’espansione a
macchia d’olio della famiglia Colonna ben oltre i confini del Lazio. La
casata nacque all’inizio del XII secolo, quando Tolomeo e Pietro, figli
di Gregorio II conte di Tuscolo, si divisero i possedimenti paterni. A
Pietro spettò il territorio di Monteporzio con le sue propaggini
settentrionali. Tra queste ultime vi era l’antica città di Labico
Quintanense, fiorente nel periodo del tardo Impero romano (divenne anche
sede episcopale), e successivamente decaduta, a seguito della guerra
greco-gotica, e poi delle scorrerie di cui venne fatta oggetto da parte
dei Normanni e dei Saraceni, che indussero molti abitanti a rifugiarsi
sulle alture circostanti. Il nome moderno, Castrum
Columnae, sembra derivare dalla presenza, ancora nel Medio Evo, di
colonne vestigia dell’epoca romana (ne sopravvive una, proprio dietro al
Palazzo Colonna).
Nell’Enciclopedia
storico-nobiliare italiana (edizione di Bologna del 1928) alla voce
Colonna leggiamo che presto la famiglia si divise in più rami «uno dei
quali divenne signore di Palestrina, l’altro di Zagarolo, mentre altri
divennero duchi di Traietto e conti di Fondi, duchi di Paliano e
Tagliacozzo, principi di Sonnino e di Stigliano nel Regno di Napoli». Fu
un’espansione caratterizzata anche da vicissitudini burrascose, come il
violento scontro che contrappose i Colonna, di simpatie ghibelline, a
Bonifacio VIII, e nel 1298 indusse quest’ultimo a sottrarre alla
famiglia i suoi possedimenti e a radere al suolo il paese, insieme a
Palestrina. Con l’avvento al pontificato di Clemente V, alcuni anni
dopo, i Colonna tornarono in possesso dei loro feudi, compreso il Castrum
Columnae, che tennero fino al 1662 quando venne acquistato dai
Ludovisi, che nel 1710 lo cedettero ai Rospigliosi Pallavicini. La rocca
originaria doveva essere alquanto diversa dall’attuale palazzo, che nel
suo aspetto odierno risale al Cinquecento. Del resto, il borgo antico
sembra non aver conservato praticamente niente dell’impianto medievale,
risalendo semmai anch’esso ai secoli dal Cinquecento in poi.
Il borgo de la Colonna è il più
piccolo dei Castelli Romani, e quello più spostato a Nord. Troppo piccolo
per essere annoverato da Gabriele D’Annunzio tra le “Città del
silenzio” che ebbero in passato una storia gloriosa di cui oggi
rimangono solo le vestigia monumentali (semmai D’Annunzio preferiva il
più boscoso e pittoresco paesaggio dei laghi, a cui dedicò una delle sue
Elegie romane).
Forse Colonna non sarà il più splendido tra i Castelli, ma, soprattutto
nel torpore di questa controra invernale, tra la festa di Sant’Antonio
Abate appena passata e il Carnevale Colonnese ancora di là da venire, è
quello che mi piace di più.
La
“Mostra Mercato dell’Antiquariato”
(Silvia Cutuli) -
Sensazioni di tempi che furono rivivono ad Albano Laziale, ogni seconda
domenica del mese nei vicoli attorno Piazza San Pietro, in occasione della
“Mostra Mercato dell’Antiquariato”.
Approfittando del clima quasi primaverile, domenica dieci, molti hanno
passeggiato tra le bancarelle dalla mattina fino al tramonto, condividendo
l’idea degli organizzatori di rivalutare tutto ciò che appartiene al
passato.
Per l’occasione si improvvisano espositori anche non professionisti, con
oggetti rigorosamente riemersi dalle cantine e dagli armadi; sui banchi
tornano a splendere le pietre di antichi gioielli e le pagine ingiallite
dei libri, regalano versi poetici. È un trionfo di porcellane dipinte,
con tazze ispirate alle stagioni e dedicate ai mesi dell’anno; sono
invece realizzati in vetro soffiato, calici e coppe con lavorazioni
bagnate in oro, d’argento è la posateria.
I professionisti del restauro e della riproduzione di mobili d’epoca,
espongono i migliori lavori dei loro laboratori quali scrittoi, sedie,
poltroncine, angoliere e vetrine.
Lo spirito di “mercatino” prende il sopravvento con il collezionismo:
si scambiano raccolte di fumetti di cui il più ricercato è Topolino,
intramontabile la passione per le monete ed i francobolli, ancor di più
ora che ha fatto la sua comparsa sui banchi anche la lira. Le schede
telefoniche anche internazionali sono molto richieste; più originali le
collezioni di cartoline ritraenti i capoluoghi italiani e quelle che si
ispirano alle sorprese delle merendine. Un espositore si è specializzato
in oggettistica militare, realizzando addirittura una raccolta di
cartoline e lettere provenienti dal fronte.
L’altra anima della mostra mercato è l’artigianato: quello locale
privilegia i lavori in terracotta e legno, l’uncinetto, il ricamo
e la pittura; di quello estero ammiriamo giocattoli di manifattura russa,
porcellane danesi e francesi, maglieria del Cile.
La vicinanza della festività di Pasqua ha ispirato il lavoro di un gruppo
di artigiani della zona di Albano, che hanno proposto uova di struzzo
dipinte a mano.
I visitatori si alternano ai diversi banchi,
spesso senza soffermarsi troppo a lungo, corrono avanti, distratti
e incuriositi da quello che ancora c’è da scoprire; al contrario gli
appassionati di antiquariato, osservano attentamente, studiano gli
oggetti, quasi li interrogano, ancor più scrupolosi sono i collezionisti.
Alla fine tutti si fanno rapire dall’atmosfera: … è come se il
passato fosse tornato ad essere presente per un giorno e
attraverso gli oggetti in mostra, ognuno ne ha rivissuto un
frammento.
Mostra
orchidee 12 – 14 Aprile 2002
Monte
Porzio Catone, che da alcuni mesi ha acquisito il titolo di Città,
dopo la prestigiosa Mostra Intercontinentale dell’Arte Presepiale
dello scorso dicembre, nei giorni dal 12 al 14 aprile 2002, ospiterà la
Mostra Intercontinentale delle Orchidee dal titolo “Orchidee
in CentrO”, giunta quest’anno alla VII edizione.
La Mostra, che nelle precedenti edizioni ha registrato la presenza di
circa 50.000 visitatori, verrà inaugurata il giorno 12 aprile alle ore
16,30 presso la Biblioteca comunale di Monte Porzio Catone e si articolerà
nelle vie del Centro Storico, dove i visitatori potranno ammirare
splendide orchidee.
Saranno presenti circa 25 espositori provenienti, oltre che dal nostro
Paese, anche da alcuni Paesi dell’Europa, quali la Francia, l’Olanda e
la Germania e da paesi quali la Thailandia e l’Ecuador; per
quest’ultimo parteciperà alla Mostra il più grande produttore di
Orchidee del paese sudamericano.
Inoltre, per quanto riguarda la Thailandia, é prevista la presenza di
un’importante Azienda produttrice di Orchidee, la Thai Orchids. Anche per quest’anno, uno spazio sarà riservato
all’Associazione DIMOS (Associazione Italiana Donatori Midollo Osseo)
che parteciperà alla Mostra con vendita di piante, il cui ricavato andrà
devoluto per la ricerca. La Mostra delle Orchidee è interessante sia per
la quantità e qualità delle specie esposte, ma soprattutto per la
dislocazione degli stands situati all’interno di cantine e tinelli,
nelle vie abbellite da fiori e piante, che daranno al visitatore
l’impressione di camminare su un prato fiorito.
Una novità di quest’anno é che le Poste Italiane saranno presenti,
nelle giornate del 13 e 14 aprile presso i locali della Pro Loco, per
effettuare un annullo filatelico in ricordo della manifestazione.
Da segnalare inoltre, la possibilità di visitare, durante il percorso, il
Museo Diffuso del Vino, sito in Via Vittorio Emanuele II.
Info: www.orchideempc.com o www.comune.monte-porzio-catone.roma.it
Uniti
contro il terrorismo
(Il Consiglio
Comunale unanime) -
Rufilli, Tarantino, D’Antona, Biagi e tanti, tanti altri.
Troppi, che hanno ingrossato le file dei martiri laici della nostra
Patria.
Troppi, stroncati dal piombo del terrorismo brigatista, rei soltanto di
professare e di sostenere le proprie idee, di perseguire con onestà un
impegno scientifico, sociale o di lavoro.
Un filo sottile, ma evidentissimo, li collega tutti: il disegno lucido e
criminale di sostituire la violenza alla libera dialettica e alla
democratica contrapposizione delle idee nelle Istituzioni Pubbliche, tra i
Partiti e tra le forze sociali, protagonisti necessari della sussistenza
civile dello Stato.
Istituzioni pubbliche, partiti politici, forze sociali e cittadini tutti
che debbono unirsi, senza distinzione alcuna, per sconfiggere questo
terrorismo sanguinario che costituisce il cancro della Società e punta a
minarne le fondamenta, riportando indietro l’orologio della Storia.
Conformandosi all’appello e all’insegnamento del Presidente Ciampi, le
libere istituzioni, le forze politiche, i cittadini tutti, in una
rinnovata e forte unità di intenti hanno il dovere di marcare i confini
della libera iniziativa politica, perché da una parte prosperano la
democrazia, la libertà, il necessario e virtuoso confronto delle idee, la
facoltà di emendare le regole ispirate alla crescita del bene comune;
mentre dall’altra, dove germoglia la mala pianta del terrorismo,
troviamo soltanto la fine della società civile, l’ingiustizia, la
prevaricazione e la barbarie più profonda.
Non vi sono dubbi. Il terrorismo alza la voce e, purtroppo, il tiro,
quando ritiene che i propri gesti, seppure criminali, possano trovare
sacche di scellerato consenso.
Bisogna spuntare quest’arma! Anche negando all’azione terroristica
ogni attenuante; anche moderando i toni del confronto politico; anche
rifiutandosi di criminalizzare le proposte e le scelte di chi è chiamato
legittimamente a proporre e a scegliere; anche restituendo alla dialettica
democratica credibilità e legittimazione, partendo dal presupposto,
fondamentale ed indefettibile, che tutti i soggetti della vita pubblica
hanno pari dignità e che alla fine le decisioni validamente assunte nei
consessi deputati valgono per tutti, al di là della libertà di critica e
di condivisione.
Il Consiglio Comunale di Nemi esprime il proprio profondo cordoglio alla
famiglia del professor Biagi, e particolarmente alla moglie e ai figli.
Auspica con fermezza che il sacrificio d’un intellettuale onesto ed
indipendente, di un professionista della scienza del Diritto, di un uomo
mite ma forte del coraggio delle proprie idee, non sia vano per l’Italia
di oggi e per quella che lasciamo alle generazioni future - che speriamo
possa essere sempre migliore se sapremo renderla più giusta e più
libera.
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