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#Nonleggeteilibri – La ridicola idea di non vederti più: riconoscere la perdita attraverso gi occhi degli altri

#Nonleggeteilibri – La ridicola idea di non vederti più: riconoscere la perdita attraverso gi occhi degli altri
Giugno 24
16:37 2019

(Serena Grizi) La ridicola idea di non vederti più. La storia di Marie Curie e la mia (titolo originale: La ridícula idea de no volver a verte) di Rosa Montero, Ponte alle Grazie 2019 traduzione di Bruno Arpaia € 16,00 isbn 9788833311043 e-book € 9,99. Disponibile al prestito inter bibliotecario SBCR www.consorziosbcr.net .

La scrittrice e giornalista de El Pais Rosa Montero, perde il proprio compagno nel 2009 e nel 2013 riesce a scriverne ispirata dalla sfida riguardo l’indicibilità di un dolore tanto forte, il compagno di vita che si porta via una parte della vita in comune, e dal diario tenuto per un anno da Maria Sklodowska Curie, sotto forma di lettera, dopo la prematura morte di Pierre, già indebolito dalle radiazioni e investito da un carro per strada. Marie resta sola con una figlia di sette anni ed una di quattordici mesi dopo che i coniugi avevano trascorso assieme un bel fine settimana nella loro casa di campagna, una famiglia felice come le altre, anche se proprio come le altre, la storia lo racconta, non è. Marie e Rosa colte dal dolore profondo durante la loro attitudine a vivere, questo le accomuna visto che Rosa a differenza di Marie non ha figli, non ne ha nemmeno desiderati ed era felice così. Di Marie ammira lo spirito battagliero con cui uscì dalla situazione d’impossibilità di dedicarsi persino allo studio: avendo perso quasi le speranze, e per mantenersi, era divenuta istitutrice presso una famiglia d’alto rango. Quando si innamora, ricambiata, del figlio maggiore tornato a casa dall’università per le vacanze di Natale, la famiglia non consente le nozze. Ma poi arrivano, inaspettati, l’aiuto da parte della sorella Bronia che crede nelle capacità di Marie, l’agognata laurea, l’incontro con Pierre Curie; bello, affabile, divertente, devoto al lavoro, con cui scambiare le più profonde curiosità scientifiche e l’impegno durissimo che comporteranno i loro studi sul Radio, sul Polonio e sulla radioattività. Esistenze che prendono una forte accelerazione nel giro di undici anni, tanti quelli in cui restano sposati, fino a diventare, la loro, una vita ‘perfetta’ una volta superate le contingenze, le terribili fatiche. Marie, peraltro, oltre che per essere donna in un mondo scientifico tutto al maschile, ispirerà sempre diffidenza: è un’immigrata polacca a Parigi e questo le costerà alterne fortune presso l’opinione pubblica. Sarà trattata da rinnegata, insultata quale ebrea e fedifraga (lei vedova da più di quattro anni?) quando intreccerà  una relazione con lo scienziato Paul Langevin, lui sì sposato, la cui moglie li trascinerà nello scandalo pubblico anche se pare che fosse informata delle continue infedeltà del marito; ma diverrà grande benefattrice della patria nel momento in cui metterà al servizio dei soldati al fronte le sue conoscenze sui raggi x, assieme alla figlia Irène anche lei Premio Nobel (1935) evitando inutili scempi chirurgici. Rosa Montero, a metà della narrazione, ammette ciò che le fanno notare gli amici: in questo libro c’è lei, ci sono le vite di Pierre e Marie Curie ma non c’è Pablo, il suo compagno. Rosa, invece, pare rintracciare prove del suo dolore fondo e pacato, evidentemente inconsolabile nel privato, in quello di Marie verso Pierre, che sente vicino al proprio, ma tace ancora quello verso Pablo, suo compagno per un quarto di secolo e ne rivela pochi particolari utili a rappresentare un’idea d’amore propria di molte donne: assoluto, puro e la cui perdita è difficile a dirsi. Scrive Montero: «Nella mia testa c’è lui tutto intero. Però la letteratura, o l’arte in genere, non può raggiungere quella zona intima. La letteratura gira attorno a quel buco (…) c’è soltanto un’intuizione, non una visione (…) Per questo credo di non poter dire nient’altro su Pablo: il suo posto è al centro del silenzio.» Sembra che per Rosa, Marie, un esempio alto di donna che riesce a destreggiarsi in mezzo alle miserie dell’esistenza e raggiunge ciò che si è prefissa, lo studio assieme all’amore, alla famiglia, infine due Premi Nobel per la fisica e per la chimica, sia anche esempio di quella capacità tutta femminile di restare integre pur nelle scelte difficili e negli errori che costellano le esistenze. Come se parlare del proprio amore illumini l’oggetto amato più di quanto farebbe parlare dell’oggetto amato stesso: «Sento che la capacità di vivere è morta in me, e non ho altro che il dovere di allevare le mie figlie e di rispettare gli impegni presi. Forse è anche il desiderio di mostrare al mondo e soprattutto a me stessa che quello che tu hai amato valeva davvero qualcosa». dal Diario di Marie Curie – 6 novembre 1906

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