#Nonleggeteilibri – Puttane assassine, Bolaño racconta…
«Non leggete i libri fateveli raccontare» (Luciano Bianciardi)
(Serena Grizi) Puttane assassine (titolo originale: Putas asesinas) di Roberto Bolaño, Adelphi 2020 traduzione di Ilide Carmignani € 12,00 isbn 9788845934483 e-book € 6,99. Disponibile al prestito inter bibliotecario SBCR www.consorziosbcr.net
Leggere Puttane assassine, direbbero i bene informati, è cominciare a leggere Roberto Bolaño dalla fine, ma proprio perché scritti nel 2001, lo scrittore è prematuramente scomparso nel 2003, nei racconti in questione si ritrovano molti temi a lui cari. La solitudine del fuoriuscito e lo straniamento dello straniero, L’Ojo Silva; la risoluzione della difficile realtà, nella sua ottusa tangibilità, in micro universi che provino a rilevarne la noia, l’intervento del caso, micro universi ai quali assegnare l’importanza del tutto, Vagabondo in Francia e in Belgio. Seguendo le orme di B., probabile alter ego dell’autore, si finisce ad insegnare nella città di Gómez Palacio, al limitare del deserto e in altre situazioni solitarie durante il narrato delle quali, però, ci si trova immersi in un’atmosfera che non nasce e non muore col racconto ma offre la continuità d’una personalità complessa, ricca di sfumature e interessi verso le cose. Sempre al seguito di B. si legge Ultimi crepuscoli sulla terra come fosse un giallo per la tensione sincera, capace di dipanarsi tra le righe, d’un figlio che in vacanza col padre, teme seriamente per l’incolumità di entrambi; tensione ‘nera’ pervade anche il racconto che dà il titolo alla raccolta. In Prefigurazione di Lalo Cura il figlio d’una attrice del porno dopo anni ritrova un uomo, ora maturo, che colpiva perché con la sua sola presenza ‘vibrante’ pareva interrogare quelle vecchie pellicole dall’interno (forse una soluzione ‘d’autore’ attraverso la quale il regista poteva non tradire fino in fondo l’arte cinematografica pur girando film porno); un altro ‘eroe misterioso’ è Buba il calciatore che forse praticava la magia nera. In queste storie dalle soluzioni non scontate non s’avverte mai una mano che scrive, ma una voce, un volto occhialuto, quello dell’autore (?), che racconta come guardando da un film in bianco e nero. Della stessa generazione di Luis Sepúlveda (1949-2020), Bolaño ne condivide la provenienza, il Cile, una probabile formazione davanti ai tragici fatti politici che hanno segnato la storia del paese ed un certo modo minimale, eppure sfrontato, di portare nei loro scritti personaggi distanti dalla retorica. Quelli di Bolaño pare trovino inscritta nella loro stessa esistenza la possibilità della salvezza o, laicamente, il diritto di esistere. In Puttane assassine, in epigrafe troviamo Orazio, in questa edizione così tradotto: «Con una risata finirà il processo e tu te ne andrai assolto». Anche se tutto si può comprendere non è detto che tutto si debba perdonare, e forse l’autore non lo fa ma si limita a non giudicare la sua umanità gravida di speranze, illusioni, errori, violenze e delitti; quella che affronta uno strano viaggio di sola andata, ricco di stazioni intermedie ma privo di un orizzonte conosciuto.
L’ironia, e ce n’è, più che essere caustica qua adotta le qualità d’un balsamo che pervade con un sentore gentile le righe come in L’Ojo Silva:«Le donne vestivano secondo l’uso indiano, ma i bambini una volta li aveva visti addirittura con la cravatta. Il pomeriggio si spostava nella zona a luci rosse e faceva foto e chiacchierava con le puttane, alcune giovanissime e molto belle, altre un po’ più vecchie o più sciupate, con l’aria di matrone scettiche e poco loquaci. L’odore che all’inizio lo infastidiva abbastanza, finì per piacergli. I magnaccia (non ne vide molti) erano gentili e cercavano di comportarsi come magnaccia occidentali o forse (ma quello lo sognò dopo, nella sua stanza d’albergo con l’aria condizionata) erano i magnaccia occidentali ad aver adottato i gesti di quelli indù».
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