#Nonleggeteilibri – Negli occhi di chi guarda
Negli occhi di chi guarda di Marco Malvaldi – Sellerio 2017 € 14,00 isbn 9788838936845 e-book 9,99 disponibile al prestito inter bibliotecario SBCR www.consorziosbcr.net
Nei gialli del papà del “BarLume e dei nonnetti di Pineta”, scorrevoli come acqua fresca, si rintraccia sempre il barlume d’intelligenza che occhieggia fra le righe nelle storie raccontate con non comune sapienza. Stavolta in quel di Castagneto Carducci, la tenuta Poggio alle Ghiande è per i suoi visitatori quell’abusato toponimo detto ‘luogo dell’anima’, tanto bello di per sé che non occorrono nemmeno motivi per descriverlo e la cui bellezza, avvalorata dall’affetto, sta così com’è Negli occhi di chi guarda. Proprietari dell’immensa tenuta fra il mare e i boschi d’elci vetuste sono i fratelli Cavalcanti, Zeno e Alfredo, due maturi dandy, l’uno storico e collezionista d’arte, l’altro nell’alta finanza. Ospiti affittuari della tenuta vari personaggi tra cui l’ex prof di chimica esperta di rimedi naturali Giancarla Bernardeschi, la bella filologa archivista Margherita Castelli, centaura che si trascina dietro il medico esperto di genetica Piergiorgio Pazzi, convocato dai fratelli Cavalcanti, gemelli per altro, per ragioni misteriose; i famigli dell’azienda, tale Raimondo Del Moretto, agricoltore e custode che, finita l’epoca dei ricoveri in manicomio, ha trovato qui ospitalità e modo di guadagnarsi il pane stando molto all’aria aperta, così come lo ha trovato il factotum Piotr Kucharski. Con tante e tali personalità di carta, alcune solo epistolari (si veda l’arguto e giocoso architetto Marco Giorgetti che scrive al fratello), il giallo è servito, così come altri gialli malvaldiani oltre la serie dei ‘vecchietti di Pineta’ (vedi Odore di chiuso): una magione avita, antiche ed eleganti stanze, personaggi da far faville. Nei fatti i Cavalcanti, per ragioni non del tutto chiare, vorrebbero vendere la tenuta; si oppongono i famigli e gli affittuari stagionali che starebbero comodi così come stanno, alcuni da trent’anni. Dopo alcune sorprendenti sfuriate seguite all’annuncio della trattativa, cominciano i terribili delitti e si scopre che di mezzo ci sono anche una tomba, non di famiglia, e un misterioso quadro dell’artista Antonio Ligabue realizzato con una tecnica non proprio ortodossa… L’intreccio, le digressioni genetico chimiche e umorali divertono e fanno pensare; i personaggi non sono proprio tutti memorabili – un po’ per la volgarità che sprizza dalle descrizioni, che non è che sorpassi di troppo la realtà ma di cui certe volte stizzisce la ridondanza un po’ troppo saputa, e in parte per la fiducia spinta che l’autore sembra accordare, chissà perché, ad una virtù tutta giovanile che sparirebbe col passar degli anni, segno d’uno sguardo parziale sui personaggi o d’un ‘mestiere’ che a tratti pare schiacciare la spontaneità. Così come scricchiolano alcuni fili della trama, più che un po’, ma è una modalità ‘circense’ a cui il nostro ci ha già abituato coi vecchietti del BarLume (quel che non è credibile non uccide a differenza degli assassini) e più o meno allegramente s’arriva al finale. Che, manco a dirlo, c’ha trasportato per alcune ore fra i boschi della Maremma, le spiagge dorate della magnifica costa che fu degli Etruschi: nel mistero, tra effluvi solfurei, profumi di ghiande, antiche amicizie, nuovi amori… (Serena Grizi)
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