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Notizie dal mondo – Ottobre 2009

Ottobre 11
23:00 2009

Dopo settant’anni Mosca introduce l’ora di religione nelle scuole
Il presidente russo Medvedev ha annunciato che il governo federale avvierà un programma nazionale di insegnamento delle religioni nelle scuole. Il Paese, uscito da 70 anni di ateismo di Stato, a 20 anni dal crollo dell’Urss, si dichiara ortodosso per il 73%. Gli alunni o i loro genitori, potranno scegliere tra le quattro fedi riconosciute a livello nazionale, la ortodossa, la musulmana, l’ebraica e la buddista, oppure un corso di religione comparata.

Gli atei o agnostici potranno seguire in alternativa lezioni di educazione civica. Fino ai 14 anni di età la scelta spetterà ai genitori, in seguito decideranno gli studenti stessi. Il patriarca Kirill ha sottolineato l’importanza della volontarietà della scelta “dopo l’esperienza infelice dell’impero russo, quando tutti dovevano imparare la legge di Dio e poi sono andati a segare le croci”, ha ricordato, alludendo all’obbligatorietà dell’insegnamento scolastico della fede ortodossa in età zarista e alle successive repressioni bolsceviche nei confronti della Chiesa. Il Patriarcato di Mosca, che ha lottato a lungo per l’inserimento dell’insegnamento della fede ortodossa, dichiara di condividere anche la scelta del governo di docenti laici. Il presidente Medvedev ha spiegato che la legge prevede un sistema multiconfessionale e laico nel rispetto delle differenze religiose e delle caratteristiche di un Paese multiculturale ed in bilico tra Europa ed Asia. L’ora di religione sarà introdotta sperimentalmente dal prossimo settembre in 18 regioni russe per un totale di 12 mila istituti e 256 mila studenti. Dal 2012 diventerà «obbligatoria», a partire dalla quarta classe, ossia dall’età di dieci anni. L’apertura alle confessioni religiose riguarderà anche l’esercito dove sarà sufficiente che il 10 % dei militari si dichiari fedele di una certa religione per garantire la presenza di un cappellano di quella confessione.

 

Israele: la toponomastica sarà solo in ebraico, anche per Gerusalemme
Né Jerusalem né al-Quds. Ora Gerusalemme, la città santa per le tre grandi religioni monoteiste, avrà solo il nome ebraico: Yerushalaim. Lo ha riferito giorni fa il quotidiano israeliano (Yediot Ahronot, citando il ministro dei Trasporti e della Sicurezza Stradale israeliano Israel Katz, esponente del partito Likud. ‘’Per me è inaccettabile che Gerusalemme venga indicata nella cartellonistica con il nome nelle tre lingue: inglese, arabo ed ebraico. Ci sarà solo quello ebraico”. Così Katz ha commentato la sua iniziativa, che lo stesso giornale definisce ideologica. L’esponente del Likud non è nuovo a questo genere di esternazioni. La stessa iniziativa della ‘pulizia etnica’ dei cartelli stradali e della toponomastica è iniziata un anno fa, ma da quando Katz è stato nominato al dicastero dei Trasporti l’iniziativa ha conosciuto nuova vita, nonostante le polemiche. Nella stessa intervista, Katz ha dichiarato che la decisione non riguarderà solo Gerusalemme, ma anche Nasera che diventerà Nazareth ed Akka che diventerà Akko. In realtà è più corretto dire che rimarranno solo con il nome ebraico, perché gli israeliani le chiamavano già così. (peace reporter)

 

Kashmir: custodi musulmani preservano antico tempio indù
Sulle rive del gelido fiume Lidder, in uno dei luoghi più belli della valle del Kashmir, un tempietto indù, vecchio di 900 anni, è custodito da musulmani in rispetto di una promessa tra amici. Quando nel 1989 il pandit (come sono chiamati gli indù kashmiri) Radha Krishen, capo della confraternita che si prendeva cura del tempietto Mamalaka – il più antico tempio induista nella valle del Kashmir abitata da musulmani, decise insieme con gli altri pandit di lasciare la zona per lo scoppio della guerriglia indipendentista islamica, chiese al suo amico di tutta una vita, Abdul Bath, un musulmano, di tenere sempre aperti i cancelli del tempio. Il piccolo edificio di pietra, di un solo vano, sormontato da un tetto a piramide, è dedicato al dio Shiva, e ha scavate nella roccia immagini della moglie Parvati, del loro figlio Ganesh, il dio dalla testa di elefante, e di Hanuman, uno spirito dall’aspetto di scimmia; all’interno c’è una piccola stele di pietra nera, simboleggiante il dio Shiva, ed una sorgente naturale ritenuta benedetta. Dopo la partenza dei pandit (una minoranza in Kashmir, che vive soprattutto nel sud, nel distretto di Jammu), il tempio divenne un monumento archeologico protetto dallo stato. Bath mantenne il suo impegno d’amicizia fino al 2004, quando decise di andarsene e da allora a tenere aperto il luogo sacro ci pensano due custodi musulmani, Mohammad Abdulla e Ghulam Hassan. Non solo fanno le pulizie e le riparazioni necessarie, ma ogni giorno aprono i cancelli, suonano le campane sacre e intonano persino i canti di lode a Shiva (aartis). “È il simbolo della fratellanza tra kashmiri musulmani e pandit” ha detto Abdulla ai media indiani; un sentimento condiviso dal resto degli abitanti locali, che credono il luogo pervaso da una forza positiva, motivo per cui, in tanti anni di guerra, la zona è stata risparmiata dai combattimenti. Che il posto abbia la forza di dimostrare la vicinanza tra i due popoli, lo rivela anche l’apprezzamento dei turisti indù per la cura con cui è mantenuto il tempio; tra i visitatori, talvolta, arriva qualcuno dei pandit che qui vivevano e che ritornano in visita. “Stiamo mantenendo l’impegno preso di custodire il tempio per i pandit kashmiri” ha detto Abdulla, “ci auguriamo che possano tornare presto e riprenderlo nelle loro mani”.

 

Nome: M-Tech; origine: Gruppo Melcome, Lusaka; nazionalità: Zambia.
Questa è la carta d’identità del primo cellulare made in Africa, lanciato sul mercato africano all’inizio di luglio. Lo stabilimento di MMobile, a Lusaka, ha già pronti 10mila telefoni, destinati al mercato africano. E ha in tasca una commissione per altri 30mila pezzi. L’obiettivo è quello di proporre un’alternativa africana ai sempre più numerosi consumatori africani. Una scelta che guarda da vicino la realtà: il mercato è in inarrestabile crescita, la domanda di cellulari cresce in Africa ad un ritmo del 49,3% annuo. La mancanza di infrastrutture rende infatti il cellulare uno strumento fondamentale per le comunicazioni. In base alle previsioni, nel 2012 l’estensione del mercato delle telefonia mobile in Africa raggiungerà la media del 60%.
Il progetto, iniziato 3 anni fa, ha un valore di 7 milioni di dollari, è sostenuto dall’azienda di telecomunicazioni del gruppo zambiano Melcome in collaborazione con il governo di Lusaka e l’Agenzia di cooperazione del Giappone. Se la qualità del prodotto e i servizi (radio, Gsm, schermo a colori) forniti sono all’altezza del mercato, il prezzo ancora non lo è: l’M-Tech costa 18 euro, un costo troppo elevato per il mercato nazionale, che deve concorrere con telefoni importati dalle compagnie straniere attraverso la società Zain Zambia, dal costo anche di 7 euro. (nigrizia.it)

 

Comunicazioni dirette in fibra ottica tra Cina e India
Il progetto coinvolge China Telecom Corp e l’indiana Reliance Communications. Centinaia di chilometri di fibra ottica con una capacità di 4,8 terabyte. La nuova rete supererà l’Himalaya attraverso il passo Nath La, che congiunge la città tibetana di Yadong con Siliguri, centro del distretto di Darjeeling nello Stato indiano del West Bengala. È già stata ribattezzata “la nuova via della seta”: centinaia di chilometri di fibra ottica, separati rispetto alle rispettive linee locali già esistenti. Han Yihu, amministratore delegato della China Telecom Corp, Punit Garg, presidente di Reliance Communications, afferma che “questo nuovo cavo aiuterà i nostri clienti in Asia, ed oltre, a competere in modo effettivo su scala globale”. ha definito il progetto come “una pietra miliare” destinata “a migliorare le opportunità di sviluppo per gli affari internazionali” e dei due Paesi. Secondo le due parti “la nuova via della seta” avrà un influsso benefico “a lungo termine” anche sulle economie di Paesi vicini come Nepal, Buthan, Sri Lanka, Pakistan e Bangladesh. Il nuovo sistema via cavo avrà una iniziale capacità di 20 giga al secondo, ma è destinato a raggiungere una potenza di 4,8 terabyte, centinaia di volte superiore all’attuale larghezza di banda tra i due Paesi.

 

Cina: nasce un mensile interamente dedicato all’Africa
Pechino – Contiene reportage, interviste e notizie di politica, economia e cultura il primo numero del mensile Africa già disponibile nelle edicole della capitale cinese. Promossa dall’Associazione dell’amicizia sino-africana, la rivista “aiuterà ad attirare l’attenzione dei cinesi sui popoli dell’Africa” ha detto Nolana Ta Ama, ambasciatore del Togo e decano del corpo diplomatico nella Repubblica popolare, citato dall’agenzia ufficiale Nuova Cina. Nelle sue 86 pagine a colori e in lingua cinese, ma sono in corso i preparativi delle versioni in lingua inglese e francese, Africa racchiude soprattutto informazioni utili per gli investitori, sempre più interessati al potenziale e alle immense risorse naturali del continente nero. Secondo il ministero del Commercio di Pechino, nei primi sei mesi di quest’anno gli investimenti diretti della Cina in Africa sono aumentati dell’81%, per un valore di 552 milioni di dollari, l’equivalente di 387 milioni di euro. (misna)

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