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#Nonleggeteilibri – Ne “L’Iguana” la tenerezza per la Terra è un sentimento adulto

#Nonleggeteilibri – Ne “L’Iguana” la tenerezza per la Terra è un sentimento adulto
Ottobre 10
18:27 2019

(Serena Grizi) L’Iguana di Anna Maria Ortese, Adelphi riedizione ed. 1986con postfazione di Pietro Citati e una intervista all’autrice € 11,00 isbn 9788845930935 e-book € 5,99. Disponibile al prestito inter bibliotecario SBCR www.consorziosbcr.net .

L’iguanuccia con le manine verdi e gli occhietti, i suoi mucchietti di pietre e quei sì o no senza spiegazione è davvero l’invenzione più bella del racconto. L’atmosfera decadente fra le righe è possibile saggiarla anche in altre pagine della Ortese. L’idea che coesistano due mondi, uno dedito sempre all’opportunismo affaristico, a ciò che ‘si deve fare’ ed uno dedito all’umanesimo, all’osservazione e al pensiero e che questi due possano andare di pari passo, quando non perdono tempo a fronteggiarsi, perché utili entrambi al procedere degli eventi, non è certo idea nuova pure questa, come la coesistenza tra mondo istintivo e pensante, società di innovatori e conservatori, e dualismi quanti se ne vuole forse proprio perché la storia è ambientata in un altrove e in un secolo non ben definiti pur se dovremmo trovarci oltre la metà del 1900. Il conte Aleardo, per brevità, detto Daddo, viaggia per mare alla ricerca di isole da edificare affinché diventino luoghi di vacanza ed in mancanza di questi ha, quale piano di riserva delle sue ricerche, il rintracciare qualche interessante scritto da propinare alla Milano produttiva per mezzo d’una casa editrice esistente o da fondare. Peregrinando col suo yacht s’imbatte nella imperturbabile Ocaña, isola inesistente sulle carte dove abita la stirpe dei marchesi Guzman che vive una stantia e rassegnata decadenza servita da una strana creatura, l’iguana appunto, brontolona o assente, vecchietta e rugosa o giovane, innocente e ripiegata su se stessa. La sua ‘ferinità’ è il segno d’un mondo prima del mondo nel quale l’uomo e gli altri attori della natura coesistevano cedendo anche all’opportunità di amarsi, prima che l’ordine sociale e religioso, impostosi dall’uomo all’uomo, diventasse una fiera di apparenze e di obblighi infiniti senza soluzione. In questo mondo statico, anche per colpa della propria staticità nel pensarsi, ormai sull’orlo dell’abisso, il lettore arriva da estraneo quanto il conte Daddo, senza sapere che da lì a poche ore accadrà qualcosa che muterà per sempre le esistenze di tutti quelli che hanno la ventura di vivere quel momento. L’altroquando (avete letto bene bene Dylan Dog?) qui è di casa e specie il conte Aleardo ha l’impressione che coesistano in una sola giornata più epoche, costumi e dimore (quella modesta dei Guzman gli apparirà come una lucida reggia come a tratti anche il rugoso marchese Ilario gli si appaleserà giovane e irraggiungibile nei suoi propositi), ma per comprendere basterà pensare che Ocaña ha due lune. Però. Forse le cose non stanno neppure così e la magione dei Guzman non è che un albergo e Estrellita l’iguana, e questo non è il suo unico nome, una servetta con gli occhi troppo grandi. Ha fatto tutto l’immaginazione di Aleardo che cerca l’assoluto? E il giovane Guzman vuole solo fuggire dall’isola, perché abitare un’isola significa ‘qualcosa’, perché nel frattempo la storia ha ripreso a contare da zero a causa di un avvenimento importante? E questi non sono gli unici personaggi della storia…«Sentì che il suo viaggiare era stato immobilità, e ora, nella immobilità, cominciava il vero viaggiare. Sentì poi che questi viaggi sono sogni, e le iguane ammonimenti. Che non ci sono iguane, ma solo travestimenti, ideati dall’uomo allo scopo di opprimere il suo simile e mantenuti da una terribile società. Questa società egli aveva espresso, ma ora ne usciva. Di ciò era contento».

«Sì, la natura – animali, alberi – sono l’uomo senza la difesa dell’intelligenza razionale, sono l’uomo senza tempo, l’uomo che sogna. Così, chi sottomette con durezza, o mercifica, o tormenta comunque la Natura, nei suoi figli che dormono, o la guarda senza pietà o fraternità, è ancora e sempre il temibile uomo-nature, uomo- pietra, l’uomo, appunto, che dorme. Dall’intervista di Dario Bellezza ad Anna Maria Ortese.

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