#Nonleggeteilibri – Naufraghi senza volto: dare agli altri la dignità che ci aspettiamo di avere
(Serena Grizi) Naufraghi senza volto di Cristina Cattaneo, Raffaello Cortina Editore 2018 € 14,00 isbn 9788832850574 e-book € 9,99. Disponibile al prestito inter bibliotecario SBCR www.consorziosbcr.net .
Il LABANOF (Laboratorio di Antropologia e Odontologia Forense) della Università degli Studi di Milano, opera da anni in Italia per il riconoscimento delle decine e decine di corpi che ogni anno restano privi di nome: prima lavorando sul territorio lombardo e poi, riconoscendo la necessità, già nel 1995, di mettere in rete con altre realtà italiane i dati in proprio possesso relativi agli scomparsi e riuscendo soltanto nel 2012 in questi intenti grazie all’approvazione d’una proposta di legge già caldeggiata dagli addetti ai lavori e sostenitori. Il team del LABANOF, fra cui l’anatomopatologa Cristina Cattaneo, riconoscono ben presto che la tragedia dei migranti che si compie giornalmente con decine di naufragi puntiformi, fino alle stragi dei naufragi balzati alle cronache come quello del 3 ottobre 2013 o quello del barcone del 18 aprile 2015 con centinaia di morti, ha bisogno di una dedizione uguale a quella che fino a qualche anno fa si dedicava ai disastri aerei e d’altro genere dei paesi ricchi. Il problema illustrato dalla professoressa Cattaneo è alquanto complesso: nel caso dei migranti provenienti spesso da paesi africani, una volta raccolti i dati dei deceduti attraverso la redazione di schede dettagliate e aver istruito fascicoli completi di foto, occorre cercarne i familiari per il riconoscimento, ponendo particolari attenzioni nell’uso dei canali di informazione/ricerca (internet, governativi) proprio a causa delle condizioni politiche di alcuni stati, così da poter poi dare degna sepoltura ai resti, alle salme, senza mettere in eventuale pericolo le famiglie. Questo è un ‘inventario’ nuovo ricco di pietas e competenza (strette fra loro poiché l’una senza l’altra, qui, sarebbero niente), quello del recupero dei corpi in mare i quali presentandosi in qualsiasi condizione chiedono di essere riconosciuti per nome e cognome:«L’esigenza di identificare i nostri morti è atavica; l’esigenza di poterli toccare, per accertarsi che davvero non siano più in vita, per poter dare loro una sepoltura, o almeno accudirli un’ultima volta». Alcune pagine testano la nostra reale capacità di sopportazione: la Cattaneo non risparmia particolari: in alcuni casi la semplice enumerazione di reperti snocciola sotto gli occhi, senza pietà, le similitudini con i nostri bagagli di partenti, le piccole grandi cose che erano importanti per chi è migrato e non c’è più, il carico di speranze e di affetti che portava con sé, le parole, i ricordi, le foto, le pagelle con i voti, perché dobbiamo ricordare che ogni volta che si parla di naufragi di immigrati si tratta di adulti, di adolescenti, di bambini…. Il libro va letto come forte testimonianza per resistere all’impatto del contenuto anche se la grande sensibilità di Cristina Cattaneo, unita alla semplicità del fare cronaca del suo lavoro, mescolando con generosità la condizione dei vivi (concentrati, determinati, riconoscenti verso la Difesa e il ministero della Marina Italiani che non si sono risparmiati per dare volto e nome alle povere spoglie del mare), vivi qualche volta affamati e desiderosi di vivere una vita ‘normale’ oltre il loro coraggioso e terribile lavoro, con i desideri e le storie a volte delicate così come terribili dei morti per naufragio, ne fanno un’opera unica nel suo genere. Impariamo che, quando si è visto tanto, anche un semplice fiore di campo rosa ‘media’ ai nostri occhi, nel rettangolo d’una fotografia, l’immagine del rozzo barcone del disastro del 2015, divenuto simbolo e testimonianza della disperazione e della violenza dei nostri giorni. Per non dimenticare e contribuire al LABANOF con i diritti d’autore.
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