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Sommario
anno X numero 7 - luglio 2001
STORIA - pag. 12 - 16
Castel S. Angelo: storia e ricordi di gioventù
di Alberto Restivo
Introduzione:
Le cronache contemporanee spesso ci portano sulle rive del Tevere ed è facile, per chi è
nato e vissuto in questa città, tornare indietro, al tempo di una prima giovinezza anni
50, quando al Tevere si andava per fare i bagni: era il dopoguerra e ancora molte
disponibilità non cerano.
Oggi, purtroppo, su quelle sponde ci si buca
e colui che sopravvive riprende il
motorino, che allora serviva ai "poveri ma belli" per portare la ragazza a
ballare, e riparte alla caccia di un nuovo scippo.
Eravamo un gruppo di studentelli diciassettenni, tutti nati e cresciuti nello stesso
quartiere, sempre insieme fino a che la vita non ci ha indirizzato verso altri destini e
per qualcuno, purtroppo, anche tragici.
Finito limpegno della scuola, ci ritrovavamo "Dar Ciriola", un pontile
attrezzato per prendere il sole e fare i bagni a ridosso delle monumentali arcate del
Ponte S. Angelo e, come esperti "fiumaroli", si noleggiava, anzi, si
"solava" una barca a fondo piatto e, sulleco degli improperi dei bagnini,
si attraversava il fiume che, allora, ti consentiva di bagnarti pur con le dovute cautele,
a ridosso del pontile stesso. Era il tempo del film "Vacanze romane" girato
anche in quel luogo e per premio di fine scuola ebbi in regalo la prima macchina
fotografica, con cui mi dilettavo a riprendere i monumenti ed i ruderi dellantica
Roma, suscitando il dileggio dei compagni di baldorie che non capivano la mia passione.
Castel S. Angelo non potè sfuggire alle mie attenzioni di fotografo dilettante anche
perché durante lanno scolastico era stato oggetto di una visita guidata con la
scuola e di una relazione scritta svogliatamente e che, quindi, risultò imprecisa e
frammentaria, dato che la visita per noi studentelli finì per essere un pretesto per
rivolgere lattenzione alle comitive di ragazze straniere con cui tentavamo vani e
pietosi approcci subito fustrati sul nascere dagli accompagnatori del gruppo.
Ma se a quelletà risultava pesante e noioso tutto ciò che la scuola ci obbligava a
conoscere attraverso lo studio, oggi con la maturità dovuta al trascorrere degli anni,
siamo portati a riflettere su quante cose avremmo potuto conoscere ed imparare a tempo
debito e tentiamo con tutte le forze e la volontà che ci restano di recuperare proprio
per non darla vinta al tempo trascorso.
E così ci piace, ancora oggi, rifare una visita guidata, non più da un dotto
accompagnatore, ma dai ricordi di tante cognizioni, informazioni rubate, nei momenti di
sosta, ad attività "professionali" più "importanti" e
"serie", e messe a dormire nellarchivio della memoria, ma sempre pronte ad
uscire, se sollecitate da una punta, spesso struggente, di malinconica nostalgia di ciò
che è trascorso.
Ciò è reso più facile dal fatto che rivedere
Castel S. Angelo significa rifare una visita abbastanza complessa a tutta Roma, poiché si
dovrà ricordare una Roma "romana", una "medioevale" ed una
"rinascimentale", oltre che riesaminare la zona del Vaticano fino ad arrivare
alla costruzione della tomba di Adriano e a tutte le fasi della sua trasformazione in
castello papale, così da conoscere oltre che la storia di Roma, anche quella del Papato.
Arrivando sullultima terrazza del Castello, infatti, si domina tutta la città con
le sue Basiliche, il Pantheon, lAra Pacis, le chiese
.. tante chiese, fra cui
quella di S. Andrea della Valle, storicamente legata al Castello per le note vicende di
Tosca e del pittore giacobino Cavaradossi
E ci pare poco?
Publio Elio Adriano
era nato ad Italica (Spagna) il 24 gennaio del 76 d.C. da P. Elio Adriano Afro e Domizia
Paolina.
Fra i numerosi personaggi che da Augusto fino al V secolo occuparono il trono imperiale di
Roma, Adriano, quanto a sensibilità per ogni forma di cultura ed amore per larte
ellenistica, occupa un posto preminente. Venne condotto a Roma in giovane età ed educato
sotto la tutela di Traiano, suo cugino, che gli fece sposare la nipote Vibia Sabina.
Succeduto a Traiano nel 117 d.C., mentre era governatore della Siria e contrariamente a
quanto avrebbero fatto in seguito gran parte dei successori, Adriano ispirò la sua
politica al fermo principio della sicurezza e della pace cui sacrificò anche la sua
abilità di condottiero: abbandonata lidea di una sempre maggiore espansione
dellimpero, si preoccupò di consolidare le frontiere dei vasti domini.
Lasciati liberi i territori recentemente conquistati al di là dellEufrate,
riorganizzò i confini dei territori in Asia minore e a settentrione costruì grandi opere
di fortificazione come il Vallo di Adriano in Britannia.
Le fonti descrivono Adriano come letterato e poeta di grande sensibilità con innato amore
per le scienze e le arti, larchitettura e larcheologia. I suoi molteplici
interessi lo spinsero ad interminabili viaggi in tutte le province dellimpero: dei
suoi 21 anni di regno ben 12 li trascorse lontano da Roma, in visite che arricchirono il
suo patrimonio culturale suggerendogli nuovi temi e soluzioni che avrebbe applicato a Roma
al suo rientro.
Esempio mirabile la Villa Adriana presso Tivoli, nella quale limperatore sembrò
voler trasfondere quanto di più suggestivo aveva potuto scoprire in Oriente ed in Egitto.
La riva destra del Tevere
fu scelta non a caso da Adriano per realizzare il Mausoleo: il motivo va ricercato nel
fatto che limperatore voleva costituire una linea di continuità con Augusto, il cui
Mausoleo è sulla riva sinistra del fiume, mentre la sponda destra aveva allora una
notevole importanza in quanto Adriano voleva dimostrare, come già aveva fatto per Villa
Adriana, che non amava eccessivamente soggiornare a Roma, sentendosi "cittadino del
mondo", diremmo oggi, e quindi proiettato verso lesterno. E visto che da quella
zona si diramavano la via Trionfale (che verrà detta Francigena nel Medioevo) e la via
Cornelia che tagliavano al centro lattuale via della Conciliazione portando verso il
Nord, Adriano scelse questo luogo in modo che il monumento fosse un segno di benvenuto, di
magnificenza e grandiosità per chi veniva da fuori.
La zona interessata era sul limitare di una vasta area che, già da molto tempo,
apparteneva alla famiglia imperiale: gli Orti di Domizia, figlia di Lucio Domizio
Enobarbo, console nel 16 a.C., ed avvelenata poi dal nipote Nerone, che ambiva ai suoi
possedimenti di Baia e di Ravenna. Larea era nellager vaticanus,
regione compresa fra il Tevere e i colli vaticani e conobbe notevole sviluppo ad opera
dellimperatore Caligola (37-41 d.C.) con la costruzione di un grande circo che si
affiancava al Circo Massimo: vennero sostenute ingenti spese per realizzare queste opere;
tra laltro, Caligola fece portare dallEgitto un obelisco (che oggi è in
Piazza S. Pietro), facendolo trasportare su di una nave costruita appositamente della
stessa lunghezza dellobelisco. Giunta a destinazione, la nave si insabbiò per il
peso del carico ed anche per gli innumerevoli problemi di attracco che aveva allora il
porto di Roma. In seguito, limperatore Claudio utilizzò quel materiale per la
ricostruzione del Porto.
Oltre al circo, abbiamo notizia di una naumachia (impianto per la esecuzione di battaglie
navali).
Fu soprattutto per merito di Nerone che larea si arricchì di viali, porticati,
fontane ed altri edifici che valorizzarono la zona che fu resa raggiungibile dalla riva
sinistra (e cioè dal Campomarzio) per mezzo di un ponte fatto edificare dallo stesso
Nerone e di cui ancora oggi si vede affiorare un pilone a valle del ponte Vittorio
Emanuele II.
Con lincendio di Roma, nel 64 d.C., la
tranquillità e la bellezza di quei giardini imperiali subirono un arresto in quanto lo
stesso Nerone fu costretto ad ospitare in quella zona (detta nel Medioevo Prati di Nerone
e da qui il nome al Rione Prati) la popolazione rimasta senza case. Analogamente a come
accade in casi di calamità naturale, anche allora quella che doveva essere una
sistemazione provvisoria, divenne col tempo una sistemazione definitiva: la popolazione
trovò in quei luoghi stabili radici, dando vita a quello che dal VI° secolo in poi venne
chiamato Borgo, dal gotico Burg.
LAger Vaticanus rimase famoso, oltre che per una necropoli pagana sorta
insieme ai superstiti dellincendio, anche perché vi trovò modesta sepoltura
lapostolo Pietro. Altre tombe pagane erano sparse un po dovunque
nellarea vaticana, tra cui una a forma di piramide detta "Meta Remi"
di circa dieci metri più alta di quella di Caio Cestio presso Porta S. Paolo e
detta invece "Meta Medici" nel Medioevo.
La Meta Remi che sorgeva allinizio di Via della Conciliazione, fu poi demolita come
tanti altri edifici durante lavori di rinnovamento della zona tra la fine del 1400 e
linizio del 1500. Allepoca furono sacrificate numerose costruzioni, chiese e
intere diaconie dellalto medioevo, anche se altre furono conservate ma spostate in
altri luoghi come la chiesa di S. Maria in Transpontinam già ubicata nei giardini vicino
il Castel S. Angelo ed ora situata in via della Conciliazione.
Fu così che Adriano, confortato dallesperienza del suo predecessore Augusto che non
aveva esitato a scegliere quel luogo così vicino alle acque fluviali per il suo grandioso
Augusteum, scelse larea dei "Prati di Nerone" sulla riva destra del
Tevere. Adriano non temeva le ire del Deus Tiberinus in quanto il suo edificio si
annunciava più imponente e perciò più solido, tanto più che per la stabilità del suo
monumento, il geniale imperatore architetto (aveva collaborato alla sua
progettazione) aveva previsto la costruzione di un altro elemento il Ponte, detto Elio dal
suo nome, che dalla sponda sinistra, si sarebbe immesso direttamente nel sepolcro.
In sostanza, Mausoleo e Ponte furono concepiti come un unico edificio, dal momento che le
basi profonde della costruzione sono strettamente collegate con quelle immerse nella
profondità del fiume per sostenere i massicci piloni del ponte.
Mausoleo Sepulchrum o Tumulus.
Il termine Mausoleo che incontriamo nella letteratura corrente, trae origine dal sepolcro
di Mausolo, re di Creta, fatto innalzare dalla vedova Artemisia, in Alicarnasso,
nel 353 a.C..
Considerata una delle sette meraviglie del mondo antico, la costruzione era costituita da
una piramide insistente su una grande base ed in cima, sopra una quadriga, le statue
colossali del re e della regina.
Alcuni studiosi che si intendono di archeologia fanno rilevare che il nome
"mausoleo" attribuito al monumento di Adriano, compare solo nel XVII° secolo.
In verità, il biografo di Adriano lo definisce "sepulchrum", così come i
biografi degli Antonini, suoi successori sepolti nel medesimo edificio, mentre Tacito e
Virgilio lo chiamano "tumulus".
Mentre rileviamo che il termine "tumulus" si riferisce al cono di terra
costituente il giardino pensile a copertura della costruzione e che il termine
"sepulchrum" al particolare della camera funeraria in cui venivano custodite le
spoglie di Adriano e dei suoi successori, non possiamo però tralasciare di evidenziare
che il termine "mausoleo" (inteso come sepolcro per un re o altra persona
importante) veniva usato già da autori greci di varie epoche (come Dione Cassio,
Erodiano, Procopio).
Inoltre, sia Augusto che Adriano, pur essendo ammaliati dalle preziosità dellarte
orientale, non ebbero minimamente il pensiero di trovare in essa lispirazione per la
realizzazione delle loro opere e, facendo prevalere le loro tendenze conservatrici,
rimasero saldamente ancorati alla tradizione italica e romana e con il termine Mausoleo si
finì per indicare la grandiosità dellAugusteo e dellAdrianeo, perché
sollecitati da un concetto dinastico formulato allepoca di Augusto e riaffiorato con
Adriano, per cui ledificio sepolcrale non era soltanto la tomba di famiglia, ma la
tomba di una famiglia regnante e nel caso di Adriano di una Dinastia regnante.
Altri nomi furono dati nei secoli successivi alledificio: Torre dei
Crescenzi, Castello degli Orsini ecc. nomi cioè di famiglie che ne ebbero il
possesso. Precedente a questi fu il nome "Casa di Teodorico" dal nome del
re che nel 500 lo abitò, traendone spunti per il suo mausoleo in Ravenna. Nel tardo
medioevo, compare il nome di Moles Hadriani ancora attuale.
Eliminati, finalmente, i dubbi sulla denominazione
del monumento, riconfermiamo il fatto che limperatore Adriano guardò sicuramente
alla costruzione esistente sulla sponda sinistra del Tevere anche se allinterno
strutturalmente diversa da quella che egli aveva in mente.
LAugusteo, come ricostruito dai resti rimasti, era formato da cinque muri circolari
concentrici che si concludevano al centro ad altezze crescenti. Il muro più esterno aveva
una circonferenza di 87 metri ed unaltezza di 12 metri; stesse dimensioni troviamo
nel Mausoleo di Adriano riferendoci alla cinta quadrangolare. Una folta vegetazione
sempreverde adornava la parte superiore dellAugusteo, così come un giardino pensile
ricopriva il Mausoleo di Adriano.
Questo però era formato da tre elementi sovrapposti, come ancora oggi appaiono
chiaramente: un basamento quadrangolare, da cui si innalza un cilindro colossale, nel cui
centro si ergeva a sua volta un cilindro di diametro inferiore su cui era installata una
quadriga di bronzo, con la statua di Adriano (oggi cè invece la statua di bronzo
dellAngelo che rinfodera la spada in ricordo di una visione di Papa Gregorio Magno,
il quale mentre tornava verso S. Pietro con una processione da lui ordinata per impetrare
la fine di una pestilenza, avrebbe visto librarsi sopra la Mole un angelo con la spada
sguainata che poi lentamente rinfoderò a significare che il flagello era cessato). Alla
base di questo secondo cilindro (vero e proprio tempietto con una cella alta 12 metri) e
cioè entro lorlo del primo cilindro una folta corona di piante sempreverdi consuete
nei tumuli.
Su ogni angolo del quadrilatero di base erano poste colossali statue equestri. Adriano
ricavò lidea del basamento quadrangolare dalle pyrae, quelle costruzioni in
legno a più ripiani che servivano per la cremazione e divinizzazione degli imperatori
defunti.
La costruzione del complesso monumentale ponte-mausoleo (architetto allepoca
Demetriano), iniziò verso la metà del 121 d.C.. Il ponte venne ultimato nel 134 d.C.; il
sepolcro fu invece aperto non ancora terminato nel 139 d.C., dopo un anno dalla morte di
Adriano che avvenne mentre egli si trovava a Baia (138 d.C.). Sepolto a Pozzuoli per un
anno, venne poi trasferito a Roma ad opera di Antonino (detto Pio per la devozione sempre
dimostrata allimperatore) ed in processione portato fino alla grande Sala
superiore che gli era stata predisposta.
Non è dato sapere con certezza quanti e quali imperatori dopo Adriano vennero ospitati
nel Mausoleo (forse una quindicina); sembra certo comunque che lultimo fu Caracalla,
ucciso nel 216 d. C..
Prime Trasformazioni: Aureliano.
Dopo lultima sepoltura, cosa ne sarà stato di un edificio di così grandi
dimensioni, per la cui manutenzione occorreva molto danaro?
Sicuramente lopera finì nelle mani dello Stato, cioè divenne proprietà demaniale:
infatti, nel 271 d.C., limperatore Aureliano decise di utilizzarlo a
difesa di Roma, minacciata dai barbari, inserendolo come ulteriore baluardo, nella
cerchia delle mura lunga 19 Km, che ancora oggi porta il suo nome.
Aureliano aveva combattuto vittoriosamente contro quelle genti, ma aveva capito che ormai
la potenza delle armi romane non sarebbe stata più in grado di sostenere, con
landare del tempo, lurto inesorabile delle popolazioni che premevano ai
confini.
Era perciò necessaria una adeguata fortificazione che si basava su tre elementi
principali: il lungo muro di cinta, la barriera naturale del fiume, ladattamento del
Mausoleo a fortezza.
La cinta muraria, che inglobava la città da nord a sud, era stata realizzata con
criteri di una ben calcolata urbanistica militare: infatti, immaginando di seguire
il percorso partendo dallattuale Porta Ardeatina, vediamo che questo primo tratto di
mura, costeggiando la sponda sinistra del Tevere, arriva fino alla zona di Porta Portese
da dove, passando sulla riva destra del fiume, aggira il quartiere di Trastevere e,
salendo sul Gianicolo (a protezione dei grandi mulini messi in movimento
dallacquedotto di Traiano e necessari per gli approvvigionamenti), discendeva fino a
Ponte Sisto, riprendendo il percorso sulla riva sinistra del Tevere.
In tal modo, la vasta regione che da Ponte Sisto scendeva fino al Ponte Milvio,
comprendendo tutto lager vaticanus ed i Prati di Nerone, sembrava rimanere priva di
ogni difesa. In realtà non era così dal momento che sulla riva sinistra del fiume, di
per sé difesa naturale, si ergeva laltro tratto di mura che non avrebbe consentito
un facile assalto ai rioni della città.
Il terzo elemento di difesa era, finalmente, il Mausoleo di Adriano che ben collegato al
Ponte Elio divenne bastione imprendibile per eventuali truppe che si fossero accampate
nella zona Vaticano-Prati di Nerone.
Borgo: Difesa di Roma
Oppure?
Se fino alla prima metà del VI° secolo la Mole Adriana fu baluardo a difesa di Roma
dalle invasioni dei Goti e Visigoti, con Totila che occupa la città nel 546, diviene
invece linsidia più temibile per la città sulla riva sinistra del fiume!
Occupata la città, Totila, per poter proseguire la sua spedizione nel sud
dellItalia, non potendo lasciare a presidio della città un numero adeguato di
armati, che avrebbero dovuto contrastare Belisario, generale di Giustiniano, imperatore
dOriente, demolì gran parte delle mura aureliane e creò una piccola cittadella, le
cui mura si appoggiarono alla fortezza, formando con essa un eccezionale bastione.
A pieno diritto, Totila viene considerato il primo ideatore di questa regione fortificata
chiamata tuttora "Borgo": buono stratega, egli fece intendere che
colui che avesse avuto nelle sue mani Castel S. Angelo, avrebbe avuto in pugno Roma,
divenendo arbitro assoluto dei destini della città. Non fu un caso che, per almeno mille
anni, tutte le vicende della città di Roma, le lotte fra le opposte fazioni, la storia
stessa del Papato, ebbero per protagonista questa fortezza.
Tale concetto troverà la sua conferma nella tenace e spesso violenta avversità e
resistenza dei cittadini romani contro lampliamento ed il consolidamento della
cittadella di Borgo ed il suo conseguente legame con la fortezza.
Quali profondi mutamenti si erano già verificati: il Mausoleo di Adriano incominciava a
non essere più un simbolo di pace come era nei proponimenti dellimperatore
che lo aveva costruito.
I Romani e il Papato: Contrasti o Convivenza Pacifica?
Come sempre al centro di questo rapporto compare il Castello. Dopo la cosiddetta
"Cattività Avignonese" (1305-1377), i Papi ebbero stabile e definitiva dimora
entro il Vaticano.
In precedenza, dallimperatore Costantino fino al 1300 circa, la sede del papato era
il Laterano, ma per le celebrazioni importanti, le incoronazioni ecc., i Papi dovevano
scendere in S. Pietro transitando necessariamente sul Ponte Elio: la fortezza quindi doveva
essere in mani amiche.
Il rapporto con il Papato era allora difficile, non tanto per motivi religiosi o di
fede, quanto perché accanto alle fazioni che accettavano di sottostare al potere
temporale dei Papi cerano altri gruppi più numerosi ed agguerriti che volevano per
Roma un ordinamento laico al pari di ogni altra città o Stato dItalia.
Apparivano, quindi, evidenti i motivi di contrasto e lostilità verso un eccessivo
sviluppo e fortificazione del quartiere Borgo che, con Vaticano e Castello, avrebbe
costituito un ostacolo ai sogni di maggiore autonomia dei cittadini romani.
Così nell816, morto Leone XIII, le mura del Borgo già riedificate anni prima da
Carlo Magno, vennero distrutte. Le fonti ci riportano un Carlo Magno che soggiorna a Roma
per ben quattro volte, negli anni 774-781 e 800 quando nel Natale fu incoronato imperatore
in S. Pietro.
Figura carismatica del medioevo, nutriva grande venerazione per i valori religiosi di Roma
e volle che gli venisse adattato, quale abitazione, un edificio che si trovava a ridosso
del fianco destro della Basilica vaticana, nel quale abitò in quellanno. Egli volle
così fissare nella città di Roma il suo polo religioso, lasciando ad Aquisgrana il ruolo
di capitale civile ed amministrativa del regno.
Linvasione dei Saraceni a Roma, nell846, fu un altro evento che rese
improrogabile la ricostruzione delle mura di Borgo demolite dalla furia dei cittadini
fautori della propria indipendenza: sbarcati ad Ostia, i Turchi colsero tutti di sorpresa,
e raggiunto Trastevere, invasero Borgo e il Vaticano, mettendo tutto a ferro e fuoco,
saccheggiando e devastando la Basilica di S. Pietro: si salvarono solo quei pochi che
riuscirono a chiudersi entro le mura della Mole Adriana, ancora una volta protagonista
della storia.
Le nuove mura di Borgo furono inaugurate sotto Leone IV il 27 giugno dell852 alla
vigilia della festa di S. Pietro e S. Paolo, protettori di Roma.
Castello e la nobiltà romana: Fatti e misfatti...
Finchè si trovò sotto la protezione dei Carolingi, il Papato ebbe nelle mani Castel S.
Angelo.
Ma alla fine del IX secolo, sgretolatosi quellimpero e venuta meno perciò
lautorità pontificia nella città di Roma, dopo un lungo periodo di lotte
cittadine, la Mole Adriana finisce in mano a famiglie della cosiddetta nobiltà che hanno
lasciato nella storia ricordi indelebili spesso cruenti.
Agli inizi del X secolo prevalse la famiglia di Teofilatto, prima "iudex" (901),
poi insignito del titolo di "magister militum" e "vestararius" (cioè
capo dellamministrazione finanziaria della Santa Sede), si attribuì il titolo di
"senator romanorum" per indicare il suo potere di reggente su tutto il ducato
romano.
In altri termini, un prepotente dellepoca, a cui si attribuisce anche la nomina di
alcuni Papi, tra cui, nel 914, di Giovanni X. Ovviamente si installò in Castel S. Angelo:
dalla moglie Teodora ebbe due figlie, Teodora e Marozia (definite entrambe dal vescovo
tedesco Liutprando "prostitute senza pudore").
Già amante di Papa Sergio III, Marozia sposò Alberico duca di Spoleto e poi Guido da
Tuscia, uomo di oscure origini, che lei nominò patrizio. Sposò in terze nozze Ugo di
Provenza in Castel S. Angelo nella chiesetta dedicata allarcangelo Michele, situata
nella parte superiore della torre centrale dove in origine era il sepolcro di Adriano.
Probabilmente, il rito fu officiato dal Papa Giovanni XI, suo stesso figlio, succeduto a
Giovanni X, strangolato su ordine della stessa Marozia.
Ma il funebre sfondo scelto per le nozze, non portò fortuna alla nobildonna: il figlio
Alberico, natole dal primo marito duca di Spoleto, le sollevò contro la città; Ugo
fuggì, Giovanni XI venne chiuso in Laterano sotto custodia e Marozia gettata in un
carcere, così ben chiusa che le cronache non parlarono più di lei né della fine che
fece.
È da questepoca che il Castello assumerà quelle tinte fosche di orrenda prigione
che non lo avrebbero abbandonato almeno fino al 1870. Le famiglie baronali che ne
detennero il possesso dopo Teofilatto e Marozia furono i Crescenzi, i Pierleoni e infine
gli Orsini. Degli Orsini, Giovanni Gaetano, già Arciprete della Basilica di S. Pietro,
divenne Pontefice nel 1277 con il nome di Nicolò III e realizzò, al fine di rendere
ulteriormente fortificata la residenza papale, il corridoio pensile o passetto al di sopra
del muro costruito da Leone IV.
Dopo il breve Pontificato degli Orsini (circa 3 anni), le cose per il Papato tendono ad
aggravarsi finchè la sede apostolica si trasferiva (nel 1305) ad Avignone ove rimase per
72 anni, governata da una sequela di papi francesi.
La consegna del castello nelle mani del papato
avvenne nel 1367 con il rientro a Roma di Urbano V e precisamente con la consegna delle
chiavi non della città, ma di Castel S. Angelo, al momento dello sbarco del Pontefice a
Corneto (presso Tarquinia), a nuova dimostrazione del fatto che possedere il Castello
significava allora avere in mano la città di Roma.
Ma la consegna durò poco, a causa delle provocazioni e lotte con i soldati francesi che
presidiavano la fortezza bombardando la città.
Nellaprile 1379, Castello venne nuovamente occupato dai cittadini che decidono di
distruggerlo per timore di doverlo restituire al Papa: i marmi preziosi che adornavano
ancora la Mole Adriana finirono sotto i colpi di piccone della folla e alla fine dello
scempio la costruzione apparve nera e fumante.
Il successore Urbano VI riuscì a prendere sotto il suo controllo la situazione facendo
terminare la distruzione del Mausoleo.
Con Bonifacio IX Tomacelli (napoletano 1389-1404), vengono affidati allarchitetto
aretino Nicolò Lamberti importanti lavori di trasformazione per ottenere una radicale
diversa utilizzazione di alcuni ambienti interni della fortezza per poter impiegare nuove
micidiali armi da fuoco.
Furono rese inaccessibili le parti più elevate delledificio: la cella funeraria, i
cortili, e la torre, questultima, rinforzata, divenne a pianta quadrata.
Trasformazioni funzionali, senza alcuna pretesa artistica, furono queste di Bonifacio IX,
le prime di una nuova serie che si conclude con Urbano VIII.
Il Castello non fu più a difesa della città, popolata dagli irriducibili cittadini
romani, ma attrezzato per difendere gli occupanti. Le ambizioni libertarie dei romani non
furono mai totalmente represse: nei primi del 1400 nuove ribellioni costrinsero papa
Eugenio IV (1431-47) a ritirarsi a Firenze dove rimase per dieci anni.
Tali eventi, segni evidenti di insicurezza del papato, indussero un altro Pontefice
Nicolò V (1447-55) ad operare un nuovo rafforzamento mediante la creazione di ben quattro
bastioni agli angoli del quadrilatero (ne furono realizzati tre) e due torrette tra
limbocco del ponte e il portone di accesso al castello.
Questa fortificazione rientrava in un piano urbanistico militare più ampio che prevedeva,
secondo i consigli di Leon Battista Alberti, la recinzione con altissime mura del Borgo
che avrebbe inglobato anche la Basilica, i palazzi vaticani che avrebbero avuto nel
Castello la loro massima protezione.
Di questo progetto furono realizzati solo i bastioni ed un modesto appartamento per
Nicolò V nel cortile detto dellAngelo alla base della torre centrale. Infine il
progetto prevedeva anche la demolizione della famosa "spina dei Borghi", una
lunga serie di fabbricati che divideva il Borgo vecchio e quello nuovo: la realizzazione
fu proposta con regolare frequenza attraverso i secoli con vari Papi, ma realizzata solo
fra il 1936 ed il 1950 dando luogo allattuale Via della Conciliazione.
Lultimo serio tentativo di rivolta avvenne con Nicolò V nel 1400, ma si concluse
con la morte del suo animatore, Stefano Porcari, impiccato allesterno di uno dei
torrioni allora costruiti.
Dai Borgia a Pio IV (1492-1565)
Con Alessandro VI Borgia al potere, la posizione del papato sulla scena europea non
suscita molti consensi. Vengono così programmate ulteriori opere di rafforzamento del
Castello con larchitetto Antonio da Sangallo il Vecchio.
I torrioni di Nicolò V vengono incorporati e tra i due anteriori viene innalzato un muro
di sbarramento che li congiunge e davanti a questa cortina il Sangallo fa costruire un
bastione circolare alto circa 15 metri con merli e postazioni per le armi; tutto intorno
alla fortezza viene scavato un ampio fossato in cui immettere lacqua del fiume.
Quanto al Mausoleo vero e proprio, lorlatura del grande cilindro (danneggiata nel
1379) viene definitivamente restaurata in mattoni e ornata con mensoloni marmorei ed
archetti di mattoni che ne avvolgono la circonferenza. Inoltre, Alessandro VI non si cura
minimamente dellappartamento già fatto edificare da Nicolò V e se ne fa costruire
un altro quasi a livello del fiume: una dimora con giardini, fontane, un porticato e
stanze affrescate dal Pinturicchio.
Dei così sontuosi restauri ebbe a beneficiare 32 anni più tardi, papa Clemente VII che a
seguito di contrasti di natura politica con Carlo V, vide il 6 maggio 1527, le truppe
imperiali (tedeschi e spagnoli) scavalcare le mura di Leone IV fra Porta Cavalleggeri e S.
Spirito e dilagare nel Borgo: il Pontefice ebbe appena il tempo di rifugiarsi in Castello
percorrendo il corridoio pensile.
Lassedio dei Lanzichenecchi durò ben sette mesi, ma la Mole resistette egregiamente
anche se le soldatesche di Carlo V dilagarono per tutta la città per altri cinque mesi
compiendo violenze e ruberie di ogni specie.
Succedettero ad Alessandro VI, Paolo III (Farnese), Paolo IV della famiglia napoletana dei
Carafa, che come già incautamente aveva fatti Clemente VII, venuto in urto con la Spagna,
pose Roma nellimprovviso rischio di un nuovo saccheggio che però non ebbe luogo per
una provvidenziale pace firmata il 18 settembre 1557. Quello che non fecero i nemici, lo
fece il Tevere quella notte stessa sommergendo sotto due metri dacqua la città,
trascinando con se le precarie difese allestite in tutta fretta intorno al Castello.
Con Urbano VIII (Barberini) viene compiuta unopera di alleggerimento delle strutture
esterne del Castello: il torrione di Antonio da Sangallo il Vecchio, fra il ponte ed il
Castello, venne demolito e con esso il muro che congiungeva il bastione sinistro e quello
destro e lingresso che era situato lungo questo muro fu spostato dal lato sinistro a
quello destro. Queste modifiche servirono a rendere meno disastrose le piene del Tevere
che trovava sulla sua strada il ponte come insormontabile diga.
Se si eccettuano ulteriori costruzioni (come lappartamento del castellano) nelle
parti più alte delledificio e altre cose minori, come lo scavo, nel 1734, nel
massiccio del cilindro per farvi scorrere un ascensore, dopo i lavori di Urbano VIII, il
Castello restò pressocchè immutato.
Nel 1823, cominciò quella che gli storici definirono la scoperta di Castel
SantAngelo per merito di Luigi Bavari, un ufficiale della fortezza, il quale,
facendosi calare attraverso una botola di legno, riscoprì la rampa elicoidale che
da Bonifacio IX, nel 1390, era stata fatta murare e della quale nessuno più conosceva
lesistenza.
Castello rimase comunque la grande prigione politica dello Stato ecclesiastico fino al
1870, epoca in cui furono avviati grandi lavori di restauro e di ripristino, diretti dal
Maggiore Mariano Borgatti allora comandante della fortezza.
Conclusione
(si fa per dire, perché in un modo o nellaltro bisogna
pur mettere un
punto
)
Chissà se il pontile "Er Ciriola" cè ancora, con il Giubileo e i lavori
relativi al "sottopasso" (realizzato questa volta, non certo per rendere più
agevoli eventuali
fughe di Sua Santità Giovanni Paolo II°, ... fortunatamente la
storia è cambiata da molti secoli) la zona è rimasta a lungo chiusa dentro un itinerario
obbligato, ma ancora una volta dobbiamo riconoscere che i bastioni del Castello hanno
retto egregiamente alle sollecitazioni delle scavatrici, come anche gli argini del Tevere.
Sarà bene ritornare a vedere da vicino ora che tutto sembra tornato alla normalità
normalità? ...si, ma sempre nel solito ...casino! In quelloccasione ci rifugeremo
entro le fresche mura del Castello godendoci il panorama dai terrazzi e rivisitando, passo
passo, la Mole ora che ci siamo rinfrescati le nozioni e soprattutto i
.ricordi
., porca miseria quanto tempo è passato!
(la seconda ed ultima parte a settembre)
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anno X numero 7 - luglio 2001 |