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Sommario anno X numero 6 - giugno 2001

SATIRA E COSTUME - pag.18


Pagina a cura di Francesco Barbone

Anno 3001 Controlaser e l’Odissea

A- Che vitaccia, Filippox! Si lavora e si faticax per la panza e per l’amicax.
B- Eh, si. Che giornate faticose! La mattina appena arrivi in ufficiox, subito accendi il computer e attacchi coi siti sexy; poi navighi... nei buffi, più che altro, perchè co’ ‘sta new-economy virtuale, pure lo stipendio è virtuale e alla fine del mese non si vede una lira. Beato Romolox che ha fatto i soldi con la clonazione...
A- Delle carte di credito.. Come si dice: a volte si chiude una porta, si apre un portale... però, scusa, ma ancora te ne vai coi siti porno su Venere? Ma oggi c’è Marte, il pianeta a luce rossa! Lì c’è Bat-man che con la bat-mobile organizza le bat-tone. Quando dice:  “Ragazzi, in Telecamera!!” Yahoo! E vedessi che lusso, c’è pure il PC con la stappante, per lo champagne!
B- Però, ne sono successe di cose da quando Carlo Marx inventò il PC freddo e calcolatore.Oggi ti vedi persino il derby, Inter-net  Milan-net, c’è la realtà virtuale. Solo mio nonno, quando va al WC in modo virtuale, si deve prendere la purga.
A- Che simpatico, tuo nonno. Ma, a proposito, e quel tuo cugino pugliese venuto su Saturno? Quello...sì, quello...che non ci sta tanto con la testa...
B- Chi, Nicolax? Su Saturno aveva aperto un ortofrutta virtuale; vendeva su Internet i mèil, i pèir, i cilièig, i broccolèitt, i cim de rèip. Poi, s’è fatto incastrare: sul pianeta degli anelli... s’è fidanzato con una chattona che l’ha preso in Rete.
A- E ti pareva!
B- Lei, tramite Internet gli voleva caricare... suocera e tre fratelli piccoli, ma lui l’ha scaricata.
A- Da Internet?
B- No, da casa. Matto, ma non scemo. Però, poi, per la delusione ha avuto la crisi, non connetteva  più... e l’abbiamo interneto.
A- E per tuo nonno, hai risolto?
B- Non me ne parlare! Su Giove, le case di riposo sono troppo care: Su Venere lui mi s’era ringalluzzito e dava fastidio alle infermiere. Dopo che passava lui, tutte risultavano... clinicamente tastate. Marte ospita solo militari della riserva. Insomma, capita preciso come in quel film: 3001 ODISSEA NELL’ OSPIZIO!


Ci vuole orecchio

E se lo dice Jannacci, non c’è da replicare. Orecchio musicale: che vor dì? Una volta chiesi ad un otorinolaringoiatra se l’orecchio musicale avesse una forma particolare. Mi guardò tra il sorpreso e l’irritato, come se avessi voluto prenderlo in giro. La gola di un cantante è invece riconoscibile, ma perché le corde vocali sono rese più ampie dall’esercizio: si tratta però di una caratteristica fisica: non si può, esaminandone la gola, capire se un cantante è bravo o no, così come il talento di un calciatore non si misura dalla circonferenza delle cosce.
L’orecchio musicale è quindi un’attitudine mentale a comprendere la dimensione musicale, che pertanto non venne persa da Beethoven, colpito da sordità. È un talento naturale che si può sviluppare ed educare con l’esercizio e lo studio, ma che non si può acquisire se non lo si ha dalla nascita. E’ un diapason ficcato dalla natura nella tromba di Eustachio (in questo caso, una vera tromba!), che dà una chiaroveggenza nei confronti della melodia, dell’armonia e del ritmo, e una  capacità di goderne; ma, a contraltare di siffatta sensibilità, una nota fuori posto o fuori tono (“stecca” o “stonatura”), un accordo sbagliato, un ritmo sfasato (“squadratura”) provocano al titolare dell’orecchio musicale quasi ...un colpo di spillone nel timpano e, conseguentemente, una reazione irritata.
Io ritengo di avere orecchio musicale (è un dono, non un merito); curiosamente, è per me impossibile capire come possono usufruire della musica le persone, e sono la stragrande maggioranza, che non hanno tale dote. Quanto vorrei conoscere la percentuale di orecchi musicali degli spettatori dei concerti o delle opere liriche. Ahimè, scarsa, suppongo. Nel loggione sicuramente albergano gli orecchi più fini, capaci di  saltare i pasti per godere di un’edizione della loro opera preferita, ma, per via dell’insulto provocato ai loro timpani da eventuali imperfezioni di esecuzione, pronti altresì a sfogare rumorosamente il loro disappunto. In altre poltrone ci sono più quattrini che orecchio; andare al concerto è spesso un fatto snobistico, e poiché chi colto vuol comparire un poco deve soffrire, di epiche lotte contro il sonno e la noia è lastricato l’ascolto. Anche perché, siamo sinceri, musica e letteratura non sono avare di mattonate allucinanti e parecchia musica “seria” non raggiunge la perfezione di forma e di contenuto di “Yesterdays“ dei Beatles o di “Senza fine” di Paoli. Una mia amica, in lite col consorte, aveva mantenuto il palco all’Opera. ”Sono andata alla ‘prima’: lui stava in platea e io lo guardavo dall’alto in basso”. Mi raccontò. Io veramente ero più incuriosito dall’allestimento un po’ chiacchierato dell’opera, e le chiesi: ”Ma della regia cosa te n’è parso?”. Ella mi guardò sbalordita, come per dire: ma di che parli?


Orecchio è

1) il Mozart fanciullo che, dopo aver ascoltato dal coro della cappella Sistina un brano, del cui spartito la diffusione era proibita per volere del Papa, se lo risuona ridacchiando alla spinetta;
2) il manager in partenza  all’aeroporto, che sorride notando che il carillon degli annunci orali della compagnia di bandiera suona le prime tre note di ”Volare” di Modugno;
3) il bimbetto che, giocando ai giardini pubblici, canta una canzoncina: per inesperienza l’ha “presa troppo alta”, ma, al momento dell’acuto, pur di non emettere una nota raggiungibile ma stonata, preferisce uscirsene con un gridolino strozzato;
4) il viandante che si infastidisce della stecca delle campane della pieve della valle, soluzione per risparmiare una campana che dovrebbe suonare solo una nota;
5) il papà che nella confusione natalizia di un grande magazzino, nota che il coro di voci bianche diffuso dagli altoparlanti canta un inno rituale adoperando sotto finale un accordo di re nona minore al posto del solito do maggiore. Tornato a casa, prova incuriosito quell’accordo al pianoforte. La figlioletta, con un grido entusiasta, pianta in asso le bambole e si precipita nel salotto: ”Che bello quell’accordo! Suonalo ancora, papà!”


Agrippa  Agrippa
 

I conflitti sociali sono sempre esistiti. Già ai tempi dei Romani Antichi il patrizio Menenio Agrippa risolse uno “sciopero” dei plebei e li convinse a riprendere il lavoro raccontando loro un geniale apologo: egli disse che ogni organizzazione sociale ed economica è come il corpo umano. Ogni organo ha la sua precisa funzione e tutti insieme consentono al corpo di operare; beninteso, senza scambiarsi il compito! Sarebbe assurdo che le mani lavorassero come i piedi (accade solo nei circhi e ...in qualche ospedale) o che la faccia fosse come il cu.. (succede solo in politica). Quindi, secondo Agrippa, i patrizi in qualità di testa e i plebei nel ruolo di braccia e quant’altro, consentivano insieme al corpo sociale di funzionare.
Dopo oltre duemila anni l’apologo è ancora valido. Solo che i conflitti sociali non si risolvono, perchè, quando si tratta di lavorare sodo, tutti vogliono fare la testa e nessuno vuole fare il cu...
Per quanto sopra esposto, replicando al grande vecchio democristiano diremo: se il potere logora chi non ce l’ ha, il sedere logora chi se lo fa.


Sommario anno X numero 6 - giugno 2001