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#Nonleggeteilibri – Sillabario dell’amor crudele, i dèmoni ai tempi delle fiction

#Nonleggeteilibri – Sillabario dell’amor crudele, i dèmoni ai tempi delle fiction
Febbraio 05
20:19 2020

(Serena Grizi) Sillabario dell’amor crudele di Francesco Permunian, Chiarelettere 2019 € 16,00 isbn 9788832961638 e-book € 9,99. Disponibile al prestito inter bibliotecario SBCR www.consorziosbcr.net

Anche se le parole a volte sembrano non bastare, o forse solo quelle dell’autore raccontano bene i suoi dèmoni e quelli d’una generazione, il merito di Francesco Permunian è quello di scrivere cose diverse, cose che non scrive nessun altro, da leggersi perciò quando già da più di qualche quarta di copertina di quei libri che trovate abitualmente sugli scaffali d’una libreria, v’attanaglia quel senso di romanzamento (non so se si può dire ma lo dico), di tutto ‘l’universo creato’ con scrittori che cercano qualcosa che sia in voga da mettere nel titolo, argomenti in voga, trame ad anello (che si chiudono perfettamente, dove tutto si spiega in maniera molto disneyana, anche l’orrore e il ‘mistero’ che a quel punto, a ben guardare, non è più tale) etc, etc. Anche qui, prima d’aprire il libro, crediamo di sapere che l’autore scelga la pedofilia pretesca perché anche questo è un argomento in voga, ma in Sillabario dell’amor crudele c’è poca prurigine e molto dolore, dolore nell’esistenza di chi ha subito, e rabbia, e poi le storie cui ci ha abituato Permunian, tristi e farsesche, da ridere se non ci fosse da piangere, da pensare, su un pianeta che pare fotocopia dell’inferno (e non quello dantesco). Qui l’autore sceglie la formula del sillabario (le voci gli riescono meglio degli intrecci che, per altro, riporterebbero al romanzo) e sceglie la citazione colta, ma forse come sempre. Baseggio è un nano abbandonato dai genitori in tenera età e cresciuto in orfanotrofio dove non tarda a conoscere inganno e turpitudine. La vita non ne fa un individuo turpe ma sempre pronto a dare aiuto a quelli che hanno subito la sua triste sorte, qualsiasi sia la conseguenza. Costretto sin dall’infanzia a  guardare  l’umanità senza lenti rosate sa ‘leggere’  il disinganno subito da molti, l’eterna miseria della condizione umana, l’innalzarsi della stessa attraverso l’amicizia vera (Tortorina), la cultura, la storia che qui come non mai è maestra di vita anche se ri-sommersa, a tratti, da quel povero ‘travaglio’ che è l’esistere. Dal libro si potrebbe partire per lunghi viaggi attraverso le vicende che lo pervadono come quella dell’orso di San Romedio, l’importanza della Serenissima nei commerci del mondo, la fortezza immensa che domina la bella Peschiera del Garda dalla quale almeno una volta nella vita è bello farsi sorprendere. Se il sillabario per antonomasia è una esperienza orto-fonetica questo dell’amore ingloba le esperienze d’una vita del nano Baseggio al fine di poterlo ‘dire’ questo amore: che sia esso amicale, fraterno o crudele, come quello che prima o poi provano le vittime per i propri carnefici o come quello tradito che perciò scava distanze infinite tra l’individuo e l’eterno mondo: la colpa, se c’è, intesa in senso cattolico, è di nessuno o di qualcuno, dei soliti o dell’inesplicabilità dell’esistere e del mondo…dove non c’è nulla che permanga definitivamente e nulla che finisca mai del tutto. Chissà perché lo sguardo di Baseggio ci ha ricordato un po’ quello di Louis Cuchas straordinario protagonista del bel libro di Georges Simenon L’angioletto, sguardo  ineffabile di coloro che sopravvivono e poi scelgono di vivere. E basta.

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