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Sommario anno X
numero 6 - giugno 2001

 I NOSTRI PAESI - pag. 08


grottaferrata

Le Catacombe
(Di quelle “Ad Decimum” in particolare)
di Massimo e Marina Medici
 


A tutte le latitudini, in tutti i tempi, l’uomo si è sempre chiesto se la sua vita terrena sarebbe finita su questa terra o, invece, avrebbe avuto una continuazione dopo la sua morte, da qualche altra parte.
La vita oltre la morte.
Alcuni pensano, credo sia la maggioranza, che ve ne sia una. In particolare credo, a filo di logica se non di religione, che se questa non vi fosse, noi saremmo ridotti ad un semplice tubo digerente con le sole funzioni che gli sono proprie. E tutta la fatica di vivere, il pensiero dei filosofi, le gioie, i dolori, gli amori, lo studio, le invenzioni degli uomini di genio, le fatiche delle madri per tirare su i figli e quelle dei padri per tirare la carretta… tutto questo va in bocca ai vermi e tutto finisce lì?
Bè, è un po’ poco, e c’è un’evidente sproporzione fra l’immane sforzo di un’umanità millenaria ed il modesto risultato di provvedere a saziare la fame di quelli!
L’ignoranza, la paura, la speranza: ecco i compagni di viaggio della nostra vita. L’ignoranza, nel senso di non sapere, dove andremo a finire. La paura, figlia dell’ignoranza. La speranza che vi sia qualcosa dopo. Ecco i nomi delle tre zampe dello sgabello sul quale, credo, sono seduti gli uomini pensanti. E quelli non pensanti? Beati loro: si sdraiano sotto un albero senza bisogno di nessun sostegno che li sorregga, con una margherita tra le labbra, guardano il cielo e sono beati. E, veramente… beati loro. C’è da invidiarli.
Ma tutti gli altri si sono sempre arrovellati per trovare una sistemazione “post mortem” alle proprie spoglie, in attesa dell’aldilà.
Dalle piramidi dei faraoni alle anfore cinerarie dei poveracci, nell’arco sono comprese anche le catacombe, che sono dei cimiteri, e non, come molti credono, il luogo di riunione dei  cristiani durante le persecuzioni. Quando nacque Gesù Cristo, Roma era la suo massimo splendore ed aveva già donato al mondo la sua “Lex”.
Le sue leggi si erano sovrapposte a quelle dei popoli da lei sottomessi anzi, per meglio dire, si erano sostituite a quelle. Esse prevedevano e regolavano i rapporti dei cittadini tra loro; tra questi e lo Stato; tra i liberi e gli schiavi; tra i liberi ed i loro ex “dominus”. Si sarebbero potute dimenticare del cittadino dopo la morte? Assolutamente no, tanto che il diritto dell’antica Roma si estendeva a tutelare anche i sepolcri, riconoscendo al “civis romanus” una degna ed inviolabile sepoltura.
Si fa risalire alla “Legge delle XII Tavole” la regola in forza della quale non si potessero seppellire all’interno delle mura i cittadini morti; ma sembra che già molto prima questo divieto fosse operante. La ragione di questo va ricercata nella religione, poiché le mura erano poste sotto la tutela delle deità che dovevano difenderle, in quanto a loro consacrate. Quindi seppellirvi od anche cremarvi al loro interno dei corpi, considerati impuri, avrebbe suonato come offesa alle deità stesse. Per questa ragione i romani antichi tumulavano i loro defunti lungo le strade consolari. È appena il caso di osservare quanto venga di lontano uno dei compagni di viaggio della nostra vita: la paura.
Il timore che la deità si offendesse a seguito di qualche nostra azione, nella fattispecie la tumulazione del defunto all’interno delle mura della città ad essa consacrate, spinse i romani a quel comportamento, ma è anche il caso di osservare che questa zampa dello sgabello, cioè la paura di cui parlavamo prima, oltre ad essere uno dei tre sostegni di quello, sia anche una delle ragioni per le quali gli uomini abbiano creato, in quel caso con la fantasia, le loro deità. La paura, dobbiamo riconoscere, non è mai disgiunta da quelle.
Ma torniamo alle catacombe ed ai primi cristiani dell’antica Roma.
Allora, come adesso, le persone potevano essere o ricche o povere o trovarsi in una situazione più o meno intermedia. Una volta morte, però ci si potrebbe aspettare che, almeno in quello stato, fossero tutte uguali, e invece… no.
Anche in quel caso i ricchi restano ricchi ed i poveri rimangono poveri.
Per avere una sepoltura, grande o piccola che fosse, era necessario che il terreno sul quale questa insisteva fosse di proprietà dell’interessato ed a volte ci si riuniva in più persone per acquistarne uno adatto alla bisogna: il condominio dell’aldilà.
I cristiani non fecero eccezione; ma furono più disposti a lasciare che anche i loro correligionari più poveri usufruissero del terreno di colui che, più ricco degli altri, lo aveva comperato per destinarlo a quell’uso.
In seguito, aumentando il numero dei convertiti, aumentò del pari il numero di coloro che volevano essere seppelliti insieme, spinti da quel desiderio di coesione che è comune a tutte le minoranze che vivono in un ambiente che, per qualche motivo è diverso dal loro. 
Siccome il concetto di proprietà fondiaria dei romani, partiva dalla superficie spingendosi all’interno della terra (”usque ad inferos”) fu relativamente facile scavare dei cunicoli che ospitassero i resti dei cristiani, anziché estendere le tombe orizzontalmente allo scoperto.
Le catacombe “Ad Decimum” che sono alla base della salita per giungere a Grottaferrata, hanno appunto quelle caratteristiche comuni a tutte le altre, sebbene, per alcuni motivi, ne differiscano alquanto.
(continua)


grottaferrata

Elettro-cardio-dramma
di Francesco Barbone

Nei pressi di Grottaferrata c’è un importante istituto neuro traumatologico, situato in bella posizione tra verdi poggi, popolati da viti e ulivi, qui rifugatisi onde sfuggire al cemento. Per arrivarci si percorre una strada che le montagne russe, a paragone, sono la bassa padana; ma il panorama che offre la villa, poi trasformata in clinica, è superbo. Certo, chi sta molto male non è in grado di apprezzare neanche il paradiso terrestre, ma l’amenità del luogo e la vastità del parco costituiscono un valido contributo alla convalescenza e alla riabilitazione. L’architettura della villa, in stile casino di villeggiatura con giardino all’italiana, lascia un po’ perplessi: si ha l’impressione che il committente abbia detto all’architetto: ”Mèttece tutto, ‘n te sta’ a preoccupà!” Balaustrate (con o senza brezza), statue, gazebi, capitelli, peperino, travertino, mattoni di fornace, archi, lesene, paraste, di tutto di più. Però, a leggere il giornale in poltrona nell’ex salone delle feste ci si sente veri signori e si dimenticano gli ospedali romani. Completano il quadro, last but not least, presenze mediche e paramediche sorridenti ed efficienti. Di più, nin so.
Due chiacchiere con l’urologo (il mio amico Bachisio-che si crede spiritoso- si ostina a chiamarlo “uccelloiatra”), e poi: elettrocardiogramma. Mia moglie mi tiene compagnia nella saletta piena di volti tesi nell’attesa.
Del mondo dello spettacolo comico ho contratto due vizietti: 1) l’impulso di trasformare un gruppo di persone in pubblico teatrale, 2) la botta da matti. Dopo l’elettrocardiogramma ricompaio in saletta e, vincendo la mia timidezza, anche per sdrammatizzare l’atmosfera, comunico solennemente ai presenti: ”Dall’elettrocardiogramma risulta che sono innamorato”. Sconcerto, perplessità, qualche risatina sotto i baffi da parte dei più dotati di senso dell’umorismo. Mia moglie, preoccupata chiede: ”E di chi?”. “Dai diagrammi non si capisce”, concludo io. Poco dopo incontriamo nel corridoio il cardiologo, e mia moglie, a sorpresa, lo interpella: ”Professore, ma veramente dall’elettrocardiogramma risulta che mio marito è innamorato?”. Il dottore cade dalle nuvole e, con imbarazzo, tentò di spiegargli l’accaduto.
Non sempre chi va con lo zoppo impara a zoppicare.


lettera
di Lina

Rispondo alla persona che dice di vedere aldilà del suo naso, così da vedere difetti dei monticiani e non, e fare critiche gratuite senza mettere le mani in pasta per non sporcarsi (critica ai Borghi) e in particolar modo al nostro parroco accusato di mancato passaggio della processione dell’Assunta in piazza del Mercato, senza chiedersi di chi poteva essere distratto dalla sorveglianza in proposito. In quell’articolo si nota, parlando di superbia permalosità e irriverenza del nostro parroco, tanta antipatia, per non dire astio che cova nel cuore da tanto tempo.
Riguardo alla tradizionale predica dell’Assunta, quale miglior momento di poter far sapere alla comunità parrocchiale che chiede a tutti notizie di salute di don Narcisio, e la  situazione del Duomo che ci tocca da vicino a tutti, che non credo tocchi chi vede aldilà del suo naso notevole (sue parole) che evidentemente non vive completamente la parrocchia e quindi non vive il disagio che si è creato con la chiusura del Duomo.


Sommario anno X numero 6 - giugno 2001