Sommario anno XI numero 1 - gennaio 2002
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Riflessioni su:
“Il razionalismo
logico e l’immaginazione del trascendente”
(Sergio Maria Faini).
È possibile conciliare queste due espressioni dello spirito umano?
È possibile che il primo giustifichi la seconda, senza patire
d’arbitraria subordinazione?
Ci sono degli esempi nell’esperienza umana che inducono tali domande, la
cui risposta innesca una problematica apparentemente irrisolvibile.
È il caso del sentire religioso, la cui vita, e per la sua vivacità, si
espande in immaginazioni complesse e variegate, sollecitando la ragione
oltre le sue possibilità. Kant patì questo limite e denunciò, senza
mezzi termini, che “la ragione pone domande cui essa stessa non sa
rispondere”.
La storia degli uomini ha sempre raccontato, e ricorda ancora, questi
eventi con la rappresentazione del “sentire umano” che si estrinseca
in più “concezioni del mondo”; tutte, o quasi tutte, centrate sul
rapporto dell’uomo con il Divino: tutte, comunque, coinvolgenti
l’immaginazione del “trascendente”.
Platone esorta gli uomini a vivere in funzione di un aldilà; di
un’esistenza post mortem nel mondo delle idee, perfetto, e superiore al
mondo sensibile, fisico, terrestre. Circa nello stesso periodo, si sono
diffusi gli insegnamenti del Buddha, con contenuti ideali simili.
Buddha e Platone – ma non solo loro, Pitagora e Socrate, per citarne due
tra i più famosi – hanno immaginato, o intuito, una realtà sensibile
di passaggio, di lavoro catartico, di purificazione in funzione di
un’altra realtà, o meglio della Realtà con la erre maiuscola,
trascendente la conoscenza terrena. Entrambi presentano e denunciano gli
impedimenti causati dall’ignoranza (il mito della caverna) e connessi
con le seduzioni del corpo materiale (l’illusione del desiderio); ed
entrambi sollecitano gli uomini a percorrere una vita diversa, ideale,
“più spiritualizzata”.
È appunto il sentire – stretto dalla e nella sofferenza del vivere
quotidiano: normalmente inspiegabile, o spiegabile solo in parte, dalla
ragione – che fugge dalle maglie del divenire e si rifugia nel
trascendente.
Da qui, il fiorire delle multiformi proiezioni nell’ultraterreno;
l’elaborazione delle complesse concezioni del mondo; le infinite
ricerche di sostegno e di giustificazione razionali; da qui, la nascita e
la differenziazione delle religioni; il moltiplicarsi delle speculazioni,
filosofiche e teologiche, più ardite; da qui, infine, il bisogno di
sostegno, di testimonianza e di “prova”, nella Rivelazione, nei Libri,
e nelle “intuizioni” dei Grandi Saggi e Maestri d’ogni epoca.
Noi siamo convinti che il sentire, primaria e ineludibile espressione del
cuore, sia una peculiarità e un organo-guida dell’essere umano oltre se
stesso. Crediamo, inoltre, che tale estrinsecazione dello spirito abbia
accompagnato l’evoluzione umana sin dai primordi, indirizzando e
spingendo l’uomo cercante, attraverso rappresentazioni di pensiero e
intuizioni trascendentali, oltre la sua finitezza. Ma questa ricerca
speculativa, per una sempre maggiore conoscenza di se stesso e del mondo,
ha condotto l’uomo, purtroppo, a visioni e a concezioni del mondo molto
variegate, nelle quali il suo rapporto con il Divino, è, ahimè,
intensamente pensato e creduto in modi diversi, tanto da influenzare la
cultura e i costumi delle aggregazioni umane.
L’attuale avversione e intolleranza interreligiosa – che sembra
condurre a guerre tra le Grandi Religioni e tra le culture che le hanno
concepite e sostenute – ne è la drammatica prova.
Noi pensiamo – ma prima di noi moltitudini d’uomini lo hanno creduto e
lo credono tutt’oggi – che tutti i sentieri del sentire umano e
religioso conducano alla stessa meta: ad una visione unica del Divino Uno,
“Luce e Amore”. La maturità spirituale degli esseri umani, oggi molto
differenziata e subordinata al “pensare dialettico dei nostri tempi”,
tenderà a raggiungere, nel tempo, lo stesso livello – lo auspichiamo
profondamente – per guidare
tutti gli uomini verso la pace e verso una più elevata condizione
creativa. Prima di allora, si dovrà evitare di mettere in evidenza le
“diversità” – sempre indicate o mostrate sulla scia della
gratificazione intellettuale – essendo queste incomprensibili ad esseri
dal sentire molto diverso; si dovranno, invece, diffondere, con ogni
mezzo, gli elementi comuni d’ogni espressione religiosa ed indicare
l’essenza intrinseca del sentire religioso stesso: l’amore e la sua
benefica azione.
Ciò che dovrebbe unire fraternamente l’ebreo, il cristiano-cattolico,
il musulmano, il cristiano-riformato, il buddista, l’induista e il
fedele d’ogni altro credo religioso è l’esistere stesso, terreno e
quotidiano; il medesimo destino di sofferenza; e, soprattutto, la speranza
di poter costruire insieme un mondo migliore per le future generazioni. I
contenuti e i punti di forza d’ogni religione dovrebbero essere
utilizzati nell’aiuto reciproco – e per mezzo dell’esempio – per
la trasformazione catartica e per la creazione di un mondo manifestante
Amore.
Aspirazione? Visione utopistica? Credenza fideista? O semplice buon senso?
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