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Anno IX numero 9 - settembre 2000

 ENERGIA

Le fonti di energia
Una facile esposizione per capire tutto dell'energia
(VIII parte)

di Giovanni Vitagliano

6) Centrali idroelettriche

Le centrali idroelettriche sono il modo più semplice per produrre energia elettrica. Ma il loro impatto sull'ambiente è rilevante. Sono costituite da una turbina idraulica, cioè azionata dall'acqua, che fa girare un alternatore; l'acqua deve naturalmente trovarsi a un livello più alto di quello della turbina e deve essere convogliata, con opportuni mezzi, fino alla turbina stessa. La spinta dell'acqua sulle palette della turbina provoca la rotazione di quest'ultima e, quindi, del rotore dell'alternatore, che genera l'energia elettrica.
Partendo dall'alto, cioè dal livello superiore, troveremo quindi:
– un serbatoio d'acqua ad alta quota;
– una condotta per portare l'acqua fino al livello della turbina (condotta forzata);
– organi di intercettazione (paratoie, valvole ecc) sia superiormente che inferiormente alla condotta;
– organi di regolazione, per graduare la quantità d'acqua e, quindi, la potenza di funzionamento dell'impianto;
– la turbina;
– un bacino per la raccolta dell'acqua a bassa quota.
Proviamo ora a calcolare la potenza che può essere erogata da una centrale idroelettrica. Ricordiamo che si definisce potenza la quantità di energia erogata in un secondo, cioè il lavoro compiuto in un secondo. Ricordiamo anche la definizione di lavoro come prodotto della forza per lo spostamento nella direzione della forza.
Il calcolo, quindi, è molto semplice: la forza è costituita dal peso dell'acqua, e la direzione della forza è quindi la verticale: lo spostamento nella direzione della forza è quindi il dislivello tra il bacino superiore e la quota della turbina. La potenza è quindi data dal peso dell'acqua che passa nell'unità di tempo (il secondo) moltiplicato per il dislivello. Il peso dell'acqua nell'unità di tempo viene detto portata ponderale; quindi, la potenza è data dalla portata ponderale moltiplicata per il dislivello.
Per esempio, supponiamo di avere:

Portata dell'acqua: 160 metri cubi/secondo (160.000Kg/s);
Dislivello: 750 metri.

La potenza sarà data, in Watt, da (circa):

160.000 x 10 x 750 = 1.200.000.000 Watt

Il 10 tiene conto delle unità di misura, come si può controllare riandando alle definizioni delle varie unità.
Per comodità, esprimiamo ora la potenza in Megawatt, cioè in milioni di Watt: la potenza di quest'impianto sarà data da 1.200 Megawatt.
Il motivo per cui spesso occorre cambiare le unità di misura è per avere numeri non troppo grandi e non troppo piccoli; è una cosa che facciamo tutti abitualmente senza pensarci, ma talvolta può produrre qualche difficoltà. Si pensi comunque a come sarebbe stravagante misurare la distanza tra due città in centimetri o lo spessore di una lamiera in chilometri, e ci si rassegnerà a dover accettare sempre nuove unità. Nelle prossime pagine ne troveremo ancora altre, ogni volta adatte alla circostanza.
Tornando alle centali idroelettriche e all'esempio fatto, possiamo confermare che un impianto con le caratteristiche indicate esiste realmente: è quello del Lago Delio. in Lombardia, presso il confine con la Svizzera. Il serbatoio inferiore nel quale viene raccolta l'acqua dopo aver azionato la turbina è nientemeno che il lago Maggiore.
Possiamo naturalmente avere la stessa potenza diminuendo il dislivello e aumentando la porata, o viceversa. Esistono infatti centrali idroelettriche con salti (cioè dislivelli) inferiori a 600 metri, mentre ne esistono altre con salti superiori ai 1.000 metri, fino a 1.400 metri (Centrale di San Fiorano, in Val Camonica). Al variare del dislivello, varia anche il tipo di turbina più adatta, per cui avremo:
– per salti elevati, turbine tipo Pelton (1.200-1.800 m);
– per salti medi, turbine tipo Francis (meno di 2.000 m);
– per salti piccoli, turbine tipo Kaplan (da 5 a 32 m).
I tre tipi di turbine differiscono tra loro sia come caratteristiche costruttive che come modalità di alimentazione dell'acqua. Nelle turbine Francis e Kaplan l'acqua non viene inviata su un'unica paletta come nella Pelton, ma su tutte le palette contemporaneamente mediante un distributore di forma anulare che circonda la ruota. La turbina Pelton viene detta "ad azione", mentre le altre due sono dette "a reazione". Evitiamo di scendere in ulteriori dettagli descrittivi superflui per questa trattazione.
Alcune centrali sono realizzate con più salti successivi, e quindi a vari livelli (Centrale sul fiume Pescara). In questo caso, ciascun bacino inferiore diventa bacino superiore per il salto successivo, e così via.
Vediamo ora come si fa a formare il serbatoio superiore, cioè l'immenso recipiente nel quale viene raccolta l'acqua che serve per azionare la turbina.
Occorrono ovviamente due cose: un bacino, cioè un avvallamento naturale o artificiale, impermeabile sul fondo e sulle pareti, perché l'acqua non filtri e venga dispersa; e una massa d'acqua per riempirlo.
Il bacino può essere in alcuni casi semplicemente il letto di un fiume, che in questo caso viene sbarrato con una "traversa", costituita da una particolare opera in muratura (o parte in muratura e parte metallica). L'acqua viene derivata subito a monte di quest'opera. Naturalmente, poiché la portata dell'acqua è pari a quella del fiume e quindi sarà variabile, anche la potenza lo sarà nello stesso modo.
Per ottenere invece una potenza più stabile, conviene accumulare l'acqua in un grande bacino, da sfruttare poi nei momenti di necessità. Quindi, occorre in questo caso una grande opera di sbarramento, per evitare che l'acqua raccolta defluisca verso il basso: questa grande opera è quella che viene chiamata "diga". Con la costruzione di una diga, si vengono a creare enormi bacini, veri e propri laghi artificiali: ne è un esempio il Lago Cecita o Mucone, che si trova sulle montagne della Sila, in provincia di Cosenza.
Fatto il bacino, occorrerà riempirlo; e a questo ci pensa madre natura, con le piogge, se questo è sufficiente; se non lo è, ci pensa l'uomo, rimandando l'acqua nel bacino mediante una pompa dopo averla sfruttata per muovere la turbina. Ciò può essere fatto con una pompa che si trova sullo stesso asse della turbina, ma separata da essa (disposizione ternaria) o addirittura usando la turbina stessa come una pompa); infatti, la turbina, se fatta ruotare da un motore elettrico, diventa una pompa, in opportune condizioni. Quest'ultimo tipo di centrale viene detta "Centrale di pompaggio", ed è attualmente molto diffuso (Lago Delio, San Fiorano, Chiotas-Piastra).
Da quello che si è detto, è chiaro che le centrali idroelettriche non sono comunque in grado di fornire potenza con continuità, perché il loro funzionamento è comunque legato a fenomeni naturali solo limitatamente prevedibili. Per cui, esse non vengono adoperate per coprire in modo permanente i grossi carichi costanti (il cosiddetto "carico di base") ma vengono usate per le punte di carico di durata limitata.
Resta da dire dell'impatto ecologico di una centrale idroelettrica. Anche se in effetti dal punto di vista dell'inquinamento atmosferico e ambientale è certamente il modo più pulito di produrre energia elettrica, il suo impatto con l'ambiente è notevole, soprattutto per la presenza della diga. Il principale elemento di rischio è infatti legato alla possibilità di cedimento della diga, ipotesi che non si realizza frequentemente, ma non impossibile, come dimostrano alcuni disatri effettivemente accaduti negli Stati Uniti, in Francia e anche in Italia. Quello avvenuto in Italia risale al 9 ottobre 1963 e si riferisce alla diga del Vajont, presso Belluno. In questo caso, come forse molti ricorderanno, non fu la diga a crollare, ma il bacino a traboccare per effetto dello slittamento e della caduta in esso di una falda montana; l'inondazione che ne seguì provocò la pressoché totale distruzione del paese di Longarone e la morte di 2.000 persone.
Disastri del genere possono essere resi poco probabili mediante numerosi provvedimenti di sistemazione dei bacini montani, come palificazioni, rimboschimenti eseguiti in modo idoneo, drenaggi, argini ben sistemati, briglie ecc. Tutte queste operazioni richiedono l'intervento di numerosi tecnici ed esperti e la conoscenza di molti fenomeni che apparentemente poco hanno a che fare con l'energia elettrica. Alcuni di questi interventi presuppongono una vera e propria politica del territorio e abbracciano notevoli estensioni di terreno.
Come conclusione, possiamo senz'altro asserire che l'impatto sull'ambiente di una centrale idroelettica è di notevole entità.