Note da un’estate (che abbaglia)
Le istituzioni come certa informazione, hanno deciso di continuare ad occuparsi di ogni emergenza nel vecchio modo possibile: ignorandola con la semplice arte della semplificazione. Non riuscendo che a ‘tamponare’, e per non programmare: cadono alberi e si grida al rimedio, per dimenticare tutto quanto accaduto già il giorno dopo (i motivi delle cadute esistono, caso per caso); le mareggiate cominciano a portarsi via le linee di costa con stabilimenti e altri manufatti e gli eventi meteorici estremi di brevissima durata e notevole danno, dopo lo strillo si tacciono. Le nubi tossiche generate da incendi, mescolate a tutte le altre, cosa vuoi che provochino? La politica non essendo in grado di dire cosa accadrà domani, o non volendo condividerlo con cittadini considerati allarmisti e ignoranti, si fa vedere meno possibile riguardo questi messaggi visti come menagrami. Meglio inaugurare, partire, fare cerimonie….
La ‘civiltà del coltello’, da qualche anno a questa parte, nuovo evo dell’antropocene inaugurato da violenze inaudite verso qualsiasi cosa voglia fare un coetaneo/una coetanea tra giovani e giovanissimi, (cambiare lavoro, lasciare un fidanzato/a, fare una battuta, rifiutarsi di fare sesso, osservarsi, passeggiare per strada) porta i propri tragici risultati sulle pagine dei quotidiani: certo le pagine dei quotidiani sono, certe volte, la vetrina del dramma e occorre ricordare quanti ragazzi/e ci siano che fanno vacanze in pace, studiano per rimediare insufficienze, lavorano, fanno volontariato. Questa, però, è una parte della nuova società in costruzione nella quale si reagisce primitivamente, secondo istinto, alle azioni dell’altro che non piacciono. Dal mondo in rosa della nuova “Barbie”, nel film non a caso inneggiato quasi come esempio di critica sociale (ma davvero?); dai ‘buona giornata’ reiterati come patatine croccanti all’ora dell’amato aperitivo, i sereni ragazzi e ragazzini sanno passare alle vie di fatto. Non è bello vederlo e nemmeno prenderne atto nero su bianco, raccontare quello che accade perché ogni storia è dolorosa e i protagonisti non sono né attori né attrici. La parola ed il ragionamento falliscono, soppiantati da immagini a loop, sottomissione totale alle stesse e all’estetica dei corpi. E dopo cosa c’è?
Nonostante tutto quel che accade a livello climatico, c’è chi nega, probabilmente così non ci si obbliga a fare qualcosa, e come se il clima fosse un tavolo ideologico. C’è anche la questione economica, il turismo in Italia deve tirare: c’è stato lo stop forzato per la pandemia, molti Paesi ci fanno concorrenza. Così si ronza sempre un po’ intorno alle solite notizie e certa informazione sembra essere costruita solo per far venire il dubbio che se non si partecipa all’abbuffata estiva non si è nessuno. C’è un’Italia, per fortuna, dai luoghi infinitamente distanti dal caos, molto verde, ben organizzata per dare il giusto confort senza strafare, e senza dover spendere fortune per frequentarla. Forse non è direttamente sulla rotta del turismo strillato ma si potrà trovare fuori dalle rotte battute da tanti. Sostenibilità, perché non stia nel discorso come una parola vuota, significa accettare di non essere serviti all’istante; di fare la vacanza o il viaggio al giusto ritmo senza entrare nelle logiche da ‘divertimentificio’, ritrovare il piacere di stare con gli altri, in lentezza, magari abbandonando un po’ il cellulare che, subito oltre patrio confine, è tenuto in considerazione quasi da nessuno (forse qualcuno durante i noiosi tragitti in metro).
Fuori dai confini della Penisola molti allarmi che si respirano dentro i confini, semplicemente, scompaiono. Nelle aree a clima continentale e salendo verso il nord Europa l’allarme clima si affievolisce, anche se non sempre. Colpisce l’accortezza di alcune nazioni nell’inerbire ogni superficie possibile, compresi i tetti, e nell’usare il meno possibile l’asfalto ed il cemento sostituendoli con materiale naturale, fra cui, spesso, il legno. Scompare l’allarme immondizia, forse più efficiente la raccolta ma praticamente nessuno si sogna di gettare qualsivoglia cosa per terra. La bellezza di parchi e giardini è sostenuta dal clima più fresco e dall’accorta raccolta di acque piovane ma la capacità di fare di ogni luogo pubblico casa propria pur non appropriandosene è una filosofia che nel Bel Paese sta diventando sconosciuta. In questi altri paesi si incontrano amache appese nei parchi per riposare, sdraio sui moli, lettoni nei giardini dei musei, giochi in qualunque posto occorrano. Questa estate, invece, da noi, è finita negli incendi appiccati da piromani anche un’opera dell’artista Pistoletto messa a disposizione della cittadinanza mentre piogge e vento fuori misura sradicavano alberi di tutti.
Un sindaco ai Castelli Romani, vuole tirare giù dei platani più che cinquantennali di una delle piazzette più intime e amate della cittadina (amata perché in ombra, perché protetta, verde, ventosa, accogliente), e se anche fossero malati si è già tentato di tutto per curarli oltre che capitozzarli oltre ogni sopportazione visto che non sono così vecchi? Queste magnifiche piccole piazzette con i platani e magari una fontanella, viaggiando, si scopre che le condividiamo in gran parte con i Greci: anche loro le stesse intense pietre, qualche volta imbiancate, con una panchina, un platano o più di uno che cantano al vento; giovani e anziani conversano al fresco, e ogni volta ci si lascia il cuore. Ma se il futuro non è questa ricchezza, questa storia, allora il futuro qual è? (Serena Grizi)
Immagine web
Non ci sono commenti, vuoi farlo tu?
Scrivi un commento