#Nonleggeteilibri – Sembrava bellezza, un cigno nero nell’adolescenza…
«Non leggete i libri fateveli raccontare» (Luciano Bianciardi)
(Serena Grizi) Sembrava bellezza di Teresa Ciabatti, Mondadori ed. 2022 – € 14,00 isbn 9788804747017, e-book 7,99, audiolibro 12,99 Disponibile al prestito inter bibliotecario SBCR https://sbcr.comperio.it/
Un profluvio di immagini e considerazioni nevrotico: tutto e il contrario di tutto in questo ultimo lavoro di Teresa Ciabatti, Sembrava bellezza, dove a parlare non è più la bambina ferita de La più amata, ma l’adolescente che non è stata, ai margini della felicità, della bellezza, del successo sociale, sempre con quella spocchia antipatica, egotica partire da sé per giudicare l’universo mondo, gli altri, quei poracci, come direbbe l’autore di popolari meme su un famoso principino della corona inglese.
Poi l’analisi sulla se stessa di adesso, scrittrice arrivata, conosciuta, nella cui vicenda si specchiano, evidentemente, molti lettori, uomini e donne, che hanno fatto i conti, li fanno ancora, con un io bizzoso e niente affatto capace di scendere a patti, essendo rimasti in buona sostanza figli, con genitori capaci e famosi cresciuti fra quelle generazioni nate quando ancora il mondo era un’altra cosa, e tutto sembrava avere più senso (l’esclamazione più simpatica al culmine del delirio di egocentrismo «Datemi un cigno!»). Eppure. Anche senza identificazione la scrittura della Ciabatti rimane trascinante come un gorgo, uno scavo all’apparenza confuso dal quale prima o poi emergerà ‘qualcosa’ che la scrittrice è capace di preparare con trepidante attesa, che non è frutto preciso della realtà dei fatti, lei è una romanziera, ma che contiene dentro una qualche verità, anche utile e, se non utile, ben vestita, ben rappresentata. La ferita di gioventù è palese e non è rimarginata: un certo giorno è successo qualcosa, che ha coinvolto una delle ragazze più invidiate del gruppo, quella che le altre avrebbero voluto essere. E quel giorno, per molti motivi, ha cambiato la storia di quella ragazza ma anche di chi le ruotava attorno, sorelle, amiche, fidanzato, famiglia. Da allora niente più è stato come prima ma questo è raccontato sempre sull’orlo della comprensione per la sventura e del compatimento eccessivo per ogni attentato all’io. Ciabatti ha trovato il modo di liberare le ragazze dal non poter raccontare ogni loro pulsione, anche la più intima o la più condannabile dalla morale corrente, perché tutto viaggia sul filo della realtà/immaginazione (le narratrici contemporanee non hanno più argomenti tabù, una conquista…).
Quell’episodio dà l’avvio alla seconda parte del racconto, che è il ‘ritorno a casa’ di tante storie, al primo giro di boa, vent’anni dopo, con il ritrovarsi con l’amica più cara, sorella della bella e sfortunata ragazza della prima parte. Quando ci si ritrova, dopo essere partiti per chissà quali mirabolanti futuri, carichi di esperienze, anni, disillusioni e, magari, anche figli incomprensibili, come accade alla scrittrice. Quando tutto sembra essere rimasto com’era ma invece è solo uno smalto labile che, grattato via, mostra la realtà. Un narrare, come scrivevamo qualche riga sopra, urgente, d’una storia che diventa quasi misteriosa: una specie di Solitudine dei numeri primi perché la protagonista riconosce che sarebbe potuta intervenire quel famoso giorno ma per motivi forse poco nobili non l’ha fatto. La più amata è cresciuta ed ha ‘imparato’ le logiche della città, non meno crudeli di quelle della provincia. Ma c’è una dedica che potrebbe spiegare molte cose, l’urgenza di narrare, lo scavare nel dolore: quest’ultimo, mai passando inutilmente, e non si poteva evitare, ha fatto crescere tutti mentre tentavano di capire, faticosamente, cos’è che davvero conta…nell’esistenza…
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