#Nonleggeteilibri ‘Vergine giurata’
Non leggete i libri
fateveli raccontare” (Luciano Bianciardi)
Vergine giurata di Elvira Dones, Feltrinelli – anno 2007 € 15 e-book disponibile NO isbn 9788807017360 – disponibile prestito interbibliotecario SBCR
Può darsi che non sia un capolavoro questo bel libro di Elvira Dones, preoccupato com’è, a tratti, di restituire la chiusura di un cerchio apertosi con l’accettazione di Hana, albanese che abita un villaggio di montagna ricco di tradizioni e poverissimo di risorse, di farsi uomo secondo l’antico codice del Kanun; restare ‘vergine giurata’ per quattordici lunghi anni e tornare pian piano sui propri passi pagando con la moneta sonante del dolore questo suo ripensamento. La scelta di Hana pare volesse evitare un matrimonio combinato che lo zio morente, che l’ha cresciuta al posto dei genitori morti tragicamente, avrebbe dovuto imporle per assicurarle pane e protezione in seno ad una nuova famiglia. Hana, che ha già frequentato qualche anno di università, ha visto Tirana, ha capito come funziona la vita cittadina, in parte sa che avrebbe potuto cavarsela da sola mettendo mano a qualche cambiamento, ma decide di percorrere l’ardua strada di ‘vergine giurata’ perché come donna ‘contemporanea’ sente di dover pagare un pegno alla tradizione. L’artificio letterario, anche se non imposto in maniera tanto netta, pare nascere da una leggera forzatura della storia: anzi, diventa la condizione per poter raccontare questa storia per parte d’una narratrice consapevole, invece che per parte d’una donna completamente assoggettata alla propria cultura, ai voleri patriarcali. L’artificio romanzesco, però, qualche volta mostra la corda, soprattutto nelle immense reticenze sulla vita di Hana fattasi Mark, perché non è proprio chiaro come abbia potuto trascorrere quattordici anni nei panni d’un uomo e come nel momento di spogliarsene, una delle più grandi preoccupazioni sia l’aspetto esteriore, mai curato per quasi tre lustri, sacrificato apposta, e la ricerca d’una sessualità adulta, avendo saltato tutte le tappe intermedie (vicenda che più che dell’aiuto di cugina e nipote ritrovate in quel paese di ‘meravigliose democrazie’ che è l’America, richiamerebbe subito alla mente la necessità di qualche seduta di psicoterapia). Ma la Dones vuole raccontarci di quanto Hana sia sana, di come ha saputo, nel sacrificio, mantenere il timone della propria mente. Quanto l’abbiano salvata, proprio, la lettura, la cultura, la lentezza impostale dalle montagne povere e semiabbandonate del dopo Hoxha….In realtà i passaggi più interessanti del romanzo restano quelli di Hana nella kulla, la tipica abitazione montana; il suo rapporto con le cose, il momento in cui incontra, dopo anni, la vecchia compagna d’università, ed il suo desiderio, arrivata in America, di collocarsi in maniera dignitosa e adatta alla propria prodigiosa crescita interiore. Di fatto Hana avrebbe anche potuto non scegliere un destino da ‘vergine giurata’ per crescere, poiché la sua pesante scelta è già frutto di una matura consapevolezza secondo quel che scrive Dones: «Se sei donna e sei albanese e sei montanara e sei cattolica con il tuo Cristo colpevole messo al bando dai comunisti, non ti resta che dimenticare quella bruttura che ti hanno spinto giù a forza spacciandotela come vita». Hana pare aver scelto la strada ‘maschile’ per provare a resistere ancora un po’ nel suo Paese, che ama immensamente, e solo quando sente che i cambiamenti desiderati viaggiano troppo lenti per la sua ancora giovane vita trova rifugio dai parenti in America. Il libro, a quasi dieci anni dalla sia pubblicazione, oggi può parlarci anche degli ‘orologi’ diversi che regolano in maniera completamente differente molte aree del Pianeta: gli individui dovrebbero poter scegliere consapevolmente se accelerare la propria storia e non essere forzati a cambiarla per allinearsi a non meglio specificati progetti di ‘esportazione democratica un tanto al chilo’ ‘Esportazione’ che si crederebbe buona in ogni circostanza e già sappiamo che così non è, soprattutto se apparisse sempre più somigliante a vecchie forme di colonialismo… La riflessione è aperta…
Nel 2015 ne è stata tratto un bel film per la regia di Laura Bispuri con l’ottima prova attoriale di Alba Rohrwacher (Leggi anche Creatura di sabbia di Tahar Ben Jelloun). (Serena Grizi)
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