#Nonleggeteilibri – Le chiacchiere di bottega di P. Roth
Chiacchiere di bottega – Uno scrittore, i suoi colleghi e il loro lavoro (titolo originale: Shop Talk. A Writer and His Colleagues and Their Work) di Philip Roth, Einaudi 2004 traduzione di Norman Gobetti € 9,00 isbn 9788806168292 e-book NO disponibile al prestito inter bibliotecario SBCR www.consorziosbcr.net (anche e-book)
Questo piccolo libro dal titolo semplice e complesso allo stesso tempo svolge in effetti una serie di funzioni. Scritto da Roth raccogliendo le sue chiacchierate/interviste con importanti scrittori, importanti nel panorama letterario e per la propria formazione, compone un quadro interessante se non esaustivo della letteratura della diaspora. Gli scrittori ebrei mossi dalla loro terra d’origine, e così dalla madre lingua, continuano a scrivere ed anche a crescere diventando punte di diamante nei Paesi nei quali si trovano a vivere. Roth compone le interviste raccogliendo ogni propria curiosità di scrittore di romanzi ma organizzandole in forma giornalistica davvero avvincente, poiché le si legge sfogliandole come fossero animate da una trama tanto è chiaro il suo intento enciclopedico da una parte, chiarire formazione e vita degli scrittori tanto quello umano di avvicinarli al pubblico. La sua curiosità pare allinearsi proprio con quella del lettore pur soddisfacendo gli addetti del mestiere che qui possono ravvisare i motivi più profondi della scrittura. Dopo una breve introduzione sul carattere generale dell’autore e dell’uomo che andrà ad incontrare, Roth riporta i tratti salienti di lunghe conversazioni in forma d’intervista senza sprecare una riga. Semmai sono gli autori, più o meno parchi di parole, più o meno proiettati o chiusi verso il mondo esterno, più o meno consapevoli d’aver cavato universalità dalla loro scrittura, che aprono verso gli argomenti in maniera tanto più ampia. Esemplari in questo il senso del particolare in Ivan Klíma e quello dell’universale d’uno scrittore il cui enorme successo attraversò l’Europa in pieni anni ’80 come Milan Kundera….Di Primo Levi si ha un ritratto che accennandone appena il «contegno dimesso», «piccolo e magro scattante (…) è agile quanto dev’esserlo stato a dieci anni» – così lo descrive Roth – approda ad una sorta di tenerezza verso questo padre della letteratura novecentesca che Roth contribuì a far conoscere in America, ritratto che lascia intatta la sensazione di attaccamento quasi provinciale di Levi alla sua Torino. Di grande bellezza anche gli scambi con le autrici Edna O’Brien, che Roth chiama ad esprimersi sul suo percorso letterario e umano quasi compenetrandosi nelle difficoltà che una donna può incontrare anche solo per raggiungere l’agognata indipendenza psicologica dal ruolo, per esempio, di madre assegnatole dalla natura. E poi l’incontro con Mary McCarthy alla quale chiede un giudizio spassionato su La Controvita e motivandole, poi, la necessità dei capitoli che la stessa ha trovato difficili, dove non offensivi, per i cattolici, (il romanzo è di grande complessità e la McCarty coglie incredibilmente i nervi scoperti sui quali lavora l’ironia rothiana). Nel volume anche Aharon Appelfeld, Isaac Bashevis che racconta di Bruno Schulz, Malamud, Guston, e l’amato Saul Bellow, considerato da un Roth, allora poco più che cinquantenne, mentore e modello insuperabile di narrazione e invenzione di decine e decine di caratteri, sul quale scrive un breve saggio. (Serena Grizi) – nell’immagine web P. Roth e Primo Levi nel 1986
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