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anno VIII n. 9 - settembre 1999

  

 RACCONTO

Il buco
Magari si tratta solo di fantasmi

Ecco, vedete… Lo ammetto, sono un po’ imbarazzata. Non saprei come spiegare una cosa del genere, da dove cominciare. Potrei sembrare una persona normale. A molti lo sembro eDisegno di Roberto Proietti ad altri, che non hanno    avuto modo   di conoscermi, senza dubbio appaio una persona normale. Infatti sono  in   grado di sostenere una conversazione banale su qualunque argomento. Anzi, in questo possiedo una certa abilità. Ho frequentato quando ero più giovane qualche salotto della buona società, e lì ho imparato  l’arte   della conversazione, di quel parlare che deve procedere leggero e liscio, magari anche vuoto, ma che deve tenere sempre desta l’attenzione, oltre che dei conversatori, anche degli ascoltatori, che altrimenti si annoierebbero.
Scusate, lo so che la cosa potrebbe non essere pertinente. Ma forse potrebbe aiutare a fornire un quadro più completo della mia personalità. E poi non lo so. Comunque anche adesso le cose sembrerebbero andare per il meglio. Sembra tutto normale, finché non si presenta un qualunque dettaglio, un particolare, un cenno ad un oggetto, che tutto assume un carattere completamente diverso.
Quello che prima sembrava una graziosa conversazione diventa per me una tortura, un tormento che sembra crescere di intensità in maniera incontrollata. La mia mente si contorce, ferita a morte, provocando indicibili tormenti a tutto il corpo. La cosa assume tratti mostruosi quando, al posto di un riferimento ad un oggetto, compare per caso di fronte a me l’oggetto incriminato in carne ed ossa. Lo so che potrebbe sembrare singolare l’esistenza di un «oggetto incriminato», come se un oggetto potesse essere colpevole di qualche cosa. Eppure per me è proprio così. Non ne conosco la ragione.
Ecco, vedete, ora tenterò di spiegare meglio di quale oggetto si tratti. Devo però avvertirvi che rammentare l’oggetto, o meglio la ragione insita nell’oggetto, che provoca in me una così acuta sofferenza, significherà sopportare per un’altra volta quel tormento. Di conseguenza mi devo scusare sin d’ora se il mio racconto sarà pieno di pause e di salti logici.
Un uomo teme una cosa. Un uomo teme molte cose. Comunque spesso l’uomo nutre verso un qualunque oggetto un timore irrazionale. Non so. Ma a me sembra che le cose siano proprio così. Da bambini tutti avevamo paura del buio. Poi generalmente si supera questa paura. Comunque esiste nella vita di quasi tutti gli uomini una segreta fonte di terrore. Mi scuso per la mancanza di chiarezza. È solo che non riesco a spiegare la cosa in modo semplice e diretto. Come vi avevo detto, esistono le paure. Magari si tratta solo di fantasmi, di illusioni, di visioni, ma che pure esistono, dal momento che provocano in noi qualche reazione. Qualcuno potrà obiettarmi che siamo noi che li creiamo i nostri fantasmi. Comunque la cosa, in fin dei conti, non conta per nulla. Il problema è la paura, l’angoscia, il resto sono chiacchiere inutili.
Ecco, vedete, la mia infanziaDisegno di Roberto Proietti non era differente da quella di molte altre figlie delle buone famiglie. Come tutti i bambini del mondo, anche io avevo paura del buio. Ma col tempo mi accorsi che non si trattava più del buio. No, era diventata qualcos’altro. Mi ero anche abituata a dormire al buio senza grossi problemi. Solo che mi capitava, ogni tanto, di provare una certa angoscia legata ad alcuni pensieri, o se volete, ad alcune immagini ricorrenti. Mi capitava in questi momenti di pensare ad un gorgo, un mulinello, oppure ad un vortice, ad un oggetto che avrebbe potuto risucchiare tutto.
Mi ricordo perfettamente quando il nostro maestro delle elementari ebbe l’indecente impudicizia di parlarci dei buchi neri, sostenendo la  reale esistenza (che a quanto pare la scienza ha ormai dimostrato) di questi buchi che risucchiano e annullano la materia. Da quel momento in poi mi sono accorta che i miei pensieri angosciosi provocavano in me una sensazione indicibilmente tormentosa. L’angoscia che la materia venga annullata creava in me una strana vertigine, una assurda sensazione di essere risucchiata, di essere portata via, di essere annullata. La cosa può sembrare strana, assurda, ma solo a chi non ha mai provato una sensazione del genere. Le mie viscere in quel momento erano scosse da una sensazione dolorosa, ma persino piacevole. Il vero problema era l’indicibile angoscia che accompagnava quei momenti.
Non saprei descrivere con precisione a che cosa era legato quel terribile senso di angoscia. Avevo la sensazione che il tempo e lo spazio stessero per annullarsi; anzi, no, era come se tutto dovesse concentrarsi in un unico punto, come se tutte le forze dell’universo si fossero date appuntamento in un unico punto per distruggere completamente la materia. Sembrava un delirio, forse l’idea che la materia potesse essere annullata assomiglia ad un delirio. Ma ciò che il maestro aveva spiegato con il suo solito zelo e la sua straordinaria chiarezza stava a dimostrare che quell’idea non è un delirio, che quella possibilità esiste davvero.
Sono cresciuta serbando in me quel segreto così orribile e spaventoso. Non volevo parlarne con nessuno. Mi sembrava che nessuno avrebbe compreso, che il problema con il tempo si sarebbe potuto risolvere, che sarebbe potuto scomparire da un momento all’altro senza lasciare alcuna traccia, finché non mi assaliva nuovamente quell’idea così spaventosa. Tuttavia, con il tempo, mi sembrava di essere in grado di controllare, in qualche modo, quegli strani attacchi. Mi sembrava che, nel corso del tempo in cui la mia forza d’animo andava maturando, si rafforzava in me una volontà in grado di contrastare quel male. Facevo degli esercizi tutti i giorni per convincermi che quel male non esisteva, che il male non sarebbe mai più esistito se solo avessi voluto, se solo la mia volontà si fosse opposta con tutta la sua forza.
Con il tempo qualche risultato lo ottenni. Ero convinta che adesso quelle crisi acute, quei contorcimenti della mente e del corpo, sarebbero diventati solo un brutto ricordo dell’infanzia, ma dovetti presto rendermi conto che le cose non stavano esattamente così.
È vero, adesso non mi capitava più di essere assalita da quelle sensazioni spaventose, da quegli spasimi orribili. Tuttavia appena intorno a me si manifestava in qualunque modo, astratto o concreto che fosse, l’idea di un oggetto, di un… buco, scusate la sola pronuncia di questaDisegno di Roberto Proietti parola… beh, insomma, appena si manifesta quell’idea, sotto forma di un oggetto qualunque, come una ciambella,   il   formaggio Emmental o qualunque cosa del genere… oh, scusatemi. Insomma, basta solo il nome di un oggetto di quel genere, che il mio corpo viene di nuovo scosso da quel senso di rigetto, da quel rifiuto viscerale, e di nuovo quell’indicibile tormento si impossessa di me.
Ecco, non so se ho dato l’idea di questo strano fenomeno. Mi scuso nuovamente per la mancanza di chiarezza. Il problema è che neanche io sono mai riuscita a capirne la ragione. Indubbiamente, come ho già detto, ognuno ha paura di un oggetto, ognuno ha i suoi fantasmi, ma il mio fantasma, la mia persecuzione è piuttosto… un concetto, un’idea. Per chiarirmi, posso provare a spiegarmi meglio: un proiettile che buca un muro, oppure un cilindro di un motore, o altri oggetti di forma rotonda, non provocano in me alcuna sensazione. Il problema si pone quando ci troviamo di fronte ad oggetti nei quali è l’idea astratta che si realizza senza una vera e propria utilità pratica, quando insomma è l’idea che si manifesta in tutta la sua potenza, come… oh, scusate, preferirei evitare, sapete…
Lorenzo Pompeo
Illustrazioni di Roberto Proietti

 

  
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