Sommario anno X numero 10 - ottobre 2001
I
NOSTRI PAESI -
pag. 07
rocca
di papa
Elezioni e nuvole
di Gianfranco Botti
Non
c’è dubbio i tempi d’oggi spingono all’individualismo, che
riconosce all’individualità un valore autonomo, irriducibile all’ordine
politico di cui fa parte. Solo la persona conta, più del contesto sociale
in cui è inserita, dal quale si sente sganciata e più titolata nel
conseguire interessi.
E i tempi spingono alla frammentazione, che prevede una società divisa in
spezzoni, ognuno dei quali non unito e fuso con l’insieme in cui è
naturalmente incluso. La frammentazione ha luogo quando le persone
giungono a vedere se stesse in termini sempre più separati, ovvero come
individui sempre meno legati ai loro compaesani da una comunanza di scopi
e di simpatia.
Un paese in cui gli esseri umani si riducono nella condizione di individui
"rinchiusi nei loro cuori" è un paese in cui pochi vorranno
partecipare attivamente all’amministrazione. La maggioranza preferirà
"starsene a casa" e godersi la vita privata. Con il timore (o
con la certezza) che gli uomini arrivino fin troppo facilmente ad
accettare di essere governati da occasionali combutte di potere.
La frammentazione nasce in parte da un indebolimento dei vincoli di
umanità, ma in parte si autoalimenta attraverso il fallimento della
stessa iniziativa democratica. I legami di simpatia con gli altri, già
declinanti, sono ulteriormente indeboliti dalla mancanza di una comune
esperienza d’azione, e un senso d’impotenza fa si che ogni tentativo
appaia una perdita di tempo. Naturalmente ciò rende la situazione davvero
senza speranza, e s’instaura un circolo vizioso. Infatti più un
elettorato è frammentato, tanto meno sarà possibile mobilitare
maggioranze democratiche intorno a un orizzonte comune di programmi e di
politiche. Un raggruppamento parziale, compattato dalla smania di potere,
riesce magari a prevalere, ma l’idea che la maggioranza della
popolazione possa formulare e condurre in porto un progetto comune appare
un’ingenua utopia. E così la gente getta la spugna.
Quando la partecipazione declina, quando le associazioni laterali che ne
erano i veicoli si dissolvono, il singolo cittadino è lasciato solo di
fronte alla giunta e agli uffici, e si sente, non a torto, impotente. Ciò
demotiva ancor di più il cittadino, e arriviamo così al circolo vizioso
di un "dispotismo morbido". Perché, allora, ciò che rischiamo
di perdere è il controllo politico sul destino del nostro paese, ossia
una facoltà che potremmo esercitare in comune in quanto rocchiciani. La
libertà politica, cioè. E’ minacciata la nostra dignità in quanto
paesani. Le scelte residue non sarebbero più compiute da noi, ma da un
potere distante da noi, ritenentesi non obbligato a fornire spiegazioni, a
impiegare logica e trasparenza, ad accollarsi le responsabilità.
Per questo: "dispotismo", perché al disopra di ogni rendiconto.
Per questo: "morbido", perché non tirannico in senso
tradizionale, ma come uno slittamento della democrazia verso il potere
tutelare, esercitato con la pavida, pigra acquiescenza di chi a abdicato
al proprio diritto-dovere di sovrintendere, in quanto appartenente, alla
"comunitas". Di fronte alla quale, i cittadini che tralasciano d’interessarsene
non sono cittadini bravi perché non speculatori, restano cittadini
inutili.
velletri
Palestina anno 2000
di Eliana Rossi
Nel
corso di una significativa cerimonia, il cui tema ispiratore era la pace,
svoltasi presso il villaggio “Mamma Franca”, l’artista Franco
Guadagnuolo ha presentato un dipinto dalle dimensioni di 4 metri per 1,65
intitolato “Palestina Anno 2000”.
“Volevo dare un messaggio di pace nell’Anno Santo – spiega
Guadagnuolo – e “Palestina Anno 2000” rappresenta lo stato
attuale”. Nel suo intervento S.E. Mons. Carlo Maria Erba, Vescovo della
Diocesi di Velletri, dopo aver ricordato il delicato momento che gli stati
d’Israele e la Palestina stanno attraversando, ha sottolineato come
“anche noi con questo grande dipinto possiamo tener vivo il desiderio di
una pace giusta. Una pace alla quale, nonostante tante difficoltà, non
dobbiamo mai stancarci di mirare”. Il sindaco Bruno Cesaroni che di
recente è stato in Palestina ha aggiunto
che “le speranze di pace non sono molte e mi auguro che l’opera
di Guadagnuolo, destinata a girare fra le varie nazioni e a giungere a
Gerusalemme quando finalmente arriverà la pace, possa dare un contributo
di speranza ai due popoli in guerra”. Tra le altre personalità presenti
alla cerimonia, l’Assessore all’Urbanistica Rossano Favale e il
critico d’arte, Franco Campegiani. Il dipinto di Guadagnuolo comprende
oltre cinquanta figure racchiuse in un complesso scenario, dove si celebra
la morte e la vita, l’eterna
lotta di liberazione dalla violenza e dall’odio. Il dipinto
“Palestina Anno 2000” è nato in occasione del viaggio che una
delegazione dell’intergruppo Parlamentare per il Giubileo ha effettuato
in Terra Santa, guidata dalla senatrice Ombretta Fumagalli Carulli, con i
senatori Callegaro, Lombardi Satriani, Lorenzo Gulli e il M° Guadagnuolo.
Nel corso della visita al presidente Arafat la delegazione ha donato
un’opera dell’artista denominata “Pace”, nella quale, tra
l’utopico e il profetico, interpreta lo storico incontro, avvenuto ad
Oslo nel 1993, tra palestinesi e israeliani.
rocca
di papa
Piazza Vecchia
di Gianfranco Botti
Se mai fossi
tenuto a dare consigli, un’affermazione mi sentirei di farla con
tranquillità: mai ritenere attendibile un giudizio dato su una
prestazione lavorativa o artigianale o professionale da chi fa lo stesso
lavoro, lo stesso mestiere, la stessa professione. Cioè, non è credibile
un medico che giudica l’operato di un altro medico, un meccanico che
giudica quello di un altro meccanico, un muratore che giudica un altro
muratore, un violinista che giudica l’esecuzione di un altro violinista.
I giudizi tra colleghi sono inaffidabili non tanto, o non solo, per
malignità e rivalità, quanto per naturale senso d’amor proprio. Tu non
puoi esse, perciò non sei, migliore di me.
Primi di settembre, Centro Anziani, a proposito del senso unico di
Viale Enrico Ferri.
"Tanto è inutile che quelli del centro protestino. Se il senso unico
fosse rovesciato, con Viale Enrico Ferri percorribile in discesa, penati
sarebbero pure i prataroli, costretti a fare Via Roma per risalire. Così,
potendo scendere per i Peschi e Carpino, risentono niente"
Un conoscente, incaricato da un amico politico di seguire tutto
quello che si produce circa "Roma, Regione e Area
Metropolitana", mi raccomanda: "Sappi che quanto si sta
preparando sul futuro assetto istituzionale metropolitano è di importanza
assoluta per tutta l’area castellana, capace di segnarne non solo gli
sviluppi, ma anche le autonomie almeno per un bel pezzo del secolo.
Trattasi di un salto di qualità previsionale su temi assolutamente nuovi,
come quello di un modello omogeneo e integrato di territorio. E’
fortemente consigliabile, perciò, seguire da vicino l’impasto, stare
agganciati, attivi, per non restare a rimorchio o, peggio, tagliati fuori.
Informarsi e informare, questo è doveroso per i politici a vantaggio del
paese e dei paesani. Oggi è ancora tutto da definire e da perimetrare,
domani potrebbe non esserci più spazio per le proprie attività".
Tanto il conoscente mi riferisce. Io so che qui non abbiamo bisogno di
niente e di nessuno. Solo per scrupolo riporto.
Perché non si fanno arrivare i bus Cotral ai Campi?
Secondo me, si farebbe un piacere ai prataroli, risparmiandogli la
macchina guadagnando in basso preziosi posti di parcheggio lungo,
risparmiando una sfacchinata a chi la macchina non la prende. Al
riscontro, si renderebbe libero e, credo, facilmente disponibile, l’area
dell’ex funicolare, spazio pregiato, cubatura utilissima. A occhio e
croce, senza pretese, solo come base di partenza: come vedreste il
parcheggio multipiano?
Il futuro della capacità attrattiva di un paese si gioca oggi
massimamente sull’offerta di particolarità gradevoli.
Monte Porzio ha realizzato un museo del vino e dell’attività agricola,
e se lo fa fruttare. Noi, a fronte di quello che abbiamo perso potremmo in
parte rimediare con un museo di oggetti d’uso tradizionale, casalinghi,
boschivi, contadini. Avremmo a disposizione i locali attualmente occupati
dalla biblioteca, quando prima o poi si aprirà la nuova, e, come punto di
inizio, potremmo rifarci a quanto Zamira Croce negli anni ottanta, con la
Sagra delle Castagne ancora non diventata mercato magrebbino, realizzo,
con tanta buona volontà e con pochi riconoscimenti, a Piazza Vecchia.
Informarsi e farci pensierino.
Agosto, muore Gabriele Cocciarelli, 75 anni. Morte prematura, come
si dice. Ma ogni morte è precoce, 100 anni che sono? La scomparsa mi
tocca stretto. Gli ho voluto bene, è stato incisivo per me nell’adolescenza,
quando i sentimenti vergini s’impegnano inevitabilmente con chi vieni a
contatto. Gabriele è stato il mio primo presidente, come di tanti altri,
nell’Azione Cattolica, organismo il cui ruolo e la sua importanza
meriteranno menzione quando qualcuno vorrà raccontare il ‘900
rocchiciano. Per la presa che aveva su i giovani, la capacità di
aggregazione, la formazione religiosa, l’abitudine allo stare insieme.
Il primo presidente evidentemente è come il primo amore: non si scorda
mai. Altri ne verranno. Per me venne Mario Sabatini coi Canarini, poi
Peppe Lupardini con la Pro Rocca. L’ultimo che ho avuto è stato il
presidente degli Anziani: Come inevitabile.
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