#Nonleggeteilibri – Se l’oscenità è solo dei corpi di chi dubita…
«Non leggete i libri fateveli raccontare» (Luciano Bianciardi)
(Serena Grizi) L’oscenità del corpo – Bramosie dell’immaginario, consumismo ideologizzato, indottrinamento visivo di Andrea Rega, Tau Editrice ed. 2022 – € 20 isbn 9791259752161, e-book NO. Disponibile al prestito inter bibliotecario SBCR https://sbcr.comperio.it/
Nel libro L’oscenità del corpo, riassumendo a grandi linee, si analizza la possibilità che il capitalismo sia ormai in grado di fagocitare qualunque idea traducendola prontamente in merce di consumo per la nuova ‘categoria’ teorizzata. L’occasione ghiotta in questi anni, secondo l’autore, l’avrebbe creata la necessità sociale, diciamo, di declinare ogni possibile identità sessuale individuabile tra quelle già date di ‘maschio e femmina eterosessuali’ poiché anche queste si tradurrebbero, sul mercato, in nuovi desideri, come anche ogni tendenza green. Spesso le multinazionali leader di prodotti si fanno paladine dei diritti, senza per altro esporsi troppo, tanto per corteggiare nuove fasce di possibili consumatori. Da qui l’autore parte per una disamina spericolata del fenomeno inglobando anche i movimenti che fecero il ’68 ed il femminismo, forse sopravvalutati come sommovimenti sociali, in quanto paladini entrambi, più che altro, d’una sessualità liberata, quella dei giovani il primo, quella femminile il secondo, anche questa nuova sessualità prontamente tradotta in conformismi laddove la libertà individuale non può certo riconoscersi nella mera liberazione sessuale. Certo, già prima di questo volume il concetto di mercificazione delle idee si era un tantino intuito fra le righe d’una iper produzione che ormai idea ‘interi mondi’ purchè questi generino l’acquisto, ma sul banco degli imputati di Rega, per quanto il suo sia più un catalogo filosofico ragionato attorno alle questioni in ballo, mancano proprio le malefatte del capitalismo e la superabile idea di superiorità del maschio bianco antico, moderno e contemporaneo. La ‘nascita dei giovani’ nel ’68 non ha portato solo nuovi consumatori ben disposti a nuovi prodotti che li rendessero ‘i giovani’ in una società di adulti (anche se è certo che i prodotti sono arrivati per servirli), ma ha introdotto nel dibattito storico anche molte riflessioni ‘fastidiose’ per la società dell’epoca e per quelle a venire, sul potere del più forte su più debole (nella scuola, nel lavoro, nella famiglia, fra i sessi); sull’inutilità della guerra e altro. La libertà femminile sulla quale si è ragionato attraverso il femminismo, per quanto venga stereotipata, anche da molti prodotti cinematografici, nella mera liberazione sessuale fuori d’ogni ambito familiare, è stata ed è soprattutto ricerca d’una posizione sociale consona alle più varie e disparate intelligenze femminili, le quali, per quanto ne dica l’esigenza biologica, non fanno capo ad altrettante madri in potenza (possibilità data al femminile e non ancora obbligatoria per legge, chissà…) e che cercherebbero di realizzarsi in quanto persone. Così come fanno da secoli tanti possibili padri i quali, da che mondo e mondo, scelgono liberamente se obliterare l’obbligo procreativo oppure no senza essere considerati scellerati o egoisti. (Per altro, come nel recente passato, in Italia depositari dei valori della famiglia tradizionale erano tre uomini politici pluri-divorziati, oggi depositari/ie della necessità di fare molti figli, anche nell’incertezza economica e da disastro climatico, sono alcuni personaggi ricchi di mezzi, magari con un solo figlio o del tutto senza).
Il mercato del capitale semplifica le idee e ne fa merce e, apparentemente, per i fini del titolo del libro questo è quanto basta; ma forse né il ’68 né il femminismo si possono liquidare come due momenti nevrotici, ‘riusciti male’; poi si potrà anche ragionare sull’ignoranza diffusa, o la faciloneria, di chi in ogni movimento, semmai questo fosse vero, coglierebbe solo la possibilità di vedere soddisfatte alcune libertà di facile consumo.
Il laboratorio culturale attorno alle idee delle diverse sessualità e di un femminile che si proietta oltre l’idea di procreazione, testa in migliaia di discussioni, ed anche in migliaia di errori il proprio esistere ed avanzare; non saranno certo un film o un libro scadenti sugli argomento dati, poiché l’autore ne cita alcuni esempi di media caratura, a cancellare l’esigenza sociale o la validità del dibattito: è vero, il mercato non perde un minuto per mercificare le idee ma queste non procedono né arretrano a causa del mercato. Quel che manca in effetti, ne L’oscenità del corpo, libro probabilmente amabile da chi desidererebbe mantenere un certo ordine sociale dato, oggi in palese crisi (compresa genitorialità, oggi ‘mala genitorialità’) è un pizzico di empatia verso le persone in carne ed ossa che si trovano alle prese con i loro percorsi difficili, con la quotidianità resa peggiore da posizioni violente: non subiscono solo i maschi bianchi di buona estrazione sociale, istruiti; le donne non sono le cattive che non hanno voglia di fare nulla se non divorziare, godere, vestirsi sbracate o cambiare sesso; e comunque il giusto vivere non lo indica il maschio bianco poco innanzi individuato. Qui, la critica, nemmeno tanto velata, va anche al ‘possibilismo’ dell’attuale papato proprio perché il libro è il prodotto ragionato d’un ordine che prova a difendere le proprie posizioni acquisite e non certo un vero pamphlet contro l’odierno consumismo né contro i conformismi qualunque essi siano, né un trattato di buona pedagogia. Alcuni spunti sono sconcertanti per come sono espressi ma non è detto che fra le righe del volume non ci sia un po’ della realtà che viviamo quotidianamente. Utili indici accompagnano il testo.
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