Anno VI
num 9/10 __________________ Pagina 18 - Filosofia
Anno VI num. 9/10 - set/ott 1997 -
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IL RACCONTO
La radio
La sapienza del passato è divenuta un
soprammobile, sta lì in un angolo a prender polvere, sola, dimenticata, inutile
Era esposta nel museo improvvisato della fiera del paese fra altre
gloriose meraviglie delletà moderna, come una grossa e tozza regina.
Sotto la luce calda di un faretto giallo, non sembrava un prodotto
tecnologico ma uno scrigno di radica morbida e luminosa riempito di magie da un falegname
fantasioso.
Lantenna, di filo di rame sottile e lucente, era un arabesco
avvolto in una spirale spigolosa di quadri sempre più piccoli fino a svanire nel nulla,
una forma fatta per catturar le vibrazioni delletere come una ragnatela cattura gli
insetti.
I comandi erano semplici. Una grossa manopola di bachelite marrone per
la sintonia, sulla destra, ed una identica a sinistra per laccensione ed il volume.
Fra le manopole cera il quadrante della sintonia, ovale, in cui la
lancetta dellindicatore ruotava sui nomi delle stazioni scritti fittissimi. Fra
questi, oltre a quelli di città note e vicine, ce nerano di esotici, di località
lontane oltre ogni illusione di potersi mettere in contatto, Istanbul, Bagdad, Hong Kong,
Ziznick....
Dove mai sarà Ziznick?
Laltoparlante era sospeso con piccole molle per evitare risonanze
indesiderate nella cassa armonica. Era rotondo e robusto, adatto a voci importanti, come
la cassa armonica, vasta, solida, spessa come il petto di un tenore.
Allinterno, attraverso la grata di protezione posta sul retro, si
vedevano le grosse valvole di vetro argentato che ospitavano misteriose geometrie
metalliche, capaci di comprendere il linguaggio degli esotici elettroni venuti da quelle
stazioni da favola e rimasti impigliati nellantenna come farfalle nella rete.
Parevano, quelle valvole, sfere di cristallo per scrutare nel tempo,
frutto di una tecnologia lontana da noi solo pochi decenni, ma tanto diversa da quella
doggi da far pensare ad una sapienza aliena e inconciliabile con una mente
terrestre.
Dovevo riscoprire il mistero di quei fiori di metallo delicato come
seta, interpreti di magie dimenticate.
Mi guardai attorno e, siccome non cera nessuno nelle vicinanze,
allungai la mano per toccarla nonostante fosse proibito da un severo cartello.
Assaporai una morbidezza calda e pastosa, tanto diversa dalla freddezza
esigente dei prodotti dei giorni nostri, e quella grossa, tozza radio daltri tempi
mi sembrò la cosa più vicina alla perfezione si potesse immaginare.
Mi ribellai al pensiero che fosse lì, sotto un faretto giallo, a
suscitar nostalgie nei nostri vecchi in quellunico giorno di festa allanno e
per il resto dimenticata in un angolo.
Che è successo al mondo? pensai e subito fui pieno di pensieri che non
avevo in programma di pensare.
Che è successo alla radice quadrata?
Nessuno la sa più fare. Per calcolarla basta una macchinetta da poche
lire.
Come si fanno le cose banali?
Come si accende un fuoco senza fiammiferi?
Di sicuro qualcuno lo sa, ma tutti gli altri hanno dimenticato.
Dimentichiamo qualcosa ogni giorno e in mille piccole cose ci spaventano
i segni di un sapere sconosciuto.
La sapienza del passato è divenuta un soprammobile, sta lì in un
angolo a prender polvere, sola, dimenticata, inutile.
Ma per qualcuno di noi è tornata magia, un mistero da riscoprire e
capace di ridar luce ad una vita che sempre più sta sbiadendo.
Forse quella sapienza fa parte del futuro, il tempo desiderato in cui
avremo soddisfatto la nostalgia per un mondo più semplice.
Forse il tempo si è invertito, si è chiuso in circolo su un passato
vicino ma dimenticato, si è rivoltato come un calzino, per farci uscire dalla nuova e
antica barbarie in cui viviamo.
La luce del faretto giallo cadeva sulla radica lucente dello scrigno e
suscitava riflessi dorati, segni della magia che desideravo esistesse al suo interno.
Furtivamente girai la manopola di sinistra.
Linterruttore rispose al mio sforzo con un clack metallico e
subito un ronzio caldo riempì laria che divenne in qualche modo densa ed
importante.
Le valvole si stavano scaldando, vedevo i filamenti rosseggiare oltre la
grata di protezione e passare poi allincandescenza.
Il ronzio si trasformò in un fischio fastidioso, nessuno trasmetteva
sulla frequenza selezionata.
Girai la manopola di destra, cercando di sintonizzarmi su qualche
stazione, ma non cambiò nulla.
Le stazioni da favola non trasmettevano più, nellaria non
volavano più elettroni esotici, si usano altri linguaggi per piegare letere, oggi,
incomprensibili per le vecchie valvole argentate che scaldavano il cuore della radio di
radica.
Captai solo fischi e brontolii, il malumore di uno strumento perfetto in
cui il ricordo del futuro palpitava come brace sotto la cenere. Continuai a girare la
manopola di bachelite, in cerca di vecchi segnali dimenticati nellaria ma non
succedeva nulla, quella magia daltri tempi sembrava aver perso ogni potere.
Poi la lancetta arrivò su Ziznick (nessun nome sembrava più
inventato di questo) e, imprevedibilmente, il fischio scomparve e
dallaltoparlante uscì una canzone.
Stupefatto, riconobbi Yellow Submarine, il Sottomarino Giallo dei
Beatles che parte al soccorso dellUomo_che_non_cè, oltre il Mare dei Buchi
Neri, nel paese dove i Biechi Blu hanno distrutto la musica e la civiltà.
Tornai con la mente a quando lavevo ascoltata per la prima volta e
lasciai che la nostalgia mi facesse rabbrividire.
Correvo a comprare i dischi appena usciti e li facevo ascoltare alla mia
ragazza, in silenzio, per ore, sfidando la sua pazienza.
Ascoltavo le loro parole una ad una, con lorecchio incollato
allaltoparlante, le scrivevo su un quaderno a quadretti, imparavo un Inglese che a
scuola non mi insegnavano.
Di tutto quello che era possibile trasmettere e ricevere, proprio quella
canzone della mia giovinezza.... Era un messaggio? Era per me? Una scheggia di magia solo
per me? Quella grossa, diabolica regina era brava a suscitar ricordi e nostalgie. Girai la
manopola e credetti di spegnerla ma la canzone non si interruppe.
Ziznick continuava a trasmettere.
Cantava un Beatle dallinsolita voce di tenore ma non era di
John,
nè di Paul, nè di George, nè di Ringo.
Roberto Zini
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