#Nonleggeteilibri – La più amata
(Serena Grizi) La più amata di Teresa Ciabatti, Mondadori ed. 2018 € 13,00 isbn 9788804684473 e-book € 9,99. Disponibile al prestito inter bibliotecario SBCR www.consorziosbcr.net
Il libro di Teresa Ciabatti si legge d’un sorso, come un vino buono e poco strutturato. Poi arriva il grado alcolico. C’è una bambina dentro la donna che continua a urlare contro una qualche ingiustizia. La donna ha capito che ci sono ingiustizie peggiori di quella da lei subita ma la bambina, invece, non ha capito e non si rassegna. L’autrice rivendica la sua carta d’identità più volte a inizio capitolo e a questo grido il lettore dà ascolto come trascinato da sirene e sfoglia le pagine per sapere, per capire il punto ove si districa la matassa: « Mi chiamo Teresa Ciabatti, ho quattro anni, e sono la figlia, la gioia, l’orgoglio, l’amore del Professore» e prosegue a recitare cambiando di volta in volta le età.
Abbiamo capito che l’autrice coincide con la protagonista del libro così, dopo che tanta editoria sconsiglia di scrivere biografie e le scuole di scrittura le aborrono (lei è una ex holdeniana) cos’è che invece distillano le righe di Teresa Ciabatti di tanto interessante per tutti? Distillano, in poche parole, il succo degli anni ’80 e ’90, gli anni in cui è stata ragazzina ricchissima e viziata e poi adolescente, caduta dal trono e con la corona per storto mentre prosegue a fare la reginetta cercando di scoprire quanto le possa costare. L’autrice analizza senza analizzare quegli anni e lo fa per molti, racconta come se corresse sempre tra le tante stanze della sua esclusiva villa al Pozzarello, sul mare toscano. In quegli anni, il padre era padrone ma non te ne accorgevi in famiglia finché le cose andavano bene: ricchezza e agi condivisi, una mamma signora ma prima autonoma, femminista e poi medico, o viceversa, a tenere le fila del tutto. I conti arrivano quando la famiglia si smembra: allora il papà primario all’ospedale d’Orbetello, il suo regno, risulta improvvisamente povero per il fisco, non ha soldi neppure per il mantenimento familiare, le case e gli immensi beni tutti venduti. La finta principessa Teresa, pur tirando avanti col naso e le spalle ben dritte, sa bene cosa le dicono alle spalle, capisce tutto, ingoia, finge e cerca ancora posizioni in alto come se non fosse stata spodestata da eterna cocca di papà, come se fosse sempre la regina delle ville e delle case, di più o al pari di sua madre. Da questo dolore bambino, forse, s’è formato un carattere difficile e scomodo che le rende la vita dura anche da grande quando, madre e moglie, ci tiene ad informare tutti della propria inadeguatezza però come se questa fosse sempre la migliore tra le inadeguatezze d’una bambina cresciuta, la più amata, la più punita. Teresa Ciabatti ha il dono della narrazione, concitata, a stanze l’una nell’altra, a catena, senza dialoghi né punteggiature eccessive come recitasse un mantra. Restituisce a pieni voti l’essenza d’un tempo nel quale la famiglia così come la si conosceva ha cominciato a sfaldarsi: le colpe e i torti al centro, il bene anche, i figli ai lati a guardare cosa accadeva; la forza (maschile, massonica, economica, intellettuale o rabbiosa?) rappresentata da un padre vissuto troppo poco per poterci capire qualcosa, rimbalzava all’esterno come un muro di gomma ogni domanda indagatrice. La controforza, la madre, (femminile, studiosa, colpevole, traditrice, borghese fin nelle ossa senza ammetterlo) vorrà proteggerla più di qualche volta dal mondo e dal dolore che lei stessa ha agito e subito. I soldi scorrono tra le pagine ma non sono né strumento del diavolo né fine né mezzo se non, una volta finiti, una sottile dannazione in più per una bambina ferita, che batte la testa chiedendosi come ha fatto a non vedere e, ancora, come sarebbe potuto essere. Il racconto, oltretutto, sembra promettere altro, forse c’è un seguito…
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