Anno IX numero 12 - dicembre 2000
DOVE VIVIAMO?
Il cambiamento
climatico
AllAja i governi hanno
innestato la marcia indietro
di Armando
Da alcuni anni qualcosa sta
ormai cambiando nel clima. In particolare, per quanto riguarda il Continente europeo, si
stanno abbattendo tempeste in tipico stile tropicale. Nel corso della recente alluvione
nel Norditalia, infatti, si sono rovesciati, solo nelle prime 48 ore, circa 600 mm di
acqua, contro i soli 360 dellalluvione del 1994. Una parte del mondo scientifico
asserisce che lorigine di questo evento è da attribuire allaumento
dellimmissione in atmosfera di alcuni gas prodotti dalle attività umane, capaci di
amplificare il processo naturale del cosiddetto "effetto serra". Occorre
precisare che questo fenomeno fisico consente che sulla terra permangano condizioni
ambientali tollerabili dalle specie viventi che attualmente la popolano, impedendo che il
calore assorbito dalla superficie terrestre irradiata dal Sole possa abbandonare
velocemente il nostro pianeta favorendo in tal modo, malauguratamente, temperature
ambientali troppo basse. Laumento di questo "effetto vitale", però,
provoca un surriscaldamento eccessivo della Terra, superiore alle normali oscillazioni
secolari del clima, rendendo questi eventi alluvionali sempre più frequenti e più
violenti.
Alcuni contrappongono a questa teoria lidea che la responsabilità di tali eventi
sia da attribuire alle normali attività umane rivolte verso un cattivo uso
dellambiente, attraverso i disboscamenti, lurbanizzazione, la cementificazione
dei corsi dacqua, ecc. È mia opinione che i due discorsi non siano da contrapporre,
ma da associare. È vero, peraltro, che in ottobre sono state colpite zone tuttaltro
che devastate dallo sviluppo umano, come il parco nazionale del Gran Paradiso.
Il problema è, comunque, grave e rappresenta una delle maggiori sfide che bisognerà
affrontare in questo secolo. Purtroppo, non ci sono soluzioni a breve termine e, nel
frattempo, la temperatura della Terra sta aumentando. Una decina di anni fa, alcuni
scienziati iniziarono a mettere in guardia dalle conseguenze di una immissione massiccia di gas serra
nellatmosfera; ascoltare quellallarme e ridurre le emissioni avrebbe
significato però investire in tecnologie di produzione più pulite ma più costose. In un
regime economico (troppo) liberista, fare il primo passo in questa direzione
significherebbe rimanere esclusi dalla competizione di mercato, ecco perché i paesi
delloccidente ricco e sviluppato si incontrano allinizio degli anni '90 per
discutere dellattuazione di un "Protocollo sui cambiamenti climatici". Ad
oggi, questo Protocollo, ormai superato dalla gravità degli eventi, non è ancora entrato
in vigore poiché:
le lobby industriali preferiscono ottenere profitti più alti ora piuttosto che
ridurli al fine di ripararsi dai danni dei cambiamenti climatici nel futuro. "Investire
oggi per il futuro non conviene, tanto come diceva leconomista Keynes
nel lungo termine noi siamo tutti morti, con buona pace delle generazioni a
venire."
i politici non vogliono convincere lopinione pubblica che "è
giusto" limitare i "benefici" che ricadono su ognuno di noi (in un tessuto
consumistico) per limitare le conseguenze sullambiente. "Questo
atteggiamento non porta voti e, soprattutto, dà risultati, nel migliore dei casi, dopo
qualche decennio, quando la maggior parte degli amministratori ha esaurito il proprio
mandato politico."
Riassumendo, per sommi gradi, alcuni eventi internazionali degli ultimi dieci anni,
ricordo che in occasione della Conferenza di Kyoto nel 1997, i Paesi dellUnione
europea si erano impegnati a ridurre le proprie emissioni, entro il 2008-2012,
dell8% rispetto al livello del 1990. Il 25 ottobre 2000, inoltre, il Parlamento europeo votò una
relazione della Commissione ambiente sullattuazione di un programma europeo per la
riduzione delle emissioni di gas a effetto serra ma, seppur daccordo con la
Commissione sulla necessità di proporre nuove misure, non approvò completamente i
contenuti delle proposte. La Commissione ambiente lamentò, allora, soprattutto la
mancanza della definizione di una vera strategia che tenesse conto degli obiettivi da
realizzare e degli strumenti da utilizzare in ciascun settore economico interessato. In
generale, sarebbe, invece, necessario introdurre rapidamente misure giuridicamente
vincolanti che obblighino gli Stati a mantenere le proprie quote di emissione e che
prevedano sanzioni in caso di superamento delle quote stesse.
Neanche tre settimane dopo, esattamente il 13 novembre 2000, allAja in Olanda, si è
tenuta la conferenza internazionale sul clima. Si riteneva che lincontro sarebbe
stato decisivo nello stabilire quanto ancora i governi avrebbero potuto trasgredire
apertamente le emissioni di gas serra stabilite al vertice di Kyoto, responsabili del
riscaldamento globale. Ebbene, in questo vertice i governi hanno abbandonato le promesse
di cooperazione internazionale in difesa del pianeta terra e, dopo neanche dieci anni dopo
il Summit di Rio, e appena tre anni dopo quello di Kyoto, allAja i governi hanno
innestato la marcia indietro. Invece di ridurre le emissioni di gas serra in atmosfera,
per contrastare il fenomeno del riscaldamento globale, è stato deciso di ridurre
ulteriormente gli attuali limiti alle emissioni.
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