#Nonleggeteilibri – Restare nel posto sbagliato… partire non è morire
(Serena Grizi) Restare nel posto sbagliato. Manuale di intempestività di Franco La Cecla, Milieu ed.ni 2017 € 14,90 isbn 9788898600687 e-book € 6,99 non disponibile al prestito inter bibliotecario
Andare in un bel posto, fare il viaggio tanto desiderato; oppure abitare da ‘una vita’ nella stessa strada dello stesso quartiere della stessa città o cittadina e accorgersi, nel primo caso, che è ora di ripartire perché sta per succedere qualcosa o perché non ne possiamo già più. Nel secondo caso che, ormai, la morsa dei ricordi, delle cose fatte, di quelle mai iniziate, ci stringe talmente da non poter restare neppure un momento in più… Con un linguaggio semplice ma per qualche verso ammaliante, La Cecla, sociologo urbanista e scrittore, narra attraverso esperienze dirette o raccontini misteriosi, il significato dell’andare perché muniti di piedi, non l’appendice casuale di animali stabili, ed in parte di mente nomade che ci conducono lontano dal ritrito ripetersi di molte azioni quotidiane in uno stretto circuito che, per quanto considerato spazio vitale, può rivelarsi ripetitivo. Alle generazioni che hanno vissuto il craxismo può risultare fastidioso, e fuori tempo massimo, leggere dell’esilio del ‘Bettino’, una volta, ‘nazionale’ anche se il suo sentire verso il personaggio l’autore lo maschera bene. Racconta di quanto diventi vitale il posto (l’Italia) che prima il politico abbandonava in favore del buen retiro tunisino; e di quanto poi il buen retiro sia diventato, da luogo di vacanza che era, prigione, dorata ma prigione, da una spiaggia della quale desiderare la terra in cui si è nati, condizione vera, reale, di fortissima nostalgia dei migranti di ogni tempo e che in stagioni di migrazione per guerra, povertà, disastri climatici, diverrà il ‘canto’ del XXI secolo inoltrato. Una sensazione di malinconia profonda che condiziona irreversibilmente le esistenze di chi va e poi è costretto a restare nel posto sbagliato perché certe volte il viaggio è per sempre. Così il racconto di Paraty, meravigliosa meta marina brasiliana, prigione d’una anziana costretta a starci a seguito del marito dispotico; o la necessità di partire subito, in Vertigo, prima d’innamorarsi della nuova persona incontrata, se non se ne vuole ferire un’altra; e la miriade di sensazioni talvolta davvero minime che ci fa la ‘cartolina d’un posto’ quando ci viene data l’opportunità di vederla, anche solo fugacemente, dalla parte del francobollo. Il centro del libro, svela ancora, la vera passione di La Cecla, l’antropologia, che ne fa uno scrittore di viaggio per (meraviglioso) accumulo come l’indimenticato B. Chatwin (Le vie dei canti, In Patagonia): la bellezza del mito e dell’imperfezione di Naivasha, racconto del Kenia contemporaneo, disagiato, ricchissimo, luogo di sperimentazioni con le piante, acquistato a brani dai cinesi, depositario di foreste intonse come di bellissime magioni europee in parte abbandonate (anche qui il colonialismo ha fatto l’errore di restare troppo a lungo: «È la storia del protrarsi del colonialismo quando tutti i segni alla fine della Seconda guerra mondiale indicavano che era meglio farla finita». L’osservazione acuta ma mai posta in maniera aliena al luogo e alla gente, fa venire voglia di perdersi una volta per tutte per il mondo, sia quel che sia, di poter parlare ogni lingua così da confondersi con ogni colore, tanto per re-imparare subito dopo che forse siamo monadi di incomunicabilità e per non restare, troppo, nel posto sbagliato…
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