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Sommario anno XI numero 2 - febbraio 2002

 STORIA - pag. 14


Il processo a papa Formoso

Roma - San Giovanni in Laterano(Luca Ceccarelli) - La fine del secolo nono fu uno dei momenti più bui della storia di Roma. Ancora scosso dalle incursioni dei saraceni, che qualche decennio prima avevano saccheggiato le basiliche di San Pietro e San Paolo, negli ultimi decenni del secolo e poi nel secolo successivo il popolo romano dovette subire il succedersi di pontificati di breve durata e destinati a terminare tutti tragicamente. Tra di essi in particolare va menzionato quello di Stefano VI, che, salito sul soglio pontificio con l’appoggio della fazione di Spoleto, e rimastovi per soli due anni, si distinse per il processo al cadavere di Papa Formoso, forse la più fosca vicenda della storia romana.
Quest’ultimo, già vescovo di Portus (l’odierna Isola Sacra), era un uomo di grande rettitudine, che aveva regnato dall’891 all’896, sostenendo la fazione spoletina, rivale dei tedeschi, il che lo portò ad incoronare Guido di Spoleto imperatore, e a designare il di lui figlio principe ereditario. Poi, spaventato delle pretese egemoniche degli spoletini, chiese aiuto ad Arnolfo, re di Germania, che scese in Italia e venne incoronato a sua volta Imperatore.
La morte di Formoso, di lì a poco tempo, fu dovuta forse ad un avvelenamento. Gli successe Bonifacio VI, rimosso con la forza dopo pochi mesi, e quindi Stefano VI, sostenuto dagli spoletini.
Per Stefano, e la sua fazione, il tradimento di papa Formoso era da considerarsi, evidentemente, un’intollerabile empietà, da riparare con un rito macabro ma che dal punto di vista di chi lo eseguì doveva essere di tutta serietà (bisogna considerare l’impostazione mentale per molti versi ancora paganeggiante degli uomini di quegli anni). Venne pertanto citato in giudizio Formoso, che, riesumato, spogliato delle vesti pontificali ormai logore, ricoperto di un candido amitto e fatto sedere su un trono nella sala del concilio in Laterano, fu processato davanti ad un sinodo. Al defunto era assicurato anche un avvocato: un giovane diacono che, come assicurano i cronisti, tacque per tutta la durata del processo ammutolito dal terrore. Alla salma, ormai in stato di avanzata decomposizione, venne chiesto come si chiamava, e gli vennero rinfacciate le imputazioni, tra cui la principale era che egli, essendo già vescovo di Portus, non avrebbe potuto accedere alla sede episcopale di Roma, e si era reso dunque colpevole di usurpazione.
Alla fine di una seduta piuttosto lunga, il sinodo pronunciò la sentenza: in essa venne dichiarata nulla l’elezione papale di Formoso, e tutte le ordinazioni da lui conferite. Inoltre, gli si recisero le tre dita con cui dava la benedizione, e fu ordinato di cancellare tutte le sue immagini. Il cadavere fu legato alla coda di un asino e trascinato lungo la Via Lata (attuale via del Corso) dalla folla, aizzata da un prete arruffapopolo di nome Sergio, e buttato in una fossa comune. Dopo alcuni giorni il cadavere fu riesumato e gettato nel Tevere con un peso al collo.
Ma nonostante il peso il cadavere sul fiume galleggiava, per la gran meraviglia della popolazione. E poco dopo che era stato eseguito il processo al cadavere del papa, la basilica lateranense, già scossa da un terremoto che aveva investito la città l’anno precedente, crollò in gran parte.
In questo evento si volle vedere un segno della collera divina per un gesto che dovette apparire a molti, nonostante tutto, di manifesta empietà. Poco dopo papa Stefano, caduto ormai in disgrazia, venne trascinato in una segreta del palazzo lateranense da alcuni sconosciuti e lì strangolato.
Sulla sorte del cadavere di papa Formoso ci sono versioni discordanti: dopo quaranta giorni da quando era stato gettato nel Tevere, trascinato dalla corrente per venti miglia, Formoso fu ritrovato da alcuni pescatori (quasi intatto, secondo la legenda) e questi lo avrebbero fatto seppellire in un cimitero di pellegrini. Ma secondo un’altra versione la "nuova" sepoltura di Formoso sarebbe avvenuta con tutti gli onori nella basilica di San Pietro ad opera di Teodoro II.
Secondo la legenda, nel momento in cui la salma veniva trasportata verso la tomba, le teste scolpite degli altri pontefici chinarono la testa in segno di deferenza. Ma fu un gesto che costò caro a papa Teodoro, che dopo venti giorni di pontificato venne assassinato. E non sarà certo l’ultimo papa a concludere la sua vita tragicamente.


Sommario anno XI numero 1 - gennaio 2002