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Anno VII num 5/6 __________________ Pagina 17 - Itinerari culturali


Anno VII numero 5/6 - maggio/giugno 1998 - pagina 16


STORIA


 

La grande strategia dell'Impero Romano

L’apparato militare per dare sicurezza alla società, senza pregiudicare la vitalità delle sue basi economiche

      Con questo numero inizieremoa parlare dell’apparato militare romano tra il I e il III secolo d.C. Una sintesi tratta dall’libro “La grande strategia dell’impero romano” di Edward N. Luttwak Biblioteca universale Rizzoli

Le basi della strategia romana in epoca imperiale si fondavano sui due requisiti essenziali di una società in evoluzione ed erano una sicura base materiale e un’adeguata sicurezza.

Per i Romani era importante dare sicurezza alla società, senza pregiudicare la vitalità delle sue basi economiche e senza compromettere la stabilità di un ordine politico in evoluzione.

La tattica dei Romani, era quasi sempre efficace, il soldato romano non era famoso per il suo coraggio, ma per la sua professionalità , era un guerriero di professione e il suo scopo non era la morte da eroe, ma una adeguata liquidazione per il ritiro a vita privata.

La superiorità dell’impero derivava dall’insieme delle idee e delle tradizioni che formavano l’organizzazione del potere militare, e dal saper sfruttare quest’ultimo a scopi politici.

Insieme al denaro e a un’abile diplomazia, le forze pronte a combattere, ma trattenute dallo scendere in campo, erano un mezzo molto efficace per mantenere divisi coloro che uniti avrebbero potuto minacciare l’impero, e per controllare popoli e paesi mediante l’intimidazione fino al punto di raggiungere una sufficiente sicurezza o addirittura una reale dominazione senza il minimo impiego di forze.

La stessa tendenza a tenere in serbo le forze si manifestava anche in guerra, a livello tattico. Il comandante romano non era una figura di tipo eroico, che guidava le sue truppe alla carica verso la vittoria o la morte, bensì un capo che avanzando lentamente costruiva dietro di sé strade per approvvigionamenti e ogni notte allestiva accampamenti fortificati. Era solito aspettare la resa del nemico per fame, durante un assedio piuttosto che rischiare forti perdite prendendo d’assalto le fortificazioni.

Nel periodo da noi considerato si possono riconoscere tre diversi sistemi di sicurezza imperiale.

Ciascun sistema aveva lo scopo di realizzare una determinata serie di esigenze prioritarie, dove parimenti si riflettevano gli ideali successivamente concepiti dell’impero: l’espansionismo egemonico per il primo sistema, la sicurezza territoriale per il secondo, e infine, la semplice sopravvivenza dell’impero in decadenza per il terzo.

Ciascun sistema rifletteva una diversa concezione del mondo e della dominazione romana, in altre parole con il primo sistema i Romani fecero grandi conquiste per servire l’interesse di coloro che detenevano il controllo della politica. Successivamente il pensiero romano si sviluppò verso una più aperta concezione dell’impero. In base al secondo sistema uomini nati in regioni lontane potevano chiamarsi Romani, le frontiere erano efficacemente controllate per difendere la crescente prosperità e gli interessi di tutti.

Sotto il terzo sistema, elaborato in seguito alla grande crisi del III secolo, la difesa della sicurezza divenne un compito sempre più gravoso per la società, un compito distribuito in modo irregolare, che poteva arricchire il ricco e rovinare il povero, ma anche allora molti restarono fedeli all’impero, perché l’unica alternativa sarebbe stato il caos. L’ultimo sistema di sicurezza imperiale perse tutto il suo valore non appena gli stati barbari cominciarono ad organizzarsi così da poter fornire un certo grado di sicurezza in quei paesi un tempo romani.

Stati “clienti” e eserciti mobili

La caratteristica più sorprendente del sistema di sicurezza imperiale della dinastia Giulio-Claudia è rappresentata dalla sua “economia di forze”. Alla morte di Augusto, nel 14 d.C., i territori soggetti al controllo imperiale, sia diretto che indiretto comprendevano le regioni costiere di tutto il bacino del mediterraneo, l’intera penisola Iberica, l’entroterra continentale europeo fino al Reno e al Danubio, l’Anatolia e, più lontano, il regno del Bosforo sulle coste settentrionale del Mar Nero.

Il controllo di tutto questo territorio era esercitato da un piccolo esercito formato da 29 legioni effettive per un totale di circa 174.000 soldati. Ogni legione era formata da circa 6000 soldati di cui circa 5120 fanti, 120 uomini di cavalleria e diverse truppe del quartier generale.

La paga e il mantenimento annuale per un soldato legionario già addestrato arrivavano a 225 denarii, le spese complessive di liquidazione, erano fissate in 3.000 denarii (nel 5 d.C.), è stato ipotizzato che il costo complessivo dell’esercito non oltrepassasse la metà delle entrate imperiali all’inizio del principato.

Le forze legionarie e le truppe ausiliarie, erano dislocate in modo da formare una sottile linea di confine ai margini dell’impero, in modo da garantire soprattutto una sicurezza interna. Non esisteva ancora una demarcazione precisa dei confini dell’impero, né un sistema fisso di difesa di tali confini; le legioni non erano alloggiate in fortificazioni stabili costruite in pietra, ma in tende di pelle o in quartieri invernali in legno (hiberna).

Le legioni, poste sulle principali vie di comunicazione che conducevano sia alle regioni non ancora conquistate sia alle province in rivolta non servivano a difendere le zone limitrofe ma come forze mobili pronte ad attaccare di sorpresa. Altro strumento di controllo strategico erano le colonie che pur non essendo dei principali centri di romanizzazione erano delle isole di diretto controllo romano in un impero ancora in parte egemonico, e rivestivano una particolare importanza specialmente in quelle zone come l’Anatolia dove di solito non era dislocata nessuna legione.

Queste colonie fornivano delle sicure basi di osservazione e di controllo essendo i loro abitanti un esercito già pronto di ex soldati e figli di soldati, che potevano difendere le loro città in caso di attacco e resistere fino all’arrivo delle truppe imperiali.

Questa assenza di una difesa di confine è la chiave di tutto il sistema di sicurezza imperiale in questo periodo. Non esistevano né difese né truppe a guardia del territorio imperiale contro i pericoli a bassa intensità ma esisteva una protezione attraverso mezzi indiretti e non di tipo militare, infatti eliminando l’onere di mantenimento delle difese alle frontiere veniva incrementato al massimo il potenziale militare delle truppe così da far credere agli altri popoli che Roma le avesse a disposizione per uso offensivo e ciò veniva sfruttato politicamente con mezzi diplomatici. In questo modo il potenziale militare dell’impero poteva essere convertito vantaggiosamente in un reale controllo politico.

Gli strumenti diplomatici che rendevano possibile questa conversione erano gli stati e i popoli “clienti” di Roma. Erano proprio loro che si preoccupavano di prevenire gli attacchi contro il territorio delle province, la loro obbedienza faceva diminuire la necessità di assicurare delle difese localizzate alla periferia dell’impero aumentando così il potenziale militare netto a disposizione di Roma.

Marco Brannetti