#Nonleggeteilibri – Lo scannatoio, magnifico Zola
Lo scannatoio (titolo originale: L’Assommoir) di Émile Zola, Feltrinelli 2018 € 12,00 isbn 9788807902918 e-book € 2,99 disponibile al prestito inter bibliotecario SBCR (altre edizioni) www.consorziosbcr.net
Uno dei capolavori di Émile Zola Lo scannatoio – L’Assommoir (già L’Ammazzatoio), settimo capitolo del ciclo dei Rougon-Macquart torna nella bella traduzione del pluripremiato Luca Salvatore operata su testo autorizzato da Zola curato per la Pléiade da H. Mitterand nel 1961, che crediamo abbia restituito al linguaggio di questo lavoro, così caro all’autore, quel tanto di contemporaneo da riuscire completamente comprensibile al lettore nuovo, (presenti nell’edizione due interessanti saggi di Salvatore e, oltre ad altri apparati, Omaggio a Zola di Céline). Forse, oggi, un autore capace di tanta ‘verità’ potrebbe definirsi il Walter Siti de Il contagio, (restituito dal non riuscitissimo omonimo film di Botrugno e Coluccini del 2017), ma torna alla mente il contemporaneo Siti più che altro per la capacità descrittiva dell’ambiente delle borgate tanto potente, così come la scrittura del classico Zola coglie l’essenza del popolo della Rivoluzione industriale fotografato, dipinto se si vuole, nell’essere intento al duro lavoro quotidiano, alla cura della famiglia, fulcro di quel capitalismo che va ingoiando ogni recesso d’attività agricola, e poi anche libero di festeggiare, nei giorni di libertà, il proprio benessere e il fatto di esistere. Vero è che spesso lo sfondo dei ritrovi di questi ‘margini’ parigini è proprio qualche ‘scannatoio’, una bettola in qualche caso fra le peggiori, che magari produce pure una parte dei veleni che propina a questi operai, figli di contadini, che male accettano la cattività delle strade cittadine e il giogo di giornate produttive tutte uguali che sentono stringersi attorno al collo. Questa umanità così ‘umana’ sortì scandalo all’epoca dell’uscita del romanzo, 1877, (che intanto distribuito a puntate collezionava ristampe su ristampe e che di sicuro molti detrattori leggevano di nascosto) e fu oggetto di censure e tagli poiché, già scandalosa l’idea di non mettere un animo nobile per nascita al centro d’un racconto, vi si metteva gente del popolino più umile circonfuso da una miseria resa da un linguaggio da osteria a tratti osceno; popolino destinato all’abiezione a causa di condizioni di vita miserevoli (non è un caso che alcuni dei migliori caratteri del libro si ritrovino senza forze davanti al ripetersi della solita condizione umana, di cui spesso fanno le spese le donne). La lavandaia-imprenditrice Gervaise, giovane e bella, che si rialza cento volte dai rovesci che la fortuna le pone davanti resta il simbolo delle donne belle e capaci del libro: capaci di bilanciarsi tra le malelingue, come fra gli obblighi di genere da sopportare, sempre alla ricerca di armonia familiare oltre le perfidie che la rigetteranno nel gorgo del caos. Il campionario di uomini sembra propendere per coloro che riescono a fare qualcosa per gli altri senza cavarne immediato interesse, come il povero fabbro Goujet, senza cattiveria o secondi fini (non come il cappellaio Lantier) in una società nella quale nessuno è immune da invidia e competizione (i Poisson, i Lorilleux). Storia e personaggi restano a dir poco trascinanti posti dapprima in un affresco che porta il lettore indietro di più d’un secolo e poi mossi da mille avvenimenti…Nel 1965 poté scrivere qualcosa di sorprendentemente simile, per temi e ambientazione, il grande Georges Simenon col suo L’angioletto, storia del figlio d’una fruttivendola di Les Halles sul finire del XIX secolo, nel quale la vittima femminile predestinata pare riscattarsi attraverso l’arte di questo silente osservatore d’ogni cosa. Zola resta un modello per molti, un classico magnifico… (Serena Grizi)
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