CINEMA
I due Tarkovskij
La poesia di Arsenij e il cinema di Andrej
di LORENZO POMPEO
Una delle esperienze cinematografiche piú interessanti degli ultimi
lustri è costituita dal cinema di Andrej Tarkovskij. Il regista, scomparso nel 1986, propose nella sua scarna
filmografia uno stile e una sintassi cinematografica del tutto originali, tanto che il suo
nome è entrato a pieno diritto nella storia del cinema. La critica ha analizzato il
fenomeno con attenzione. Anche per questo non voglio qui ripercorrere la filmografia
tarkovskiana. Invece vorrei accennare del rapporto tra il cinema di Andrej Tarkovskij e
lopera del poeta Arsenij Tarkovskij, padre del regista.
La poesia di Arsenij Tarkovskij, da solo una diecina danni al centro
dellinteresse in Italia (dopo la sua recente scomparsa, avvenuta nel 1989, sono
state pubblicate tre raccolte di poesia e una di racconti) rivela fin dal primo approccio
una complessa densità.
La sua lirica nasce da un intimo travaglio. Da quella che Gario Zappi,
nellintroduzione a Poesie scelte, definisce «profonda crisi esistenziale»
scaturisce una meditazione sofferta sulluomo in relazione al tempo e alla natura,
che è popolata da motivi filosofici legati alla tradizione piú alta della poesia russa.
Scorrendo tra i versi di «Pioggia», tratti dalla prima raccolta di Tarkovskij,
intitolata Prima della neve, si legge: «
Voglio infondere in una poesia /
Tutto questo mondo che muta daspetto», oppure, in «Lospite è una stella»,
tratta dallomonima raccolta successiva del poeta russo: «Imparavo dallerba,
aprendo il quaderno / e lerba come un flauto prendeva a suonare», tanto che vengono
in mente i versi di Tjutcev: «La natura non è ciò che voi pensate / Non è un volto
cieco, senzanima; / In lei vi è anima, vi è libertà / Vi è amore, vi è una
lingua.»
Proprio alla poesia di Tjutcev, che è la poesia della ricerca della Madre-Natura,
primordiale oggetto di culto cosí radicato nella spiritualità russa, sembrano
ricollegarsi alcuni passaggi di Arsenij Tarkovskij. Limportanza della figura materna
nei versi di questultimo, che Gario Zappi sottolinea nellintroduzione a Poesie
scelte, conferma la nostra ipotesi. Anche lelemento liquido assume nei due poeti
la funzione analoga di elemento primordiale. Citerei a proposito i versi di «Sogno sul
mare» di Tjutcev: «E il mare in tempesta agitava la nostra barca; / Io, assonnato, mi
abbandonavo al capriccio delle onde. / Due infiniti erano dentro di me, / Giocavano con me
al loro piacere /
/ Io giacevo stordito nel caos dei suoni, / Ma sul caos dei suoni
si innalzava il mio sogno. /
/ Nellardore della febbre creava il suo mondo; /
La terra verdeggiava, scintillava letere, / Giardini-labirinti, palazzi, colonne, /
E brulicava una folla di esseri silenziosi.» In questa poesia di ispirazione romantica
(ricordiamo «letere» nella poesia di Hölderlin) Tjutcev crea una metafora
efficacissima per descrivere la condizione umana: quella della barchetta in un mare in
tempesta nel quale la realtà e il sogno creano un paradosso, ovvero lesistenza di
due infiniti.
Tarkovskij, nella sua poesia «E lo sognavo e lo sogno
», scrive: «E lo sognavo, e
lo sogno, / e lo sognerò ancora, una volta o laltra, / e tutto si ripeterà, e
tutto si realizzerà, / e sognerete tutto ciò che mi apparve in sogno. // Là, in
disparte da noi, in disparte dal mondo / unonda dietro laltra si frange sulla
riva, / e sullonda la stella, e luomo, e luccello, / e il reale e i
sogni, e la morte: unonda dietro laltra.» Possiamo osservare come di nuovo
lelemento liquido rappresenti anche nella lirica di Tarkovskij lelemento
primordiale (dobbiamo peraltro notare che il verso «unonda dietro laltra si
frange sulla riva» è una citazione da Lermontov). Come nei versi di Tjutcev, questo
elemento liquido viene accostato al sogno e alla fantasia, quasi a voler accennare
allesistenza di una traccia mnesica dellesistenza prenatale (Zappi parla di
«dimensione mnesica della coscienza») che costituisce la matrice della fantasia umana.
Può essere suggestivo accostare tale concetto a quanto Massimo Fagioli, noto psichiatra
eretico, scriveva nel 1971 in Istinto di morte e conoscenza, e cioè che «alla
nascita, listinto di morte come fantasia di non esistenza del nuovo sé nato e in
rapporto con la luce, conduce alla fantasia di esistenza delloggetto intrauterino
come immagine di esso. Come ricordo o traccia mnesica. Inconscio mare calmo.»
Intanto forse proprio qui possiamo mettere in luce un primo nesso tra la poetica di
Tarkovskij padre e la sintassi cinematografica del figlio, soprattutto per quanto riguarda
le ricorrenti inquadrature di superfici liquide e di vasche attraversate dai personaggi.
Luomo nelle liriche tarkovskiane è parte del cosmo proprio come luomo delle
liriche di Tjutcev. Tuttavia, a differenza di questultimo, Tarkovskij, soprattutto
nelle sue raccolte piú tarde, prende atto di una lacerazione irrimediabile tra
luomo e la natura che dà vita a un nuovo contrasto dialettico. Lalta dignità
delluomo, la sua capacità profetica sono lespressione piú alta di questa
dimensione tutta umana. Lelemento drammatico, di altissima intensità in alcune
liriche tarkovskiane, nasce proprio dal contrasto, spesso rappresentato con
lelemento igneo, tra la condizione umana e la natura, tra lanima e il corpo.
Tuttavia questi due elementi sono considerati inscindibili, come fossero due poli della
condizione umana.
Anche in Tjutcev esisteva un elemento
drammatico, allorché luomo si trovava da solo di fronte al caos: «E luomo,
come un orfano senza casa / Sta ora, impotente e nudo, / Faccia a faccia col tenebroso
abisso.» Tuttavia la parola di questi versi che ci offre una possibile chiave
interpretativa è orfano, quasi che il poeta voglia accennare alla minaccia di una perdita
dellaffetto materno. Tarkovskij, invece, nella sua poesia citata «E lo sognavo e lo
sogno
» scrive: «Solo, come orfano, pongo me stesso, / solo, fra gli specchi, nella
rete dei riflessi / di mari e città risplendenti tra il fumo. / E la madre in lacrime si
pone il bambino sulle ginocchia,» Ecco che lorfano, denotando unavvenuta
separazione dalla figura materna e ponendosi in contrasto con la sua immagine, esprime il
dramma di unavvenuta lacerazione. La madre, presenza spesso rievocata nelle liriche
di Tarkovskij, ha una precisa funzione, ovvero denotare un «paradiso perduto» e ormai
irraggiungibile: «Mia madre è venuta, mi ha fatto un cenno con la mano: / ed è volata
via» («Da bimbo mammalai»).
Alcuni spunti della poesia di Tarkovskij che riguardano lo stretto rapporto tra
luomo e il cosmo, alcune riflessioni sul tempo e sulleternità ci ricordano
gli accenti piú filosofici e meditativi della poesia di Zabolockij, poeta legato alla
breve stagione del gruppo davanguardia pietroburghese «Oberju» e successivamente
internato nei gulag staliniani. Infatti, a proposito di questultimo, spesso
erroneamente considerato troppo semplicisticamente «poeta dellavanguardia», Efim
Etkind, in un suo saggio, scrive: «I trentanni di creazione di Zabolockij sono la
ricerca di una lingua nuova per la lirica filosofica.» Tarkovskij dedicò al suo collega,
quasi coetaneo (era piú giovane di lui di soli quattro anni), «La tomba del poeta»,
poesia scritta in occasione dei suoi funerali, in cui si legge: «Non uomo sei, ma cranio
del secolo tuo, / ne sei la fronte, la lingua e lottone.»
Ancora, quando Zabolockij scrive nella seconda parte del poema Il lupo folle, del
1931: «Chi ha visto brillare le stelle, / chi ha potuto parlare con le piante / chi ha
capito il terribile insieme dei pensieri, / non ha paura della morte, non ha paura della
terra /
/ Passano i secoli, passano gli anni, / ma tutto ciò che vive non è un
sogno: / vive e va al di là / della legge della verità di ieri» tornano in mente i
versi di «Vita, vita» di Tarkovskij: «Tutti sono immortali. Tutto è immortale / non
bisogna temere la morte né a diciassette anni / né a settanta. Esistono soltanto la
realtà e la luce.» Nella poesia di Zabolockij, come in quella di Tarkovskij, luomo
è parte del cosmo e della sua caotica armonia. Tuttavia lo stile austero della poesia di
Tarkovskij si contrappone a quella girandola di invenzioni e immagini pirotecniche che
caratterizzano soprattutto la prima raccolta di Zabolockij Stolbcy, piú legata ai moduli
stilistici dellavanguardia. Al contrario, la parola, nei versi tarkovskiani,
possiede sempre un referente oggettivo e concreto («Pensate al Macedone o a Puskin, e
provatevi / a non chiamarli Alessandro»); questo anche per quanto riguarda termini come
verità, («nella parola verità mi appariva / la verità in persona» («Imparavo
dallerba
»).
Tuttavia, secondo il poeta, nemmeno il linguaggio è in grado di descrivere la verità
dellio attraverso una correlazione oggettiva: «
quando noi moriamo, / ci
accorgiamo di non aver scritto / neppure mezza parola su noi stessi / e quel che prima
credevamo che noi fossimo / estraneo ormai gira, quietamente / sfuggendo ogni confronto, e
ormai / noi stessi in sé piú non racchiude» (Epigrafi puskiniane). Il poeta non
cerca vie di fuga nei confronti del tragico destino umano: nella classica severità delle
forme egli non sa trovare alcuna consolazione circa la lacerazione di cui dicevamo.
Per questo i versi di Tarkovskij sono spesso percorsi
da una nota tragica, che deriva proprio dal contrasto tra la bellezza della natura e la
dolente condizione umana, di cui il fuoco è la misura dellintensità: «A voi che
viveste prima di me sulla terra, / a voi, mia corazza e parentela di sangue / da Alighieri
a Schiapparelli: / grazie, voi ardeste bene. // Ma forse io non ardo bene, / e forse con
lindifferenza io condanno / voi, per i quali a lungo vissi sulla terra, / erba,
stelle, farfalle, bambini.» Infatti in una indimenticabile sequenza finale del film Nostalghia
Domenico, il personaggio del vagabondo folle, si dà fuoco sulla statua equestre nella
piazza del Campidoglio.
La parola non riduce il contrasto tra luomo e la natura, tra lanima e il
corpo, tema ricorrente nelle liriche tarkovskiane, ma semplicemente lo esprime. La
dialettica tra il limite, la fragilità, limpotenza da una parte e la dignità umana
e la sua libera determinazione dallaltra rappresenta nelluniverso poetico
tarkovskiano il mistero della condizione umana. Il poeta, tra il corpo e lanima, non
sceglie né luno né laltra: «Senza il corpo lanima sta male, / come il
corpo senza la camicia: / né progetti né imprese, / né pensieri né versi. / Enigma
senza soluzione.»
In particolare mi vorrei soffermare su una delle citate poesie di Tarkovskij che qui
riporto per intero:
«E lo sognavo, e lo sogno,
e lo sognerò ancora, una volta o laltra,
e tutto si ripeterà, e tutto si realizzerà,
e sognerete tutto ciò che mi apparve in sogno.
Là, in disparte da noi, in disparte dal mondo
unonda dietro laltra si frange sulla riva,
e sullonda la stella, e luomo, e luccello,
e il reale, e i sogni, e la morte: unonda dietro laltra.
Non mi occorrono le date: io ero, e sono e sarò.
La vita è la meraviglia delle meraviglie, e sulle ginocchia della meraviglia
solo, come orfano, pongo me stesso
solo, fra gli specchi, nella rete dei riflessi
di mari e città risplendenti tra il fumo.
E la madre in lacrime si pone il bimbo sulle ginocchia.»
La prima quartina della poesia illustra molto bene una concezione del
tempo caratteristica del poeta («E lo sognavo, e lo sogno, / e lo sognerò ancora, una
volta o laltra»). Una concezione di un tempo assoluto, al di fuori della
contingenza, ma che, come vedremo in seguito, la contiene («e sullonda la stella, e
luomo, e luccello, / e il reale, e i sogni, e la morte: unonda dietro
laltra»). È lidea-immagine di un tempo «mitico» nel quale sogno e realtà
sono fusi. Il riferimento al primo anno di vita è evidenziato dallaccenno del
rapporto dialettico tra il bimbo e il volto della madre («E la madre in lacrime si pone
il bimbo sulle ginocchia») che ci ricorda latteggiamento materno di talune Madonne
di Leonardo. E infatti proprio nel film Lo specchio il regista inserisce lunghe
inquadrature di alcuni quadri di Leonardo (Madonna col bambino e SantAnna, Vergine
delle rocce e Ritratto di Ginevra Benci).
Possiamo sottolineare quindi come nelle liriche del poeta il tempo venga proiettato in una
dimensione irreale, assoluta ma oggettiva allo stesso tempo, quello delle tragedie greche,
in cui ogni istante è racchiuso in un arco che unisce la vita e la morte: in esso ogni
istante possiede una sua necessità e un suo significato intrinseco.
La concezione del tempo, elemento fondamentale della poetica dei film del regista,
riprende chiaramente questa concezione. I lunghissimi piani-sequenza, che caratterizzano
la sua cifra stilistica, vogliono rappresentare proprio questo: egli minimizza la funzione
del montaggio per mettere in evidenza un significato intrinseco delle immagini in
relazione al tempo reale. Alcune scene, per sottolineare la loro importanza, vengono
addirittura rallentate. «Limmagine non è questo o quel significato espresso dal
regista, bensí un mondo intero che si riflette in una goccia dacqua, in una goccia
dacqua soltanto», dichiarava il regista sulla sua poetica, in polemica con la
retorica e i dettami del realismo socialista. Tuttavia la poetica del regista russo si
contrappone anche a gran parte del cinema hollywoodiano, in cui il montaggio ha un ruolo
fondamentale. A una struttura filmica sintetica, Tarkovskij contrappone una struttura
analitica. «La dominante assoluta dellimmagine cinematografica è costituita dal
ritmo che esprime lo scorrere del tempo allinterno dellinquadratura. Il fatto
poi che questo stesso scorrere del tempo venga rivelato anche dal comportamento dei
personaggi, dai trattamenti figurativi e dai suoni, tutto ciò costituisce una serie di
componenti collaterali che, ragionando dal punto di vista teorico, possono essere del
tutto assenti e, cionondimeno, lopera cinematografica esisterebbe lo stesso»,
diceva il regista. Il presente e il passato si possono fondere in una dimensione che li
comprenda entrambi. Scriveva il poeta, nella citata poesia intitolata «Vita, vita» e
letta nel film Lo specchio: «Ai presentimenti non credo e i presagi / non temo.
Né calunnie né veleni / io fuggo. Sulla terra non esiste la morte. / Tutti siamo
immortali. Tutto è immortale. /
/ Cè solo realtà e luce.» In questi versi
è, a mio avviso, evidente il legame con la concezione filmica illustrata dalle citazioni
del regista qui riportate.
Per quanto riguarda quella idea-immagine di un tempo «mitico» (cosí lo definisce
Costanzo Antermite) nel quale sogno e realtà sono fusi insieme, e di cui parlavamo a
proposito del poeta, i riferimenti nella cinematografia tarkovskiana sono continui; nel
film Solaris, tratto dallomonimo romanzo di Stanislaw Lem, un importante
autore polacco di fantascienza, si fa riferimento a un pianeta ricoperto da un oceano in
grado di dar forma alle fantasie degli scienziati mandati sul luogo per esplorare il
pianeta. Il tema dellemergenza dellinconscio è chiaramente esplicitato. Il
tema dellincontro con lalieno, con laltro, e insieme il tema della
scoperta del pianeta vengono genialmente fusi dallo scrittore nellimmagine
delloceano pensante. La condizione di isolamento in cui si trova la stazione degli
scienziati evidenzia già la difficoltà di rapportare le immagini suggerite
dalloceano alla realtà materiale. La difficoltà che il protagonista del film,
Kelvin, dovrà affrontare sarà quella di distinguere tra sogno e realtà, e piú
profondamente quella di comprendere le dinamiche inconsce.
In uninquadratura del film, Kelvin, attraverso i vetri bagnati della finestra,
osserva il padre muoversi tranquillo nel suo ambiente; una leggera pioggia gli bagna le
spalle, ma lui continua ad affaccendarsi senza accorgersene (ricordiamo, per inciso, che
tale episodio non è nel romanzo, ma solo nel film). Il riferimento al padre richiama
chiaramente il problema edipico. Lincapacità di comprendere le dinamiche inconsce
è rappresentata dallimmagine della moglie suicida, che indica proprio
limpossibilità di sciogliere il nodo edipico: lindifferenza del padre
condanna Edipo alla cecità, la moglie suicida è Giocasta.
Il film successivo, Lo specchio, è unopera fondamentale sia per quanto
riguarda la poetica del regista, sia per quanto riguarda la storia del cinema russo. In
questopera infatti non vi sono moduli stilistici di carattere epico e retorico,
tipici di molta cinematografia sovietica. Vi è una svolta radicale anche rispetto alla
precedente produzione del regista. In questo film egli è riuscito a esprimere i caratteri
di una cinematografia del tutto originale.
Il tema del film è chiaramente legato ai ricordi autobiografici della sua infanzia; la
complessa struttura dellopera è basata su un gioco di riflessi tra i vari
personaggi: la madre del protagonista diventerà sua moglie (nel film la stessa attrice
interpreta i due ruoli) e nel protagonista bambino si riflette suo figlio (possiamo
peraltro notare come compaia ancora una volta il riferimento edipico).
Il tema dellassenza del padre è un elemento fondamentale del film. Scrive a
proposito Vincenzo Camerino: «Lintegrale impalcatura dellopera viene elevata
nel segno della Madre-Natura e nellassenza del padre.»
Il film doveva intitolarsi inizialmente Una bianca, bianca giornata, titolo di una
lirica del padre a cui il regista fa riferimento nella scena finale:
«Sta una pietra presso il gelsomino.
Un tesoro cè sotto la pietra.
Mio padre è sul sentiero.
È una bianca, bianca giornata.
Il pioppo dargento è in fiore,
la centifoglia e dietro a lei
le rose rampicanti,
lerba lattescente.
Non sono mai stato
piú felice di allora.
Là non si può ritornare
e neppure raccontare
comera colmo di beatitudine
quel giardino di paradiso.»
Lultima inquadratura del film è il campo di grano saraceno in
fiore che si riferisce all«erba lattescente» della poesia. La tematica del film,
incentrata sul rapporto con la madre (che diventa anche la «terra-madre russa»
attraverso i riferimenti storici), è legata in maniera evidente a questa lirica. Proprio
in questo film compaiono per la prima volta quelle superfici bagnate, quelle stanze in
penombra, che sostanziano lo stile inconfondibile del regista dal punto di vista
iconologico: evidente il riferimento alla regressione nellutero materno.
Nelle fasi iniziali del film, è citata una bella poesia intitolata «Primi incontri»:
«Dei nostri incontri ogni momento noi
festeggiavamo come epifania,
soli nelluniverso tutto. Tu
piú ardita e lieve di un battito dala
su per la scala, come un capogiro
volavi sulla soglia, conducendomi
tra lumido lillà, dentro il tuo regno
che sta dallaltra parte dello specchio.
Quando scesa la notte, a me la grazia
fu elargita, le porte dellaltare
si aprirono, nel buio prese luce
e lenta si chinò la tua nudità.
Sulla terra tutto fu trasfigurato,
anche le cose semplici il catino,
la brocca e tra noi di sentinella
stava lacqua dura e stratiforme.
Chissà dove fummo sospinti,
dinanzi a noi saprivano miraggi
di città costruite per prodigio,
solo la menta si stendeva sotto i piedi
gli uccelli erano compagni di viaggio
i pesci balzavano dal fiume
il cielo si dispiegava ai nostri occhi
Quando il destino seguiva i nostri passi
come un pazzo con il rasoio in mano.»
A questa poesia segue limmagine della madre che guarda un fienile
che prende fuoco, dando forma alla tematica del desiderio svolta nella poesia: il
desiderio che, quando non è delimitato dallimmagine della nascita, distrugge
lidentità. Segue limmagine della donna che si lava i capelli in un catino: i
capelli coprono il suo volto mentre la mano del padre gli versa lacqua.
Limmagine potrebbe legarsi allimmagine precedente, quella dellincendio,
segnalando la perdita momentanea dellidentità e della figura nel regresso
allutero materno. A questa scena poetica segue una scossa e lintonaco si
stacca dalle mura della stanza (lorgasmo?). Si evidenzia quindi un legame coerente
tra i versi del padre e le immagini del figlio.
Il film successivo, Stalker, la cui sceneggiatura fu scritta da celebri autori di
fantascienza sovietica, i fratelli Boris e Arkadij Strugackij, sulla base del loro romanzo
Picnic sul ciglio della strada (trad. it. Mondadori: Stalker), è uno degli
episodi piú complessi della cinematografia tarkovskiana. Nel film tre personaggi tentano
di penetrare in una area recintata, chiamata «la zona», cui laccesso è vietato;
in questa zona si dice si trovi una stanza nella quale si possono avverare i piú
reconditi desideri.
Le inquadrature del percorso compiuto dai tre protagonisti del film per arrivare
allingresso della «stanza» sono girate in parte in uno spazio aperto, ma
successivamente la macchina da presa entra in un lungo cunicolo dove scorre un rivolo
dacqua, a mio avviso simbolo evidente di quella sorta di regressione nellutero
materno di cui parlavamo in relazione al precedente film. Ed ecco il nesso con quanto,
nellintroduzione a Poesie scelte, scrive Gario Zappi sulla poesia di Arsenij
Tarkovskij: «Il desiderio di trovare un compensativo allo stato di fratturazione
interiore e un eventuale cauterio, induce il poeta a intraprendere un lungo viaggio verso
il mondo ctonio delle Madri. Lo scandaglio della propria natura e di quella degli oggetti
circostanti, lapprofondimento dellautocoscienza, fanno sí che il poeta,
allinseguimento delle proprie visioni, tenti di varcare le soglie di quel
mondo-altro.» Quanto ha scritto Zappi rispetto alle poesie del padre potrebbe fornirci la
chiave interpretativa di questo film. Infatti i tre protagonisti del film, a mio avviso,
tentano anchessi di superare quella soglia che separa il mondo dei sogni dalla
realtà, ovvero ricercano quella chiave che gli permetterebbe di entrare nella «zona»
piú recondita dellio; ma la ricerca non approda a nulla e, nelle ultime
inquadrature del film, i tre personaggi arrivano alle soglie della «stanza» senza
riuscire ad entrarvi. Ecco che il tentativo del superamento della posizione di profetica
attesa, che i versi del poeta esprimono, si conclude con un fallimento e con un nulla di
fatto, cosa di cui il regista prenderà atto negli ultimi due film, Nostalghia e Sacrificio,
poco prima della sua scomparsa.
Di Arsenij Tarkovskij possono trovarsi diverse opere
in edizione italiana. I brani «E lo sognavo e lo sogno
» e «Da bimbo
mammalai» sono tratti da Poesie scelte, Scheiwiller, Milano 1989, a cura di
Gario Zappi. «Prima della neve», «Lospite è una stella», «La tomba del
poeta», «Vita, vita», Epigrafi puskiniane, «Una bianca, bianca giornata» e
«Primi incontri» sono tratti da Poesie e racconti, Tracce, Pescara 1991, a cura
di Paola Pedicone.
Il brano dellintervista ad Andrej Tarkovskij si trova nel volume Scolpire il
tempo, Ubulibri, Roma 1988, a cura di Vittorio Nadai.
Per ulteriori letture si suggeriscono i seguenti libri: F. I. TJUTCEV, , Ubulibri, Roma 1988, a cura di Vittorio Nadai.
Per ulteriori letture si suggeriscono i seguenti libri: F. I. TJUTCEV, , Poesie, Rizzoli, Milano 1993, p. 197, a cura di Eridano Bazzarelli
(«Sogno sul mare»); M, Rizzoli, Milano 1993, p. 197, a cura di Eridano Bazzarelli
(«Sogno sul mare»); MASSIMO FAGIOLI, , Istinto di morte e conoscenza, Nuove
Edizioni Romane, Roma 1972; E, Nuove
Edizioni Romane, Roma 1972; EFIM ETKIND, «Nikolaj Zabolockij», in , «Nikolaj Zabolockij», in Storia della
letteratura russa, Einaudi, Torino 1990, «Il Novecento», vol. II; COSTANZO ANTERMITE, «Poetica ed estetica in Tarkovskij» e VINCENZO CAMERINO, «La rivoluzionaria e
poetica ragione dellaltro specchio-desiderio», in AA.VV., , «La rivoluzionaria e
poetica ragione dellaltro specchio-desiderio», in AA.VV., Andrej Tarkovskij, le
ragioni della poesia, Capone Editore, s.l.p. 1987, a cura di Vincenzo Camerino; S, Capone Editore, s.l.p. 1987, a cura di Vincenzo Camerino; STANISLAW LEM, , Solaris,
Mondadori, Milano 1982; ARKADIJ STRUGACKIJ BORIS STRUGACKIJ, Stalker,
Mondadori, Milano 1988., Stalker,
Mondadori, Milano 1988.
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