#Nonleggeteilibri – La macchia umana
«Non leggete i libri fateveli raccontare» (Luciano Bianciardi)
La macchia umana (titolo originale: The Human Stain ) di Philip Roth – Einaudi 2001 traduzione di Vincenzo Mantovani € 13 isbn 9788806222949 e-book € 6,99; disponibile al prestito interbibliotecario SBCR www.consorziosbcr.net
Quanto costa cambiare radicalmente la propria esistenza ‘dimenticando’ cosa non ci piace di essa, soprattutto provando a dimenticare tutto quello che è impossibile cambiare. Gli addendi per il conto finale li mette insieme uno dei più grandi narratori statunitensi con la consueta attenzione a tralasciare quel tanto che basta perché aumenti il dubbio (qualche volta il terrore) nel lettore. Gli anni della vicenda sono quelli dell’impeachment Clinton (Bill), portato dallo scandalo Levinsky, fine anni ’90: l’America è sempre puritana, o fa finta di esserlo, ma è lo stesso ai fini del risultato, e il nome Clinton riattualizza il romanzo in maniera indiscutibile. In quegli anni lo stimatissimo professore Coleman Silk, colui che da ragazzo ha vinto nelle discipline sportive, per i voti più alti in classe e in avvenenza, e da adulto nella carriera, in famiglia, è tacciato di razzismo per aver usato un appellativo inappropriato verso due studenti di colore che non sapeva neppure essere neri poiché mai si erano presentati a lezione. Presto inviso a tutto il suo ateneo che già mal sopportava ogni suo successo (ma finché Silk era in piedi bisognava ballare il suo ballo), e ben presto bollato socialmente, vede morire di dispiacere la moglie con la quale aveva costruito una esistenza positiva e ne comincia una nuova dettata dalla rabbia che riesce a raccontare solo allo scrittore Nathan Zuckerman, alter ego di Roth, che vorrebbe la scrivesse. Si unisce ad una donna ‘chiacchierata’ molto più giovane di lui, analfabeta, creatura sofferente e sopravvissuta anche a se stessa, si trova aggredito dall’ex marito di lei uomo violento e rancoroso…Gli addendi cambiano segno e la sottrazione pare voglia togliere a Silk ogni cosa ricevuta fino a quel momento dal destino. Un destino non benevolo ma forzato (mal indirizzato?): Silk, in realtà, è un nero dalla pelle chiara che aveva provato a ‘dimenticare’ per sempre questo piccolo particolare, lasciandosi alle spalle la famiglia d’origine, sua madre in primis, in una scena indimenticabile per la dovizia di particolari e la potente reticenza che l’autore vi trasferisce (considerato che il lettore ormai sa); il destino che, invece, non ha dimenticato Silk, deve compiersi. Sullo sfondo un’America che se una volta si compiaceva delle origine ‘pure’ ora si compiace del politically correct, mettendo ancora all’angolo Silk e quelli come lui seppure non privi di colpe, magari per ‘tirannia della decenza’ o del decoro, come riflette ad un tratto il protagonista: «Come forza, il decoro è proteiforme, un dominatore in mille travestimenti, che s’infiltra, se necessario, come civica responsabilità, dignità Wasp, diritti delle donne, orgoglio nero, fedeltà etnica o sensibilità etica ebraica gonfia di emozioni (…) Il lusso di queste vite così turbate dai comportamenti inappropriati di Clinton e Silk!». Partire dallo scandalo Levinski, col riaffacciarsi dell’alter ego dello scrittore Nathan Zuckerman, non fa altro che dare al lettore, o restituirgli, la chiave dell’universo Rothiano, con le sue nemesi, la ricerca dei colpevoli, i desideri, i destini degli uomini e alcune pagine di estrema lucidità su quelli delle donne emarginate per estrema povertà o estrema bellezza o ignoranza. Il romanzo, ispirato ad una storia vera, nel 2003 divenne un film per la regia di Robert Benton con Sir Anthony Hopkins e Nicole Kidman. (Serena Grizi)
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