Sommario anno XI numero 2 - febbraio 2002
CINEMA
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pag. 21
"La vera storia di Jack
lo Squartatore"
(Domenico Di Pietrantonio).
Sul finire dell’800, nella Londra vittoriana, un misterioso assassino si
rende autore di ripetuti omicidi e mutilazioni di prostitute. L’efferatezza
dei delitti ed il fatto che l’autore di questi resterà impunito,
forgiano la leggenda di Jack lo Squartatore, la cui sinistra fama resiste
fino ai giorni nostri.
Questo film è l’ennesima rilettura del "mito" del misterioso
assassino i cui delitti insanguinarono realmente il quartiere di
Whitechapel, in un’epoca in cui la parola "serial killer"
ancora non era stata coniata.
I fratelli Hughes firmano questo lavoro, staccandosi dalle loro precedenti
fatiche, tutte incentrate sulla vita difficile nei ghetti americani. L’unica
analogia riguarda appunto il luogo in cui agisce l’assassino, anche qui
un quartiere disagiato e povero.
L’atmosfera e l’ambiente del film sono gli elementi chiave: realmente
convincenti le scene nelle strade. Le sequenze sono piene di colori scuri
e tinte fosche, quasi che l’angoscia che attanaglia le possibili vittime
dell’assassino si materializzi nelle viuzze che finiscono nel buio e
nelle sudicie case cadenti.
Johnny
Depp veste per l’ennesima volta i panni dell’investigatore di turno,
replicando un ruolo che ricorda da molto vicino quello già impersonato
nel bizzarro "Il mistero di Sleepy Hollow". Stavolta il suo Fred
Abberline non è un uomo che agisce razionalmente contro il paranormale.
Si deve confrontare con un assassino in carne ed ossa e con un mistero
intricato le cui fila sono tenute addirittura da Buckingham Palace (è il
teorema su cui si fonda il film), e viene aiutato in questo da un suo
sesto senso che lo fa immedesimare per brevi tratti con l’assassino; è
dedito ai vizi proibiti dell’epoca, ma questo non gli impedirà di
arrivare fino al cuore del problema.
Heather Graham è Mary Kelly, una giovane irlandese emigrata a Londra che
ben presto si ritrova sul marciapiede per poter sopravvivere, possibile
vittima di Jack, che incontra Abberline e decide di aiutarlo nelle
indagini, non senza esitazioni.
Attorno a loro uno stuolo di personaggi in linea con l’epoca ed i
bassifondi attraverso i quali si dipana la vicenda.
Complessivamente un lavoro riuscito, da godersi calandosi nelle atmosfere
di quei tempi, opache e fosche. Gli autori non ci fanno sapere se l’interpretazione
del film autorizzi maliziose riletture anche di fatti recenti, ma forse è
meglio pensare che il film sia tutto un’opera di fantasia. E che -bene o
male- il fascino di Jack lo Squartatore è arrivato intatto anche al
secondo millennio.
Ocean’s eleven
(Domenico Di Pietrantonio).
Danny Ocean (George Clooney) è un disinvolto criminale che, appena uscito
di galera, raduna un gruppo di talentuosi imbroglioni per il colpo del
secolo. L’obiettivo è quello di ripulire un caveau che serve come
deposito a ben tre casino adiacenti di Las Vegas, appartenenti ad un unico
proprietario (Andy Garcia). La vicenda della preparazione e dello
svolgimento del colpo si intreccia con la scoperta del fatto che Ocean ha
pensato il piano anche per poter riconquistare l’ex-moglie (Julia
Roberts), ora sentimentalmente legata al padrone dei tre casino sotto
tiro; una vicenda che sa di già visto, dato che un personaggio di Clooney
aveva già agito con lo stesso recondito intento in "Fratello dove
sei?".
Il film è il rifacimento del vecchio "Colpo grosso", un film
all’epoca studiato per poter dare una ribalta corale ai componenti del
clan di Frank Sinatra.
Di
film corale si tratta anche in questo caso, con un parata di stelle
contemporanee di sicuro richiamo. Brad Pitt e Matt Damon sono infatti gli
altri nomi presenti a comporre un cast che promette sfracelli ai
botteghini.
La vicenda si fa apprezzare per la scorrevolezza, il buon ritmo, lo humor
leggero che innaffia lo svolgimento. Soderbergh, illumina il tutto con
trovate registiche piazzate di tanto in tanto, quasi a non voler rubare
troppo la scena a tanti nomi.
L’impressione che rimane alla fine è in ogni caso quella di un film
autoreferenziale ed autocelebrativo. Tutti hanno il proprio momento di
gloria e la propria battuta ad effetto, anche se si ha la netta
impressione che un paio di personaggi siano superflui. Non rimarrà negli
annali come capolavoro, ma certo fa passare una bella serata.
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